Venerato da numerosi scrittori italiani come Boccaccio, Petrarca e ancora Dante che lo ricorda nel canto XXI del Paradiso, in cui lo presenta come simbolo della lotta contro la corruzione della Chiesa: tutto questo è Pier Damiani di Ravenna.
La vita di Pier Damiani
Pier Damiani nasce a Ravenna nel 1007, rimasto orfano in tenera età, fu allevato dalla sorella Roselinda e dal fratello Damiano, che lo indirizzò agli studi di arti liberali: è proprio in sua memoria che decise di aggiungere al suo nome quello di Damiano. Nel 1035 entrò nell’eremo di Fonte Avellana, dove riecheggiava ancora la memoria di San Romualdo e ne divenne presto la guida spirituale.
Si spostò in diversi monasteri, e quando ritornò a Fonte Avellana fu nominato “priore”. Nonostante la Chiesa fosse affetta da due mali, ovvero la simonia (l’acquisto con denaro di cariche e dignità ecclesiastiche) e il nicolaismo, cioè il rifiuto del celibato, Pier Damiani di Ravenna offrì consigli in merito senza mai assumere atteggiamenti radicali.
Nel 1057 Papa Stefano IX lo nominò “cardinale” e “vescovo-conte” di Ostia; egli desiderava fortemente averlo a suo fianco nell’opera riformatrice. A Roma ebbe modo di frequentare il suddiacono Ildebrando, che diventerà papa col nome di Gregorio VII. Pier Damiani di Ravenna rimase a Roma per sei anni, al servizio di tre diversi papi, che gli affidarono vari incarichi, fra cui il viaggio a Milano con Anselmo da Baggio per porre fine alle lotte fra clero cittadino e la Pataria, che non riconosceva nessuno dei sacerdoti simoniaci o nicolaiti.
Nel 1063 il suo ex compagno di delegazione Anselmo da Baggio divenne papa con il nome di Alessandro II e Pier Damiani chiese lui il permesso di ritirarsi di nuovo nell’eremo e di essere esonerato dalla funzione episcopale. Un isolamento che non fu davvero mai tale poiché, essendo un grande sostenitore della collaborazione tra Papato e Impero, nello stesso anno si ritrovò a Cluny per la difesa di quella congregazione. Nel 1065 a Francoforte per distogliere Enrico IV dal divorzio e due anni dopo a Montecassino per la consacrazione della nuova abbazia voluta dall’abate Desiderio. Nel 1072 Pier Damiani ritorna a Ravenna per riconciliare i rapporti con il pontefice dopo l’interdetto contro il suo arcivescovo Enrico che aveva parteggiato per l’antipapa; ed è proprio durante il viaggio di ritorno, nella notte tra il 22 e il 23 febbraio, che morì a Faenza nel monastero dei benedettini di S. Maria foris porta.
È considerato uno dei più significativi scrittori dell’XI secolo per i suoi numerosi scritti di carattere teologico, ascetico e agiografico ed è proprio per questa ragione che nel 1828 è stato proclamato dottore della Chiesa.
Le opere di Pier Damiani di Ravenna
Le opere di carattere filosofico più rilevanti di Pier Damiani risalgono principalmente all’ultima fase della sua vita e risultano essere particolarmente importanti per il tono polemico rivolto contro la dialettica, uno strumento di ricerca e di indagine che gli uomini del suo tempo utilizzavano in ambito filosofico e teologico. In alcuni opuscoli come il De sancta simplicitate scientiae inflanti anteponenda o il De vera felicitate et sapientia, Pier Damiani sosteneva che, se la filosofia fosse stata indispensabile per la salvezza degli uomini, Dio avrebbe mandato filosofi, e non pescatori, per convertirli: contrapponendo i “filosofi” ai “pescatori” egli desiderava evidenziare l’importanza di condurre una vita cristiana corretta, piuttosto che possedere un’irrilevante sottigliezza intellettuale.
Pier Damiani di Ravenna dedicherà l’opera De divina omnipotentia all’abate Desiderio, un testo in cui egli critica la posizione dei dialettici: Damiani afferma che non si possono applicare le regole del discorso e della nostra logica a Dio poiché le necessità logiche valgono per l’essere umano, ma non per Dio. Sviluppa essenzialmente tre argomenti: nel primo definisce la nozione di tempo rispetto all’uomo e rispetto a Dio; nel secondo distingue poi l’idea di natura come corso regolare delle cose e natura come manifestazione della volontà di Dio e infine, nel terzo giunge alla conclusione secondo la quale la vera natura delle cose è condizionata unicamente dalla volontà divina.
Lo stile
Uno degli aspetti più importanti della scrittura di Pier Damiani da Ravenna risiede nella sua capacità di rendere il latino una “lingua viva”: attraverso il suo stile personale, emerge come per l’autore la parola sia destinata a tradurre e non a tradire il pensiero. Contrariamente agli autori a lui contemporanei, Pier Damiani si ispira raramente alle opere classiche, nonostante le sue grandi conoscenze: il suo stile, infatti, riflette la sua complessa anima: a volte è spigoloso e fiero, altre volte è estremamente dolce.
Nel corso della sua vita, Pier Damiani di Ravenna è stato prima monaco e avellanita, dopo cardinale e vescovo, poi principale organizzatore della Congregazione eremitica di Fonte Avellana, e soprattutto uno dei più grandi attori della riforma pre-gregoriana.
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