Il Seicento spagnolo è stato un periodo particolarmente fertile per le arti, specialmente per la letteratura e la pittura, tanto da essere definito siglo de oro (secolo d’oro); la seconda, in particolare, ha avuto numerosi grandi nomi appartenenti alla pittura realista – ispirata da nientepopodimeno che Caravaggio – a rappresentarla, il più famoso dei quali è sicuramente Diego Velázquez. Nato a Siviglia nel 1599, Diego Rodríguez de Silva y Velázquez ottiene la licenza di pittore da poco più che diciassettenne, e diventa il ritrattista ufficiale della corte del re Filippo IV poco dopo il suo trasferimento nella capitale Madrid, nel 1623. L’artista di Siviglia è conosciuto ancora oggi in tutto il mondo per l’essenzialità e naturalezza della sua pennellata. Scopriamo dunque insieme quali sono le sue tre opere da non perdere!
1) Las Meninas: Velázquez si inserisce nel ritratto di corte
Partiamo dal quadro più famoso di Velázquez: Las Meninas venne dipinto nel 1656 per la Famiglia Reale di Spagna. Il titolo originale era El Quadro della Familla (Il Quadro della Famiglia); quello con cui è oggi più comunemente noto, le cui prime tracce risalgono all’Ottocento, deriva dal termine portoghese menina (damigella d’onore). Le meninas sono infatti dipinte al centro della scena mentre aiutano l’infanta Margherita – figlia dei sovrani di Spagna – a prepararsi per il suo ritratto, che presumibilmente avrebbe realizzato Velázquez stesso. Oltre che dalle meninas, il personale di corte rappresentato è composto da nani, l’addetta al servizio delle dame della Regina e un funzionario di corte. Ci si può chiedere dove siano i sovrani: ebbene, li si può vedere nel riflesso dello specchio nello sfondo (probabile richiamo a I coniugi Arnolfini dell’artista fiammingo Jan Van Eyck). La persona rappresentata più interessante è però sulla sinistra, il pittore: si tratta proprio dell’artista di Siviglia; ciò sembrerebbe indicare che era più che cosciente della sua importanza alla corte del re Filippo IV, e che dunque questo quadro sia stato dipinto come una sorta di autocelebrazione.
2) Ritratto di Innocenzo X: il papa dipinto da Velázquez
Velázquez ha compiuto due viaggi in Italia: il primo nel 1629, quando era un principiante e la sua carriera era ancora agli albori, e il secondo vent’anni più tardi, quando ormai era un artista affermato. La sua fama di impeccabile artista e ritrattista raggiunse anche i collaboratori dell’allora papa Innocenzo X, che gli consigliarono di farsi appunto ritrarre da lui: leggenda vuole che per dimostrargli la sua bravura, l’artista di Siviglia ritrasse Juan de Pareja, un pittore – mulatto – della propria bottega; il quadro ebbe l’effetto desiderato, e Velázquez ultimò il suo ritratto nel 1650.
Innocenzo X viene rappresentato seduto su un trono dall’ampio schienale in legno dorato, rivestito da una stoffa rossa ovviamente preziosa; egli indossa un lungo abito in lino bianco con sopra la tipica mantellina dei cardinali e dei papi (la mozzetta). In questo quadro l’abilità di Velázquez di ritrarre non solo il soggetto ma la sua psiche è particolarmente evidente: l’espressione del papa, il cui viso è volto verso lo spettatore nonostante il resto del corpo sia rappresentato a tre quarti, col suo sguardo corrucciato e labbra serrate, sembra indicare piena e forte sicurezza di sé, oltre che catturare perfettamente il suo noto carattere scorbutico. Nel pezzo di carta che il pontefice ha in mano c’è scritto «alla Santà di N.ro Sign.re / Innocentiox/ per Diego de Silva / Velàzsquez de la Camera di S. M.tà Catt.ca». Questo ritratto è però noto soprattutto per aver ispirato uno dei pittori più importanti del Novecento, Francis Bacon: nella serie di 45 quadri – realizzata a partire dal 1949 – conosciuta come Screaming Pope, i tratti somatici di Innocenzo X sono pesantemente deformati, e i rossi originali sono sostituiti a varie tonalità di viola. La serie di Screaming Pope si può considerare un’allegoria dell’angoscia e della disillusione dei nostri tempi.
3) La resa di Breda: Velázquez e l’umanità nella guerra
I due assedi alla città olandese di Breda, ribellatasi nel tentativo di conquistare l’indipendenza dal regno di Spagna, sono due degli eventi storici più importanti al tempo di Velázquez. Quello che però interessa a noi per il nostro discorso è il primo, quello del 1624, condotto dal generale dell’esercito spagnolo Ambrogio Spinola: l’artista di Siviglia lo rappresenta mentre accoglie il comandante della milizia olandese, Giustino di Nassau, amichevolmente; quest’ultimo avanza porgendogli le chiavi della città appena conquistata. Conosciuto anche come Le Lance – per via della loro ampia presenza nella parte destra – questo dipinto del 1635 è particolare in quanto pur essendo tecnicamente una celebrazione della vittoria degli spagnoli, in realtà non c’è traccia di violenza o umiliazione dei confronti dei perdenti, come ci si aspetterebbe da ogni quadro che commemori un evento del genere. Al contrario, il tema principale sembra essere la profonda umanità di entrambi i generali: Giustino di Nassau cerca di inginocchiarsi davanti a Spinola, vincitore dello scontro; ma Spinola, mentre prende le chiavi, si china verso di lui e ferma il suo gesto con una mano sulla spalla, in segno di riconoscimento e rispetto nei confronti dello sconfitto. Velázquez sceglie dunque di enfatizzare la grandezza dei combattenti – specialmente di Spinola, suo caro amico.
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