Eretto alla fine degli anni ’30 del XVII secolo nella ricca via Toledo presso gli allora sfarzosi quartieri spagnoli di Napoli, il Palazzo Zevallos Stigliano, oggi sede della Banca di Napoli, ospita al suo interno omonime gallerie aperte al pubblico dal 2007 e protagoniste, nel giugno 2014, di una riorganizzazione e di un riallestimento delle numerose opere ivi collocate nell’arco dei secoli che vanno dal Seicento al Novecento. Tale riallestimento si è avuto grazie ad Intesa Sanpaolo nell’ambito del Progetto Cultura, programma pluriennale che pianifica le attività di Intesa Sanpaolo in campo artistico e culturale; tale ambiziosa iniziativa ha come scopo la creazione delle Gallerie d’Italia, ossia una rete di poli museali e culturali presenti sopra tutto il territorio italiano – si pensi alle Gallerie di Palazzo Leoni Montanari a Vicenza (aperte dal 1999 e rinnovate nel 2014) e alle Gallerie di Piazza Scala a Milano (inaugurate nel 2011) -.
L’importanza, inoltre, del Palazzo, appartenente alla famiglia di origine fiamminga degli Zevallos, imparentatasi poi con la nobile famiglia Colonna di Stigliano, è dovuta al fatto che esso ospita, tra le sue numerose opere, moltissime di quelle appartenenti al panorama artistico dell’Italia Partenopea raccolte nel corso dei secoli.
Il palazzo, edificato con precisione tra il 1637 ed il 1639 dall’architetto Cosimo Fanzago per volere della nobile famiglia Zevallos, vide già nel secolo XVII importanti modifiche strutturali che comportarono, oltre che ristrutturazioni interne ed esterne, la costruzione del maestoso portone d’ingresso di gusto classico il quale ancora oggi affascina chi è desideroso di conoscere i meravigliosi ed inestimabili tesori che il palazzo custodisce. Durante, poi, la prima metà del secolo XIX, a causa di dissidi familiari tra i membri della famiglia Colonna di Stigliano, il Palazzo venne smembrato e frazionato e le sue ali vennero abitate da diversi inquilini che non avevano legame alcuno di parentela con la nobile famiglia; fu solo alla fine del secolo che la Banca Commerciale Italiana, della quale il Palazzo divenne sede nel 1898, iniziò ad acquistare i vari spazi del castello così che nel 1920 esso ritornò finalmente un unico palazzo.
Per quanto riguarda le opere esposte al Palazzo Zevallos di Stigliano, oltre il bellissimo e drammatico Martirio di sant’Orsola (1610) di Carvaggio (1571-1610), dipinto durante il suo ultimo soggiorno napoletano e considerato l’ultimo capolavoro dell’artista milanese, e Sansone e Dalila, dipinto dalla gentile mano di Artemisia Gentileschi (1592-1653), si hanno capolavori di artisti quali, per citarne soltanto alcuni, Luca Giordano (1634-1705) con il suo Ratto di Elena, Gaspar van Wittel (1653-1736) e le sue Vedute di Napoli, Francesco Solimena (1657-1747) con Agar e Ismaele nel deserto confortati dall’angelo, Salvatore Fergola (1799-1874) e Giacinto Gigante (1806-1876), tra gli esponenti più autorevoli della Scuola di Posillipo, e la grande mole di opere costituita da stagni, terrecotte, disegni, dipinti del grande scultore, disegnatore e orafo Vincenzo Gemito (1852-1929), lungo l’arco temporale che va dagli anni ’70 dell’Ottocento a gli anni ’20 del Novecento.
In via Toledo si apre, così, questo ameno scrigno di storia e tradizioni pittoriche grazie al quale viene mostrata e resa nota quella grande fucina di Genî artistici operanti nelle regioni partenopee e la bellezza dei paesaggi della splendida Natura che li hanno ispirati. Molti sono stati sedotti dalla sua incommensurabile bellezza ed hanno descritto queste meraviglie con vivide “pennellate” che ancora oggi risplendono e trasfondono malinconia, nostalgia, serenità con i loro sublimi colori:
«Ieri ho riposato per tutto il giorno […] ma oggi ci siamo dati alla pazza gioia e abbiamo dedicato il nostro tempo a contemplare meravigliose bellezze. Si dica o racconti o dipinga quel che si vuole, ma qui ogni attesa è superata. Queste rive, golfi, insenature, il Vesuvio, la città coi suoi dintorni, i castelli, le ville! […] Siano perdonati tutto coloro che a Napoli escono di senno! Ricordai pure con commozione mio padre, cui proprio le cose da me vedute oggi per la prima volta avevano lasciato un’impressione incancellabile. E così come si vuole che chi abbia visto uno spettro non possa più ritrovare l’allegria, si potrebbe dire all’opposto che mio padre non poté mai essere del tutto infelice, perché il suo pensiero tornava sempre a Napoli. Io, secondo il mio costume, conservo un’assoluta calma, e se vedo cose incredibili mi limiti a spalancar tanto d’occhi». (Johan Wolfgang Goethe, Viaggio in Italia, Napoli, 27 Febbraio 1787)i Napoli –