Prevenzione del crimine in Giappone: uno studio

Prevenzione del crimine in Giappone: uno studio

Il Giappone è sempre stato un Paese molto sicuro, tale da arrogarsi addirittura il titolo di “Safest country”, uno dei Paesi più sicuri nel mondo. Ogni turista che visita il Giappone testimonia di essersi sentito al sicuro per le strade delle città giapponesi. Nonostante ciò, la prevenzione del crimine è sempre stata vissuta come una priorità quotidiana.

Sebbene dopo gli anni ’60 in Occidente si è notato un aumento del tasso di criminalità, in Giappone la situazione fu diversa: il Paese era ancora sotto la maggioranza delle nazioni. Si trattava di un unicum tra le potenze influenti del mondo.
Dopo gli anni 2000, però, c’è stato un improvviso picco di criminalità anche nel paese del Sol levante. Siamo poco certi sulle ragioni di questo drastico cambiamento. Alcuni criminologi ipotizzano che dietro questo ci sia un cambiamento di programma politico: dopo il nuovo millennio, le testimonianze delle vittime che prima venivano trascurate sono state ascoltate con maggiore accuratezza. Sarebbe, in tal senso, più giusto dire che in Giappone dopo gli anni 2000 c’è stato un aumento dei crimini registrati

Ciò che è certo è che, da questo picco, il Giappone ha dato inizio a una forte iniziativa di prevenzione del crimine, fino ai giorni nostri. Basandoci sulle informazioni del ricercatore Christoph Schimkowsky, possiamo vedere quali sono le caratteristiche delle attività di prevenzione, le possibili ragioni dietro di esse, e perché il Giappone si è sempre sentito così spinto a propellerle alla società.

In cosa consiste la prevenzione del crimine?

Il termine giapponese con cui si identifica la prevenzione del crimine è 防犯 (bohan).
Le iniziative consistono nella mobilitazione di volontari che ha coinvolto attori statali e non-statali.

Già da questo primo elemento è infatti opportuno notare un atteggiamento peculiare del governo giapponese: la prevenzione del crimine, in Giappone, non viene concettualizzata come un atto proveniente dal governo, ma come la reciproca collaborazione tra cittadini e stato. Come afferma lo studio dello scholar Christoph Schimkowsky, l’operazione di prevenzione del crimine in Giappone si tratta di un “society-wide endeavour”, cioè di uno sforzo che coinvolge l’intera società.

Crimine e prevenzione del Crimine in Giappone

Dal 2003 al 2008 alcuni ministri si sono riuniti nell’ACMCM (Anti-crime Measure Cabinet Meeting) che consisteva in tre principali programmi:

• 2003: Action Plan to create a Crime-resistant society
È un piano quinquennale di prevenzione della criminalità. Si sono fatte un sacco di iniziative e sono stati coinvolti molti volontari (attori privati e non privati + agenti non statali)
• 2005: National Programme to promote safe community building
• 2008: Action Plan to create a Crime-resistant society

Con questi programmi si fa un salto esponenziale: alla fine del 2008 si arriva all’incirca fino a 2.5 volontari.

Sono diverse le tipologie di attività di bohan presenti nella società:

• Supporto finanziario a organizzazioni bohan
• Workshops e lezioni nelle scuole riguardo alla prevenzione della criminalità (date da ufficiali di polizia e da volontari)
• Coinvolgimento delle compagnie e aziende
• Impiego di ex-condannati nelle compagnie
• Pulizia dei quartieri e distribuzione di materiale informativo su bohan e su workshop che li riguardano

Due sono i temi ricorrenti del bohan:

Responsabilizzazione degli attori non statali
Queste iniziative si basano sulla responsabilizzazione del cittadino e sulla cooperazione quotidiana tra cittadino e stato (官民連携, kanminrenkei).
Il governo spinge anche le compagnie a praticare pratiche di sensibilizzazione sulla prevenzione del crimine: ambisce a incorporare le politiche di prevenzione nelle compagnie stesse, tanto da rendere queste attività come CSR (corporate social responsibility), cioè come un naturale impegno da parte della corporazione.

Incorporazione della prevenzione del crimine nell’ambiente urbano

Una tecnica per aumentare il bohan è modificare miratamente le strutture fisiche dell’ambiente urbano, per rendere più difficile l’attuazione della delinquenza. Un esempio è cercare di aumentare la visibilità nelle strade tagliando erba e cespugli delle proprietà.
Questo concetto, di usare l’ambiente come prima forma di prevenzione del crimine, viene denominata CPTED (crime prevention through environmental design). È un sistema preso dagli USA, che negli anni ’80 iniziarono ad adottare la CPTED nelle loro città.

