Il termine “rutilismo” indica scientificamente la singolare caratteristica per le persone (ma anche per gli animali) di avere capelli e peluria corporea ramati. Si tratta della nota identificazione e combinazione di capelli rossi e lentiggini, che rendono l’aspetto tanto raro quanto particolare.
Il colore rosso sviluppato naturalmente nei capelli è ricco di simbolismo ed implicazioni culturali, e imbevuto di superstizione ancestrale. Ma andiamo ad analizzare innanzitutto il rutilismo dal punto di vista scientifico, chiarendone la genesi biochimica.
Rutilismo. Genesi e implicazioni mediche
Il rutilismo, detto anche “eritrismo” o “isabellismo”, è dunque la caratteristica delle persone dotate di capelli rossi. Il famoso “pel di carota”, oggetto di fascino e superstizione, spesso relazionato con una pigmentazione chiara dell’incarnato e la presenza di lentiggini. Caratteristiche che suggeriscono alla mente immagini determinate, esempi e prototipi, tratti dal panorama storico, così come da quello letterario e cinematografico. Si pensi a Bianca come il latte, rossa come il sangue, la protagonista del romanzo di Alessandro D’Avenia, da cui il film di Giacomo Campiotti.
Ma cos’è che dona naturalmente questa pigmentazione ai capelli? È una particolare varietà di melanina, detta “feomelanina”. La melanina è appunto un pigmento del corpo umano responsabile del colore della pelle e degli annessi cutanei, quali peluria e capelli. Essa è prodotta da cellule, dette “melanociti”, siti nell’epidermide. Due sono le varietà di melanina: l’“eumelanina”, quella scura tipica delle popolazioni con pelle o capelli neri e castani; la “feomelanina”, quella chiara che dona colori chiari ai capelli (rosso e biondo) e alla pelle.
Il gene maggiormente responsabile della pigmentazione rossa dei capelli è l’MC1R, in particolare le varianti di tale gene nel cromosoma 16. L’MC1R codifica per il recettore di un ormone, detto “melanocortina”, una molecola secreta dall’ipofisi che stimola i melanociti a produrre melanina. Ma alcune varietà (alleli) di questo gene comportano una ridotta funzione del recettore, e conseguentemente un fenotipo caratterizzato da capelli rossi, pelle chiara e lentiggini.
Dunque il rutilismo sarebbe dovuto a livelli molto alti di feomelanina (pigmentazione ramata) e a livelli molto bassi di eumelanina (pigmentazione scura). Il gene MC1R è recessivo, e il suo cambiamento può provenire da entrambi i cromosomi, ed è facile così che chi nasca da entrambi i genitori dai capelli rossi abbia l’alta probabilità di avere i capelli di tale colore. Tuttavia, anche se i due genitori non hanno i capelli rossi, possono essere portatori del gene e avere dunque prole dai capelli rossi (la percentuale è di 1 su 4). Se invece uno dei due genitori ha i capelli rossi e l’altro è solo portatore del gene, allora le probabilità di avere un figlio con i capelli rossi salgono al 50%. Di conseguenza, sono comuni i salti generazionali. Se infine solo uno dei due genitori è portatore del gene mutato, le probabilità di avere un figlio con i capelli rossi sono molto scarse.
In ogni caso la colorazione del capello può variare nel corso della vita, complice anche l’esposizione al sole. Il fatto che il rutilismo sia associato ad una carnagione molto chiara, a causa del basso livello di eumelanina, reca un importante vantaggio: anche un’illuminazione solare relativamente ridotta risulta sufficiente alla produzione di vitamina D nell’organismo, cosa utilissima nei Paesi del Nord. Ciò limiterebbe la possibilità di sviluppare il rachitismo e consentirebbe invece la possibilità di trattenere il calore meglio delle persone con incarnato più scuro. È una sorta di selezione naturale, là dove il colore rosso dei capelli risulta più raro nei Paesi caldi e più frequente nei Paesi dal clima rigido.
