Schwa: cos’è il simbolo del linguaggio inclusivo e come si usa
L’uso della schwa (adattamento italiano di schwa, che può essere tradotto con «insignificante», «zero» o «nulla») è il nome di un simbolo grafico ebraico costituito da due puntini [:] realizzati con un grafema consonantico, per indicare l’assenza di vocale seguente o la presenza di una vocale senza qualità e senza quantità, quindi di grado ridotto. L’utilizzo della schwa è definito inclusivo, linguisticamente parlando, perché permette di esprimere un determinato riferimento, considerando che il simbolo utilizzato è il seguente: ə, che sostituisce la desinenza finale maschile o femminile per definire un gruppo misto di persone, ossia in senso neutro. Il suo scopo è quello di non assegnare un genere grammaticale preciso.
Cos’è lo schwa? Significato e origini del simbolo ə
In linguistica il simbolo schwa è particolarmente apprezzato perché consente di identificare un fonema vocalico atono. Dal punto di vista fonetico, lo schwa è dato da un indebolimento dell’articolazione dei vocaboli. Per dirla in modo più semplice: si tratta di una serie di parole non completamente realizzate.
Schwa: un suono vocalico atono e indebolito
Lo schwa, quindi, rappresenta un suono vocalico debole, privo di accento e di una precisa collocazione all’interno della parola. Questo simbolo, pur destando molte polemiche, è utilizzato in ambito linguistico nel cosiddetto alfabeto IPA, cioè quello usato per indicare la corretta pronuncia dei termini appartenenti alle tantissime lingue esistenti.
L’alfabeto IPA e l’uso dello schwa in linguistica
L’IPA (Alfabeto Fonetico Internazionale) utilizza lo schwa per rappresentare un suono vocalico centrale medio, presente in molte lingue del mondo. La trascrizione fonetica con l’IPA permette di rappresentare i suoni delle parole in modo preciso e univoco, superando le ambiguità delle ortografie tradizionali.
Il dibattito linguistico e la petizione per il suo utilizzo
Il 4 febbraio scorso è stata lanciata una petizione contro lo schwa, condivisa da circa trenta intellettuali, fra linguisti e letterati, storici e filosofi, artisti e scrittori (da Massimo Cacciari ad Alessandro Barbero, da Edith Bruck ad Ascanio Celestini, da Francesco Sabatini a Gian Luigi Beccaria). L’uso dello schwa è stato affermato all’interno del dibattito e del movimento transfemminista queer, ma non trova approvazione in ambito linguistico, scatenando una serie di polemiche, soprattutto sui social network.
Chi ha “inventato” lo schwa? Da Schmeller a Saussure
Johann Andreas Schmeller, linguista tedesco, viene considerato l’inventore dello schwa, anche se di “invenzione” non si tratta. Egli fu soltanto il primo ad utilizzarlo, a recuperare questo carattere nel 1821 per dare un simbolo e una pronuncia a una lettera breve della lingua tedesca. Ricordiamo che in passato lo schwa è stato usato come convenzione grafica: alla fine dell’Ottocento il celebre linguista svizzero Ferdinand de Saussure teorizzò che l’indoeuropeo avesse una sola vocale indistinta e pronunciata con la gola “strozzata” che identificò con lo schwa, da cui ogni lingua avrebbe sviluppato in maniera autonoma le vocali che conosciamo oggi.
L’indoeuropeo e l’uso dello schwa nella linguistica storica
Precisiamo che il termine ‘indoeuropeo’ fu coniato da un altro linguista, Young nel 1813; nei paesi di lingua tedesca si usa più comunemente il termine “indogermanico”. Lo schwa ha avuto un ruolo importante nella ricostruzione dell’indoeuropeo, la lingua ancestrale da cui derivano molte lingue europee e asiatiche. Lo studio dello schwa indoeuropeo ha permesso di comprendere meglio l’evoluzione delle lingue moderne.
Lingua inclusiva: i pro e i contro dell’uso
Per quanto, usando tale simbolo, si riesca a esprimere qualcosa di neutro, senza etichette e quindi senza identificare il proprio interlocutore (anche se questo è un discorso ampio che riguarda l’attribuzione di sesso maschile o femminile e rientra in un altro ambito sociale, quello della sociolinguistica e dell’identità di genere) l’utilizzo dell’asterisco in sostituzione delle normali desinenze di genere, può causare delle difficoltà pratiche di pronuncia delle parole che terminano con l’asterisco.
