Nell’epoca tumultuosa degli anni ’60, il processo dei Chicago 7 divenne un momento cruciale in cui le visioni della gioventù ribelle cozzarono con l’establishment americano.
I protagonisti di questa incredibile storia furono sette imputati, esponenti di una generazione di attivisti sospettosi e critici nei confronti di una guerra in territorio straniero, responsabile di una moltitudine di morti, soprattutto tra la giovane generazione; un giudice e un sistema legale che incarnavano ciò che i giovani americani percepivano come uno status quo rimasto inalterato e non contestato per troppo tempo. La storia dei Chicago 7 riguarda il processo infame, a tratti grottesco, di attivisti accusati dal Dipartimento di Giustizia del Presidente Nixon di cospirazione criminale e di attraversamento di confini statali per incitare una rivolta che si protrasse per quasi cinque mesi, a tratti degenerando in caos politico, gettando luce sulle profonde divisioni in un paese lacerato dalla guerra del Vietnam, da sconvolgimenti culturali e tentativi da parte del governo Nixon di soffocare il dissenso pacifico e le proteste anti-guerra. Questo importante evento ha anche ispirato l’omonimo film Netflix del 2020 e continua ad essere una delle saghe processuali più importanti nella storia di Chicago e degli Stati Uniti.
Gli organizzatori avevano pianificato una manifestazione non violenta per le strade di Chicago. Quando arrivarono migliaia di persone, molte delle quali studenti universitari, a Chicago furono accolte dalle forze del sindaco democratico Richard Daley e dalla sua macchina dell’ordine pubblico: un ‘esercito’ di 12.000 agenti di polizia di Chicago, 5.600 membri della Guardia Nazionale dell’Illinois e 5.000 soldati dell’esercito degli Stati Uniti. Le proteste divennero autentici momenti di violenza causati principalmente dall’intervento delle forze dell’ordine. Il caos culminò il 28 agosto del 1968, giorno diventato noto come “Battaglia di Michigan Avenue“.
Dodici mesi dopo al processo, non ancora conosciuto come processo dei Chicago 7, gli otto imputati rimasero uniti nella loro opposizione alla guerra in Vietnam, ma non davano affatto l’idea di una coalizione omogenea. Rappresentavano diverse fazioni del movimento di protesta e avevano stili, strategie e agende politiche distinti. Abbie Hoffman (nel film Netflix interpretato da Sacha Baron Cohen) e Jerry Rubin (Jeremy Strong) erano gli attivisti della controcultura del Youth International Party (o hippies), che portavano una sensibilità merry-prankster al loro antiautoritarismo. Tom Hayden (Eddie Redmayne) e Davis (Alex Sharp), fondatori dello Students Democratic Society (SDS), guidavano una coalizione di campus di 150 organizzazioni orientata a cambiare il sistema e porre fine alla guerra. David Dellinger (John Carroll Lynch), letteralmente un capo scout, era un pacifista e organizzatore per il Comitato di Mobilitazione per porre fine alla guerra in Vietnam (MOBE), che era stato formato l’anno precedente per pianificare grandi manifestazioni anti-guerra. I professori John Froines e Lee Weiner (Danny Flaherty e Noah Robbins) erano solo perifericamente coinvolti nella pianificazione delle manifestazioni che portarono al processo dei Chicago 7, benché seduti al tavolo della difesa; si pensa che fossero stati presi di mira come avvertimento per altri accademici che potrebbero essere coinvolti in attività anti-guerra. Bobby Seale (Yahya Abdul-Mateen II) era il capo dei Chicago Black Panthers, che tendeva verso metodi più militanti. I due avvocati che rappresentavano gli imputati, William Kunstler (Mark Rylance) e Leonard Weinglass (Ben Shenkman), erano rinomati avvocati per i diritti civili. Una vasta indagine governativa seguì gli scontri e, alla fine, un anno dopo, le accuse contro i “Conspiracy 8” sarebbero state presentate, poiché il governo federale cercava di fare un esempio di questi manifestanti e di testare la legge federale anti-sommossa approvata nel 1968, che rendeva illegale attraversare i confini statali per incitare una rivolta.
Gli otto uomini accusati non furono scelti a caso. Ognuno aveva una storia di organizzazione contro la guerra in un modo o nell’altro, con il più prominente imputato che era Bobby Seale, cofondatore del partito dei Black Panther. Durante il processo ai Chicago 7, il giudice Julius Hoffman ordinò che quest’ultimo fosse trattenuto, legato e imbavagliato alla sua sedia dopo che aveva chiesto di rappresentarsi da solo. Poco dopo, Seale fu rimosso dal caso e subì un processo separato, trasformando i “Conspiracy 8” nel processo ai “Chicago 7”. Alla fine, tutti e sette gli imputati furono assolti dalle accuse di cospirazione, ma cinque dei sette furono accusati di attraversare i confini statali per incitare rivolte e furono condannati a cinque anni di prigione e pesanti multe (Seale aveva anche ricevuto una condanna a quattro anni nel suo processo). Un paio di anni dopo, tutte le condanne sarebbero state annullate da una corte d’appello, riconoscendo il disprezzo del giudice Julius Hoffman verso gli imputati.
La resa cinematografica del processo ai Chicago 7, il film del 2020 di Aaron Sorkin, è ben costruita e fondata, nello specifico, sul rapporto tra Tom Hayden e Abbie Hoffman. La tensione del processo ai Chicago 7 e il caos violento scatenatosi per le strade di Chicago nell’agosto del 1968 sono ricostruite in modo molto realistico, per quanto, paradossalmente, la realtà dei fatti fosse molto più violenta e infame di quella che vediamo nel film. Sorkin sostituisce abilmente il climax drammatico del processo con l’arco narrativo incentrato sui flashback raccontati dagli imputati di quando la polizia colpì brutalmente i manifestanti per le strade di Chicago; tale scelta registica è una risoluzione molto accurata, con le immagini sanguinose che danno al film una posta in gioco nel mondo reale; eppure, le trascrizioni reali del tribunale del processo dei Chicago 7 dimostrano che a volte la storia non ha quasi bisogno di abbellimenti quando si tratta di drammi sullo schermo.
Fonte immagine in evidenza: Wikipedia
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