Sul versante opposto, quando le radiazioni UV risultano eccessive, la carenza di melanina reca alcuni svantaggi e problemi clinici. La melanina infatti rinvigorisce la tolleranza della pelle all’azione dei raggi UV. Dunque le persone dalla pelle chiara e capelli rossi sono più facilmente soggette a danni da scottature o peggio maggiormente esposte al rischio di sviluppare il cancro alla pelle.
Il rutilismo viene causato dalla mutazione naturale e dunque non patologica del gene MC1R. Eppure in casi rari i capelli rossi possono essere associati a disturbi o disordini genetici: è il caso della grave malnutrizione, per cui capelli normalmente scuri possono diventare rossi, a causa dalla mancanza di proteine, comune nei periodi di carestia. Infine, esiste poi una varietà di albinismo, tipica di alcuni africani e abitanti della Nuova Guinea, che porta alla pigmentazione appunto rossa di pelle e capelli, e addirittura bianca.
Rutilismo. Storia e diffusione
Si stima che il gene dei capelli rossi si sia definito tra 20.000 e 100.000 anni fa, dunque già ai tempi degli ominidi, come l’Uomo di Neanderthal. Tale era una sorta di “cugino” dell’Homo Sapiens, dunque strettamente affini. Dalle analisi genetiche condotte sui resti di Neanderthal risulta che diversi individui presentavano varianti del gene per capelli rossi. Scoprendo poi che nel DNA di Homo Sapiens c’erano frammenti genici provenienti dall’Uomo di Neanderthal, si giunse alla conclusione che tali specie si riprodussero reciprocamente. Ciò portò ad ipotizzare che gli umani con i capelli rossi fossero discendenti di Neanderthal manifestanti tale caratteristica genetica. Tuttavia nuove ricerche dimostrano come gli alleli dei Neanderthal non siano sempre i medesimi degli umani. Quindi la pigmentazione rossa non sarebbe esclusivamente di origine Neanderthal, ma si sarebbe evoluta naturalmente e indipendentemente in Sapiens e Neanderthal.
Proseguendo nella storia, i capelli rossi sembravano essere nell’antico Egitto segno distintivo dei discendenti di Seth – divinità del deserto, delle tempeste, del disordine e della violenza. Pertanto, a tali discendenti si attribuiva una maggiore ferocia.
Avanzando ancora nel tempo, in alcune leggende l’astuto Ulisse re di Itaca avrebbe avuto i capelli rossi. Un’ipotesi avallata dal fatto che il suo nome greco “Odysséus” deriverebbe dal verbo odýssomai (essere adirato), in quanto in antichità era diffusa la concezione che le persone dai capelli rossi fossero facilmente irascibili.
I capelli fulvi compaiono comunque in diverse popolazioni della Terra, maggiormente diffusi però in Europa, con percentuali particolarmente più elevate nelle Isole Britanniche, come Scozia e Irlanda. Come anticipato, i capelli sembrano essere un tratto distintivo della selezione naturale, pertanto molto più presenti nei Paesi nuvolosi e dal clima rigido. Vari studi porterebbero alla conclusione che il rutilismo sarebbe una risposta fisiologica a un determinato clima ancestrale.
Un rapporto del 2007, citato nel National Geographic Magazine, ha riportato che in futuro il rutilismo sia destinato all’estinzione, complici la trasmissione attraverso gene recessivo e il fenomeno della globalizzazione. Tale preoccupazione risulta però infondata dal punto di vista scientifico: l’estinzione di un gene si verifica quando gli individui portatori muoiono senza trasmetterlo alla generazione successiva. Ma è proprio la globalizzazione, con il fenomeno migratorio connesso, a garantirne la sopravvivenza e la trasmissione, in quanto le popolazioni che migrano si “incrociano”, diffondendo geograficamente il gene. Pur essendo recessivi gli alleli dei capelli rossi, la mescolanza etnica ridurrebbe solo la frequenza del fenotipo dei capelli rossi, ossia l’aspetto esteriore, ma i geni di questi continuano ad esistere, manifestandosi con le giuste condizioni genetiche, seppur sporadicamente.
