Il 2 giugno 1946 si tengono le prime elezioni politiche italiane dopo il Fascismo ed il referendum tra monarchia e repubblica. Si tratta di un punto di svolta della politica italiana, in quanto si tratta delle prime elezioni a suffragio universale, sia maschile che femminile. Il partito maggioritario è la Democrazia Cristiana guidata da Alcide De Gasperi, seguita dal Partito Socialista Italiano di unità proletaria guidato da Pietro Nenni. Oltre ai due più importanti, c’è il Partito Comunista di Palmiro Togliatti ed infine Unione Democratica Nazionale guidata da Luigi Einaudi. Questi quattro partiti sono stati i protagonisti nella stesura della Costituzione Italiana del 1948. Essi saranno anche al centro della scena politica durante la Prima Repubblica italiana.
Le elezioni del 2 giugno 1946 e la nascita della Repubblica Italiana
Le elezioni del 2 giugno 1946 rappresentano un momento cruciale nella storia italiana. Per la prima volta, tutti i cittadini, uomini e donne, furono chiamati a scegliere tra monarchia e repubblica e ad eleggere i rappresentanti dell’Assemblea Costituente, incaricata di redigere la nuova Costituzione. Il risultato sancì la nascita della Repubblica Italiana e la fine della monarchia sabauda.
Il governo di unità nazionale (1946-1947): una coalizione per la stabilità
Dal 1946 al 1947 l’Italia è stata guidata da un governo di unità nazionale che vede quattro partiti al governo. Nonostante la loro matrice ideologica completamente diversa, hanno governato insieme per dare stabilità nella fase iniziale della Prima Repubblica italiana. Con le elezioni politiche del 2 giugno 1946 si forma un governo retto da Alcide De Gasperi, mentre De Nicola sarà presidente della repubblica e al socialista Saragat viene affidata la direzione dell’assemblea costituente. Il governo De Gasperi ha vita breve; l’esperienza di unità nazionale termina con la scissione di palazzo Barberini, che vede la corrente di Saragat allontanarsi dal partito guidato da Nenni e fondare il Partito Socialista dei lavoratori italiani.
Il centrismo: l’egemonia della Democrazia Cristiana e l’isolamento delle sinistre
Con la caduta di questo governo e la conseguente esclusione del partito socialista di Nenni e del partito comunista, danno inizio alla fase del centrismo, che dominerà la scena politica italiana fino al 1963. Il centrismo consiste nell’isolamento delle correnti più estreme, soprattutto delle sinistre e del partito comunista, attraverso il dominio politico della Democrazia Cristiana, coadiuvato da partiti di stampo centrista, ad esempio: il Partito Liberale, il Partito Repubblicano e il Partito Socialista Democratico.
L’Italia nel contesto internazionale: NATO e Piano Marshall
Il centrismo permette all’Italia di schierarsi al fianco degli Stati Uniti e delle potenze atlantiste, esclude il Partito Comunista da qualsiasi ruolo di governo, relegandolo all’opposizione. In questo periodo l’Italia entra a far parte della NATO e vengono sbloccati gli aiuti del Piano Marshall.
Il boom economico italiano: ricostruzione e crescita
Da questo momento inizia la fase del Boom Economico per la Prima Repubblica italiana. La politica italiana consegue importantissimi risultati, ricostruendo il paese uscito distrutto dalla Seconda guerra mondiale. Vengono avviate enormi opere di ricostruzione della linea autostradale e stradale, nonché la ricostruzione delle ferrovie e delle infrastrutture.
La crisi del centrismo e l’apertura al Partito Socialista negli anni ’60
La prima repubblica negli anni ’60 vede la crisi del centrismo, a causa del disfacimento del partito repubblicano che sosteneva la maggioranza. Il governo, per non perdere la fiducia, inserisce il Partito Socialista nella maggioranza.
La nazionalizzazione dell’energia elettrica e la nascita dell’ENEL
Quest’ultimo per sostenere il governo impone la nazionalizzazione dell’energia elettrica con la nascita dell’Enel. I socialisti inoltre si battono per la scuola media unica ed un sistema di riforme nell’istruzione.
Gli anni ’70: instabilità politica, terrorismo e il secondo governo di unità nazionale
Si va avanti così fino agli anni ’70, quando l’Italia deve affrontare una fase delicata dal punto di vista sociale con l’approvazione del divorzio nel 1974 e dell’aborto nel 1978. Gli anni ’70 sono caratterizzati dalla crescente instabilità politica e dal terrorismo che porta ad un governo di unità nazionale. In questo governo si rivede l’esperienza governativa unita di D.C. e P.C.I. È la seconda volta che avviene nella storia della Prima Repubblica italiana.
Gli anni ’80: il pentapartito e il governo Craxi
Il governo di unità nazionale termina agli inizi degli anni ’80 e si apre una nuova fase politica della Prima Repubblica con la figura di Craxi sostenuto dal pentapartito; è la prima volta che la Democrazia Cristiana dal dopoguerra non è a capo del governo. Il governo Craxi deve affrontare il tasso d’inflazione più elevato dai tempi del dopoguerra che oscilla tra il 15% ed il 20%; lo fa con il decreto di San Valentino che abolisce la scala mobile, un meccanismo di adeguamento automatico degli stipendi al tasso d’inflazione, che stava causando un aumento eccessivo della spesa nazionale, nonché l’aumento del tasso inflazionistico del prezzo dei principali beni di consumo.
La fine della Prima Repubblica: dal governo Craxi al governo Ciampi
La politica italiana degli anni ’80 è diversa dalle politiche delle altre potenze del blocco occidentale, poiché è caratterizzata da una forte spesa pubblica per mantenere l’ enorme complesso burocratico dell’industria pubblica. L’esperienza di Craxi termina e viene seguita da vari governi a guida D.C. fino ad arrivare al governo Ciampi del 1994, che pone fine all’esperienza politica italiana della Prima Repubblica.
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