Perché usare lo schwa? I vantaggi per un linguaggio neutro
I sostenitori dello schwa, come la linguista Vera Gheno, ne evidenziano i vantaggi per la creazione di un linguaggio inclusivo. Lo schwa permetterebbe di superare il binarismo di genere (maschile/femminile) e di creare un plurale inclusivo, che non escluda nessuno. Rappresenterebbe quindi una soluzione per tutte quelle persone che si identificano come genderqueer o non binarie.
Perché non usare lo schwa? Criticità e problemi di pronuncia
Secondo i linguisti, la “e capovolta”, così come la definiscono in molti, pur consentendo di esprimersi a tutti indistintamente, rischia di destabilizzare l’esistenza, pur provando a creare inclusione. Introdurre un nuovo suono nell’italiano parlato sembra piuttosto complicato: sia per le abitudini particolarmente radicate dei parlanti, sia perché l’italiano è una lingua piena di eccezioni e varianti, la cui grammatica si basa su regole ben precise. Un altro problema, per cui non usare lo schwa, potrebbe essere che lo schwa presenta un suono riconosciuto dalla linguistica, a differenza dell’asterisco (spesso usato in sostituzione al simbolo) al quale non corrisponde un vero e proprio suono di lettura e non garantisce una lettura fluida.
Come digitare lo schwa (ə) su PC e Mac
Un altro limite potrebbe essere quello legato ai sistemi informatici utilizzati, anche se si può parlare di “problema relativo”.
Schwa su PC: la combinazione di tasti con Unicode
Infatti, sui sistemi Windows è più facile ottenere lo schwa: tenendo premuto il tasto ALT si deve digitare sul tastierino numerico la combinazione 0601 (Unicode).
Schwa su Mac: un’alternativa con il simbolo matematico ∂
Per quanto riguarda la Apple, dati i passaggi leggermente complicati, ci si può accontentare del simbolo matematico ∂, che si scrive cliccando option + caps lock + d. Realizzare questo simbolo con la tastiera del proprio smartphone è molto facile: lo schwa comparirà tra le opzioni come succede oggi per le lettere accentate o per i caratteri speciali. Per selezionarlo, basterà tenere premuta la lettera “e” sulla tastiera.
La pronuncia: un suono breve e centrale
Lo schwa viene identificato come una vocale centrale media all’interno dell’alfabeto. Questo significa che, nella sua pronuncia, si pone esattamente a metà tra tutte le vocali esistenti perché è un suono non arrotondato, senza accento o tono e di scarsa sonorità. Ogni lingua possiede un numero finito di fonemi che possono essere pronunciati con differenti variazioni regionali, individuali o contestuali, dette allofoni (es: la “n” in carne è dentale, mentre in banco è velare).
L’Accademia della Crusca e le critiche
Per quanto riguarda la pronuncia, bisogna tenere la bocca rilassata senza chiudere le labbra, lasciandole semiaperte, con un suono breve. In questo modo si realizza un suono tipico del linguaggio inglese, dove infatti è molto diffuso. Ricordiamo che anche per quanto riguarda l’Accademia della Crusca, l’uso della schwa causerebbe: “Problemi grafici, nel parlato, difficoltà per le persone con dislessia e opacità tra plurale e singolare”, proponendo di usare in modo consapevole il maschile plurale come genere grammaticale non marcato. Da quanto si apprende, secondo alcuni linguisti, l’asterisco non sarebbe facilmente comprensibile in caso di problemi del linguaggio, specie in caso di dislessia; inoltre il simbolo non corrisponde a nessun grafema e non è possibile operare la distinzione tra maiuscolo e minuscolo. Lo schwa «graficamente assomiglia ad una forma intermedia tra una “a” e una “o”», cioè le due vocali con cui in italiano identifichiamo con maggiore frequenza il genere femminile e quello maschile. Se il numero di parole disponibile per esprimere un concetto tra due lingue è molto diverso, allora è probabile che il fenomeno venga percepito in maniera diversa tra i due gruppi di parlanti.
Nonostante i limiti, ma anche i tanti elementi a favore, l’utilizzo della schwa s’inserisce in un contesto di inclusività sociale e culturale, oltre che prettamente linguistico. Anche se utilizzato dalle cosiddette influencer, ciò non ne fa un termine giusto o meno. Il discorso riguarda il sistema linguistico all’interno del quale s’inserisce. La nascita di dibattiti tra studiosi, filosofi, linguisti, sono giusti e normali in una situazione di “stallo”, ma spesso alimentano polemiche inutili e poco costruttive, poco incline al concetto di inclusività di cui si faceva menzione.
Immagine in evidenza: rsi.ch