Rutilismo. Cultura e superstizione
Al di là della genesi biochimica e della sua diffusione, il rutilismo è intriso di simbolismo. Nelle varie epoche e culture, i capelli rossi sono stati lodati nell’arte e nella moda, osannati dal punto di vista culturale, così come denigrati quale oggetto di superstizione.
Tra le implicazioni ideologico-culturali sul rutilismo vi è la credenza a ritenerli simbolo di temperamento fiero e focoso e d’implacabilità nella parola. In Anna dai capelli rossi si racconta della protagonista circa il suo temperamento che ne richiamava il “pel di carota”.
Un’altra credenza attribuisce poi alle persone con i capelli rossi una forte tendenza all’erotismo e al sesso. Sussiste addirittura una simbologia regale, legata alla regina Elisabetta I d’Inghilterra, che aveva appunto i capelli rossi, così che in epoca elisabettiana questi erano molto di moda. Persino la Maddalena viene spesso rappresentata con i capelli rossi, simbolo di quella femminilità anacronistica molto combattuta.
Molti pittori hanno mostrato grande predilezione per i capelli ramati: tipico è il colore “rosso Tiziano”, adoperato dal pittore proprio nella rappresentazione dei capelli (sulle donne in particolare). Ancora Sandro Botticelli utilizzò tale pigmentazione nel suo famoso dipinto La nascita di Venere, raffigurante appunto la dea con i capelli rossi.
Molti artisti e personaggi famosi erano dotati loro stessi del suddetto colore, come il celebre pittore Vincent van Gogh, così come scrittori e filosofi, quali George Byron, William Shakespeare e Jean-Paul Sartre; personaggi storici, quali Cristoforo Colombo, Winston Churchill e Lenin, o sovrani quali Nerone, Elisabetta I, Anna Bolena, Enrico VIII, Maria Tudor, Maria Stuarda e la regina Vittoria, e ancora attori e registi, quali Woody Allen, Ginger Rogers.
Nel corso della vita i capelli rossi si scuriscono invecchiando, divenendo più castani e perdendo la loro originaria vividezza, e a tal riguardo si ricorda Il racconto dei racconti – Tale of Tales di Matteo Garrone, in cui tra le varie scene c’è quella relativa alla trasformazione di un’anziana e repellente signora in giovane e affascinante fanciulla dalla chioma lunga, corposa e rossa, rappresentante la splendente giovinezza.
Il rutilismo è inoltre considerato simbolo di vivacità e scaltrezza, qualità ben rappresentate dal famoso personaggio “Pippi Calzelunghe”, dalle simpatiche trecce rosse all’insù e le lentiggini che le dipingono il viso.
Ma il rutilismo è imbevuto di altrettanta superstizione: nel noto diffamante testo Malleus Maleficarum, si annota che nel Medioevo avere i capelli rossi era simbolo di stregoneria e dell’essere eretici, associato addirittura ai vampiri. Nel Novecento, la novella di Giovanni Verga Rosso Malpelo racconta di un fanciullo che lavora in miniera e discriminato per i pregiudizi popolari verso i suoi capelli rossi. Tale novella reca come incipit proprio: «…Rosso Malpelo aveva i capelli rossi perché era malizioso e cattivo». Retaggio molto diffuso dunque nel meridione ancora in età moderna.
Non si sa bene in realtà cosa alimenti la superstizione sul rutilismo. Forse il fatto che sia piuttosto raro, forse perché simbolo di diversità, colmo di fascino, ma singolare. Ancora oggi in Gran Bretagna esiste il “gingerismo”, dove “ginger” è un termine colloquiale usato per etichettare le persone con i capelli rossi. La cinematografia invece sembra erigere il rutilismo talvolta a simbolo di bullismo, talvolta di sottomissione alla violenza, ponendo sempre al centro la diversità.