Il piano del 2005 dell’ACMCM ha anche ideato sistemi di tecnologia implementati nelle stazioni di benzina o nei konbini (chiamati anche convenience stores), dove le vittime e gli anziani possano recarsi mentre aspettano aiuto.
L’allusione dello Stato è stata sin dall’inizio che esso non è in grado, o non si può disporre, di prevenire il crimine interamente da solo. La sua resterebbe una funzione di facilitazione (e di “buon esempio”) verso la società. È quindi la popolazione stessa a partecipare ad attività di deterrenza criminale. Si tratta di integrazione della 防犯  nella vita di tutti i giorni.

Esempi di pratiche di prevenzione

Un esempio di pratica quotidiana, che rientra nella serie di attività per la prevenzione, è la suddetta wan wan patorōru (controllo/uscita con il cagnolino), per cui i cittadini giapponesi sono motivati ad andare in giro con i propri cani nei quartieri per aumentare gli “occhi guardinghi” della strada. In Giappone, anche solo aumentare il numero di occhi vigili sulla strada è una forma di prevenzione.

Le vere ragioni delle attività di prevenzione

Alcuni criminologi (Serizawa, Hamai, Herder etc.) ipotizzano che ci siano diversi motivi dietro l’incentivazione delle pratiche di prevenzione, di natura a volte anche politica.

  • Sono attività attuate anche a fini turistici e di mercato
  • Sono attività che si allineano con le politiche urbane e turistiche
  • C’è l’obiettivo di creare l’immagine del Giappone come “safest country of the world” all’estero
  • Ci sono interessi economici (commercializzare prodotti adibiti alla prevenzione, venduti da compagnie volontarie)
  • Sono opportunità per promuovere l’interazione della popolazione anziana e la socialità

Ci si può domandare ora quali siano le ragioni principali dietro la proliferazione di queste attività di prevenzione contro il crimine. Si tratta dopotutto di un impegno sociale. Ne possiamo identificare due: una è che la provenienza non era altro che la continuazione delle correnti nazionali e l’altra è l’adattabilità intrinseca delle manovre di 防犯 bohan.

Come hanno avuto successo le manovre di prevenzione del crimine?

1. Continuazione delle precedenti correnti nazionali
Ci sono state in realtà già pratiche di prevenzione dal secondo dopoguerra. Possiamo ripercorrere alcuni avvenimenti chiave:
1948: nasce il sistema dei contact points nei quartieri di Tokyo: questi sono punti di contatti con la polizia installati in luoghi appositi, dove le vittime di crimini potevano cercare aiuto e assistenza a distanza. Si è creato così un network di contatti e assistenza che, dopo gli anni 70, ha raggiunto fino a 650.000 punti di comunicazione polizia-cittadino. 

1963: nasce la Federation of Crime Prevention Association

2. Versatilità e adattabilità

A suscitare il successo delle manovre di prevenzione del crimine in Giappone è ed è stata la loro versatilità. La prevenzione è un set di procedure molto versatili: sono spesso poco o per nulla legate a questioni di crimini o simil-crimini. Infatti, spesso le attività di volontariato vengono usate come mezzo per occuparsi di altri problemi sociali (ad es. controlli delle zone scolastiche che diventano anche controlli delle strade pericolose vicino a corsi d’acqua). Chi è volontario non è quindi portato a impiegare uno sforzo individuale grande nella prevenzione del crimine.

Cose come inquinamento, graffiti e parcheggi abusivi sono visti come incentivi alla criminalità perché distruggono il disordine pubblico, e vengono per questo regolamentati. (NATIONAL PROGRAMME del 2005).
Il problema che può sorgere è che questi incentivi alla prevenzione della criminalità si basano su parametri dalla natura poco esplicita e concezioni soggettive di normalità (da accettare) e anormalità (crime e crime-like, 犯罪, da condannare).

Si può dedurre che la prevenzione verso il crimine è sempre stata vissuta dal Giappone come un’ansia: anche dopo il 2016, anno in cui il tasso di criminalità in Giappone era grandemente sceso, continua la pressione dei media sulla prevenzione della criminalità. 

Per un maggior approfondimento, consultare il saggio da cui si sono prese le informazioni chiave.

 

Fonte immagine: Wikicommons

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