Molte persone conoscono il nome dell’artista francese Marcel Duchamp, maggior esponente del movimento d’avanguardia del Dadaismo, insieme ad altre figure come Man Ray e Francis Picabia. La sua fama è nota a tutti per il suo carattere ed esposizioni provocatorie, la più famosa di tutte è la Fontana, un orinatoio capovolto firmato con un suo pseudonimo “R. Mutt“. Questo non fu l’unico nome fittizio che adottò durante la sua carriera artistica, ma questa nuova identità non comprendeva il solo utilizzo di un nuovo nome, anzi aveva anche un volto nuovo e una nuova estetica: il nome di questo nuovo alter ego di Marcel Duchamp era Rrose Sélavy.
Rrose Sélavy: l’alter ego femminile di Marcel Duchamp che sfida l’arte
Rrose Sélavy (pronunciato in francese come “Eros, c’est la vie”, ovvero “Eros è la vita”) non è semplicemente uno pseudonimo, ma un vero e proprio alter ego femminile creato dall’artista francese Marcel Duchamp. Attraverso Rrose Sélavy, Duchamp esplora i concetti di identità, genere e autorialità, sfidando le convenzioni artistiche del suo tempo e anticipando temi che sarebbero diventati centrali nell’arte contemporanea.
Chi è Rrose Sélavy? L’identità nascosta di Marcel Duchamp
Rrose Sélavy fa la sua prima comparsa nel 1921 in una fotografia del fotografo dada Man Ray, in cui Duchamp si traveste nei panni di questo suo nuovo alter ego, studiandolo dai minimi dettagli, dai vestiti, al trucco e al portamento: doveva sembrare una donna di alta classe, ricca e soprattutto sfrontata e provocatrice, proprio come l’artista. Rrose per essere un’identità fittizia aveva un volto, una firma e dei propri biglietti da visita, incarnando effettivamente una persona reale in carne e ossa.
Rrose Sélavy e il Dadaismo: provocazione e sperimentazione
La creazione di Rrose Sélavy si inserisce perfettamente nello spirito del Dadaismo, un movimento artistico che rifiutava la logica, la ragione e le convenzioni estetiche tradizionali. Duchamp, figura chiave del Dadaismo, utilizzava la provocazione e l’ironia per mettere in discussione il concetto stesso di arte e il ruolo dell’artista.
Il significato di Rrose Sélavy: nome, concetto e opere
Il nome Rrose Sélavy è un gioco di parole che può essere interpretato in diversi modi:
- “Rose, c’est la vie” (“La vita è rosa”): un riferimento al colore tradizionalmente associato alla femminilità.
- “Éros, c’est la vie” (“Eros è la vita”): un’allusione all’amore, alla passione e alla sessualità.
- “Arroser la vie” (“Innaffiare la vita”): un invito a celebrare la vita e a godere dei suoi piaceri.
Rrose Sélavy, invece, nel 1921, diventa a tutto tondo il primo ready-made di Duchamp a firmare l’opera su cui appare sé stessa.
Belle Haleine, Eau de Voilette: il primo ready-made firmato da Rrose Sélavy
Una delle opere più celebri associate a Rrose Sélavy è Belle Haleine, Eau de Voilette (1921). Si tratta di una boccetta di un profumo Rigaud, sulla cui etichetta Duchamp ha sostituito l’immagine originale con una fotografia di se stesso nei panni di Rrose, scattata da Man Ray. L’opera è firmata da Rrose Sélavy, rendendola uno dei primi ready-made firmati da un alter ego dell’artista.
Rrose Sélavy: un ready-made vivente?
I ready-made sono delle “opere artistiche” pensate da Duchamp, il quale utilizza degli oggetti comuni della vita quotidiana per scardinare i valori delle sculture artistiche, provocando la critica.
Rrose Sélavy può essere considerata un’estensione del concetto di ready-made. Se un oggetto comune, decontestualizzato e presentato come opera d’arte, può diventare un ready-made, allora anche un’identità fittizia, costruita ad arte e presentata come reale, può essere considerata un’opera d’arte. In questo senso, si tratta un ready-made “vivente”, una performance continua che sfida i confini tra arte e vita.
Rrose Sélavy e l’autoritratto: una rivoluzione dadaista
Se i ready-made come Ruota di bicicletta serve a rompere il dogma dell’immobilità delle sculture, Rrose Sélavy sovverte, invece, la rappresentazione classica degli autoritratti. Qui Marcel Duchamp dimostra la sua genialità e il suo modo di rompere con la tradizione artistica nel momento in cui crea questo suo volto femminile, creando una rappresentazione accurata della frammentazione della personalità: quando Duchamp veste i panni di Rrose Sélavy divide la sua persona in due identità separate, ma al tempo stesso annulla sé stesso e si identifica all’interno di Selavy.
Si moltiplica, si annulla e si unisce in una figura. Tutto questo in un autoritratto che non solo non è su tela ma è una fotografia, cosa che rende il concetto di autoritratto su foto ancora più avanguardistico, ma il fatto che Duchamp si espone come autore e opera, uomo e donna, umano e oggetto nello stesso momento, rompe le tradizioni dell’autoritratto.
Conclusione: un’identità che continua ad affascinare
Rrose Sélavy rimane una delle creazioni più enigmatiche e affascinanti di Marcel Duchamp, un’opera d’arte concettuale che continua a stimolare riflessioni sull’identità, il genere, l’autorialità e i confini dell’arte stessa.
Se quest’opera ti ha incuriosito, visita un museo!