Simbolo del potere suggestivo che i fenomeni naturali hanno da sempre suscitato nell’animo umano, la leggenda di Scilla e Cariddi è il risultato di un fortunato intreccio tra superstizione, mito e narrazione epica. Il racconto mitologico prende corpo in epoca classica dall’associazione, quasi automatica nei meccanismi di creazione di un mito, tra l’indomabile potenza dei fenomeni naturali e la crudeltà e volubilità del mondo divino. Scilla e Cariddi assumono, dunque, le sembianze di due mostri marini che abitano le sponde dello stretto di Messina. Passaggio obbligato nel viaggio tra le colonie e la Grecia, lo stretto di Messina è da sempre un tratto di mare battuto da forti venti e costantemente animato da vortici e gorghi, frutto del violento incontro tra le correnti del mare Tirreno e dello Ionio. La potenza dei fenomeni naturali alimenta la suggestione popolare e trova consacrazione nella narrazione epica dando forma semidivina alla potenza delle correnti e all’asperità dei fondali che fanno dello stretto di Messina un passaggio particolarmente ostico per la navigazione.
Scilla e Cariddi, creature mostruose nello stretto di Messina
Sul versante calabro dello stretto di Messina, l’impeto delle correnti marine assume le sembianze della ninfa Scilla, “colei che lacera e dilania”. Figlia del dio marino Forco e della ninfa Crateide, Scilla suscita l’amore di Glauco che chiede aiuto alla maga Circe per conquistarne il cuore. Ma la gelosia di Circe, a sua volta innamoratasi di Glauco, si scatena contro la bellissima Scilla trasformandola in un mostro. La vergogna per l’orribile metamorfosi costringerà Scilla a rifugiarsi in una grotta marina e la spingerà a vendicarsi sui naviganti strappandoli alle loro imbarcazioni e divorandoli.
Scilla e Cariddi nell’Odissea
“Ivi Scilla vive, orrendamente latrando:
la voce è quella di cagna neonata,
ma essa è mostro pauroso, nessuno
potrebbe aver gioia a vederla, nemmeno un dio, se l’incontra.
I piedi son dodici, tutti invisibili:
e sei colli ha, lunghissimi: e su ciascuno una testa
da fare spavento; in bocca su tre file i denti,
fitti e serrati, pieni di nera morte”. (Odissea libro XII)
Sul versante opposto i vortici che agitano le acque dello stretto sono identificati nel mostro informe Cariddi, “colei che risucchia”. Cariddi è originariamente una neiade figlia di Gea e Poseidone e dotata di un insaziabile appetito che ne causerà la rovina. La sua voracità la spinge, infatti, a rubare e divorare immediatamente i buoi che Eracle aveva a sua volta rubato a Gerione. L’eroe chiede l’intervento di Zeus che scaglia Cariddi nelle profondità del Tirreno trasformandola in un mostro e condannandola ad inghiottire le acque del mare e tutto ciò che esse contengono per poi risputarne i resti.
Scilla e Cariddi nell’Eneide
“Scilla tiene il lato destro, il sinistro
l’implacata Cariddi e tre volte a dirotto risucchia
vasti flutti nel fondo gorgo del baratro, e di nuovo
li scaglia alternamente nell’aria e flagella gli astri con l’onda.” (Eneide, Libro III)
Dalla suggestione popolare alla sublimazione del racconto poetico, l’immagine di Scilla e Cariddi dello stretto di Messina attraversa i secoli grazie alle parole di Circe prima (Odissea libro XII) e di Eleno poi (Eneide libro III). Passaggio inevitabile lungo il cammino di Ulisse, l’eroe incontrerà i terribili mostri Scilla e Cariddi per due volte dopo essere sfuggito alle sirene. Al primo passaggio dovrà sacrificare a Scilla sei dei suoi compagni nel vano tentativo di non perderli tutti per mano di Cariddi. Il secondo passaggio sarà però quello fatale e l’intero equipaggio sarà inghiottito dalla voracità di Cariddi. Sorte più fortunata toccherà ad Enea che scorgendo da lontano i vortici marini generati dai due mostri seguirà il percorso alternativo suggeritogli da Eleno. Entrambi i racconti sono accomunati da un alone di mistero che lascia forti dubbi sulla vera natura di Scilla e Cariddi. La descrizione terrificante che ne dà Circe viene messa in secondo piano nel racconto che Ulisse dà dell’effettivo incontro con i mostri, e ancora nell’Eneide i due mostri sono associati nella lontananza a gorghi e vortici marini. Scilla e Cariddi non sono altro che la paura di cui l’uomo riveste da sempre l’ignoto.
Fonte immagine per l’articolo su Scilla e Cariddi: https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Fontana_del_Nettuno_(Messina)_08.jpg