Renée Vivien è stata una celebre poetessa britannica della fine dell’800, scrisse poesie in francese aderendo allo stile del Simbolismo. Anche conosciuta come la Saffo moderna, è stata una delle scrittrici lesbiche più simboliche della letteratura degli inizi del 20esimo secolo.
Vivien, nata con il nome Pauline Mary Tarn a Londra nel 1877, si trasferì in Francia da giovane, dove visse una vita lussuosa ed elegante, ma non sempre tranquilla. Era apertamente lesbica, per cui la relazione con la scrittrice Natalie Clifford Barney era nota a tutti. Nonostante l’amore nella sua vita, la giovane poetessa tentò il suicidio, e morì poi nel 1909 a causa di un’anoressia nervosa. Le poesie di Renée Vivien sono caratterizzate da un’ardente passione e amore per le donne, ma anche dalla speranza di riuscire a confortare tutte le sue lettrici lesbiche, con le quali condivide tanta storia. È stata definita la Saffo moderna, per la quale imparò anche il greco e si dedicò alla traduzione delle sue opere, ma Vivien è nota anche come La Musa delle Violette. Quest’ultima denominazione si riferisce all’amore della donna per una sua vecchia compagna d’infanzia, Violette Shitilio, spesso menzionata nei suoi poemi.
Ecco, quindi, 3 poesie di Renée Vivien da leggere assolutamente per conoscerla meglio:
1. Donna M’apparve
Questi versi sono tratti dalla raccolta poetica La Venus des Aveugles, che danno il nome al romanzo autobiografico Une Femme M’apparut. Questa è sicuramente una delle poesie più celebri di Renée Vivien, nella quale è chiara l’influenza di Dante, si fa infatti riferimento alla cara Beatrice, e si apre con il 30esimo canto del Purgatorio. È anche chiaro l’erotismo lesbico trattato nella poesia, ci si immerge nell’universo della poetessa che è completamente al femminile, e si riferisce alla vecchia amata Violette, come spesso accade nei suoi scritti, riferendosi alle violette o al colore viola.
«Sopra candido vel cinta d’oliva
Donna m’apparve, sotto verde manto,
Vestita di color di fiamma viva.»
Dante, Purgatorio, XXX
Leva svogliate le tue palpebre d’onice, Verde apparizione che fosti mia Beatrice.
Ecco i pontificati spargere, sul giogo delle nozze, Il loro manto di violette d’ottobre.
I cieli invocano gli irritati De Profundis
E i Dies Irae sulle Natività.
I seni devastati da pesanti maternità
Hanno le difformità delle otri e delle zucche.
Ecco, tra lo spavento dei clamori degli olifanti, I volti e gli occhi di scimmieschi infanti,
E il pasto serale all’ombra dei carpini
Riunisce lo stupido branco delle famiglie.
Una rivolta di arcangeli trionfò
Ancora, quando fremette il paktis di Psappha.
Vedi! L’ambiguità di tenebre evoca
Il sorriso perverso di un San Giacomo equivoco.
2. Desiderio
Désir è una delle poesie più amate di Renée Vivien, tratta dalla famosa raccolta poetica Cendres et Poussières. In questi versi ritroviamo l’erotismo lesbico, ma con una percezione dell’amata legata al tema del male, si può osservare la descrizione di quest’ultima, con unghie lunghe e un’amore che pretende ed è selvaggio. È chiara la metafora tra un momento di lussuria e quello della morte, dagli ultimi versi si percepisce la stanchezza e l’agonia con la fine di un piacere tanto atteso.
Lei, così stanca, dopo tanta lussuria estenuante.
Il profumo emanato dalle membra straziate
è colmo dei ricordi di contusioni lente.
Il vizio le ha scavato gli occhi azzurri offuscati.
E la febbre di notti sognate avidamente
ai biondi capelli altro pallore par che aggiunga.
Nervosi languori hanno i suoi movimenti.
Ma ecco l’Amante dalle crudeli unghie lunghe
d’un tratto la riafferra, la bacia e tiene stretta
con ardore così dolce e selvaggio al contempo,
che implorando pietà s’offre il bel corpo rotto
in un rantolo d’amore, desiderio e spavento.
In quest’ultime versi, notiamo la presenza del tema della morte, che negli ultime anni della sua vita diventerà un pensiero quasi ossessivo nelle poesie di Renée Vivien. La scrittrice tentò il suicidio nel 1908, e nello stesso anno lo romanzò, ma da come vediamo in questa poesia, non è un tema necessariamente pesante da leggere, piuttosto è romanticizzato.
E il singhiozzo che su sale con monotonia
esasperato infine dalla troppa voluttà
urla come si urla nei momenti di agonia
non sperando di addolcire l’immensa sordità.
Poi il silenzio atroce, e l’orrore ch’esso porta,
la voce lamentosa bruscamente soffocata.
E sul collo, somigliante a qualche stelo morto,
sbiadisce il segno verde e sinistro delle dita.
3. Così io parlerò
Questi sono alcuni dei versi dello scritto tratto À l’heure des mains jointes, una collezione di poesie dedicate all’amata Natalie. Ainsi je parlerai è il titolo di una delle poesie romantiche di Renée Vivien, scritte per il suo amore a tratti difficile, perché nonostante Natalie Clifford Barney avesse regalato anni di spensieratezza, cultura e libertà alla giovane poetessa, non aveva solo occhi per quest’ultima. Questa non è una poesia breve, sono riportati solo alcuni dei versi più caratteristici, il tema è chiaro, l’omosessualità e la religione. Vivien non vede la sua sessualità come un peccato, la rivendica e ne è fiera.
«Oh, se il Signore piegasse la sua fronte sulla mia morte, Gli direi: «O Cristo, io non ti conosco.
Signore, la tua legge severa non fu mai la mia, E vissi così come una semplice pagana.
Guarda l’ingenuità del mio povero e nudo cuore.
Io non ti conosco. Non ti ho conosciuto.
Sono passata come l’acqua, sono fuggita come la sabbia.
Se ho peccato, mai ne fui colpevole.
Il mondo era intorno a me come un giardino.
Ho bevuto l’alba chiara e la sera cristallina.
Il sole mi ha avvolta con le sue fiamme più brillanti, E l’amore mi ha portata alla bellezza delle donne.»
Questa è una di quelle poesie di Renée Vivien dove cerca di dare conforto alle sue lettrici, donne lesbiche che temono la propria sorte, a causa della tragica storia degli omosessuali in passato e dei loro diritti. La scrittrice confronta Dio, colui che punisce, ma Renée non lo riconosce come legittimo, lei non ha colpe.
«Vedi ora, Signore, giudicami. Perché noi siamo
Faccia a faccia, davanti al silenzio degli uomini.
Per quanto dolce fosse l’amore per me, una volta era amaro,
E non ho meritato né paradiso né inferno.
Non ho raccolto i canti degli angeli, Perché ho sentito strani canti di un tempo,
I canti di quella Lesbo i cui cori si sono taciuti.
Non ho celebrato le tue virtù come si conviene.
Ma non ho tentato una rivolta feroce:
Il bacio fu l’unica bestemmia della mia bocca.
Lasciatemi, affrettandomi alla serata benvenuta, Raggiungere quelle che non ti hanno conosciuto!»
Fonte immagine in evidenza: Wikimedia Commons