Scrittura giapponese: hiragana, katakana e kanji
Per chi è amante del mondo orientale o a chi piace imparare nuove lingue, la scrittura giapponese consiste sicuramente in una scelta interessante da fare. Quando si vuole studiare il Nihongo (termine che indica la lingua giapponese) bisogna conoscere però le sue caratteristiche, molto più diverse e complesse, in alcuni casi, rispetto alle lingue occidentali alle quali si è normalmente abituati. La scrittura giapponese in particolare non presenta un unico sistema, bensì tre, e ognuno di essi ha un uso specifico. Vediamo nel dettaglio come è strutturata la scrittura giapponese.
Hiragana (ひらがな): il sillabario morbido della scrittura giapponese
Lo hiragana è uno dei sistemi di scrittura giapponese, nello specifico un sillabario. Esso contiene le vocali a, i, u, e, o (nell’ordine giapponese) e le sillabe che si formano facendo precedere queste vocali dalle consonanti k, s, t, n, h, m, r. A queste sillabe si aggiungono ya, yu, yo, wa, wo e la n, un carattere che viene presentato da solo. Nelle consonanti con iniziale sorda può essere aggiunto un segno chiamato dakuten (come due virgolette alte) che di conseguenza rende queste sillabe sonore. Le sillabe che iniziano con il suono h possono avere non solo i dakuten ma anche gli handakuten, segnalati da un pallino in alto. Tali segni diacritici sono fondamentali nella fonetica giapponese.
Origini e uso dello hiragana
Lo hiragana è caratterizzato da una scrittura molto dolce e delicata, tanto che nel IX secolo, durante il periodo Heian, quando hiragana e katakana furono inventati, lo hiragana veniva usato principalmente per tutti quei testi scritti da donne, proprio a causa della sua caratteristica di scrittura. All’inizio, lo hiragana non si chiamava affatto così, bensì onna de, e questo nome fa proprio riferimento al fatto che esso fosse un sistema di scrittura giapponese usato prevalentemente da donne, almeno all’inizio. Il termine hiragana è un termine assolutamente moderno, infatti è comparso per la prima volta in un dizionario portoghese nel Seicento. Lo hiragana viene utilizzato per scrivere tutte le particelle grammaticali, le desinenze e le flessioni che danno vita ai tempi verbali e agli aggettivi, ad esempio. È impiegato anche per scrivere parole giapponesi che non hanno una rappresentazione in kanji o per indicare la pronuncia dei kanji meno comuni attraverso i furigana. Nel sistema di scrittura giapponese moderno, l’hiragana ha un ruolo fondamentale per la comprensione della grammatica e della struttura delle frasi.
Katakana (カタカナ): il sillabario rigido della scrittura giapponese
Assieme allo hiragana, si è sviluppato anche un altro sistema di scrittura giapponese, identico allo hiragana dal punto di vista fonetico, ma diverso graficamente: il katakana. Infatti, esso è caratterizzato da una scrittura molto più spigolosa e rigida rispetto a quella dolce dello hiragana, si tratta, dunque, di due sillabari identici foneticamente ma diversi graficamente. Deriva, come l’hiragana, dalla semplificazione di alcuni kanji ed è stato sviluppato principalmente dai monaci buddisti nel periodo Nara.
Caratteristiche e impiego del katakana
Il katakana, al giorno d’oggi, viene utilizzato per rendere graficamente tutte quelle parole giapponesi che derivano da lingue straniere come l’inglese e il portoghese ad esempio, lingue alle quali il Giappone è stato maggiormente esposto durante la sua storia passata, specialmente sull’isola di Honshu. Inoltre è usato per le onomatopee, per i nomi scientifici di piante e animali e, talvolta, per enfatizzare alcune parole all’interno di un testo, in modo simile al corsivo nelle lingue occidentali. Nei dizionari di kanji, la lettura on’yomi è spesso scritta in katakana.
Kanji (漢字): gli ideogrammi della scrittura giapponese
Il terzo sistema di scrittura giapponese è costituito dai kanji. Essi sono degli ideogrammi di origine cinese che, col passare dei secoli, si sono evoluti e anche differenziati dalla loro origine cinese. Le prime tracce dell’uso dei caratteri di origine cinese in Giappone possono essere ritrovate in due opere che risalgono all’VIII secolo d.C., ovvero il Kōjiki e il Nihonshoki, nelle quali i caratteri cinesi venivano utilizzati in alcuni casi per il loro valore fonetico, in altri per il loro valore semantico, causando però una grande confusione. Questo perché i kanji rappresentano sia un suono che un significato.
Origine e complessità dei kanji
È proprio grazie a ciò che al giorno d’oggi essi sono dotati di due tipi di letture o pronunce: una prende il nome di on’yomi ed è quando il kanji viene letto con la sua lettura alla cinese; l’altra invece si chiama kun’yomi e consiste nella lettura alla giapponese del kanji. Per fare un esempio, il kanji di “montagna” si pronuncia “yama” in kun’yomi (lettura giapponese) e “san” in on’yomi (lettura di derivazione cinese), come nel famoso “Fujisan” (Monte Fuji). Oggigiorno, i giapponesi devono conoscere circa 2136 kanji, che prendono il nome di jōyō kanji, dei kanji obbligatori, stabiliti dal Ministero dell’Istruzione giapponese. Circa una migliaia viene insegnata solamente alle scuole elementari. È importante notare che i kanji possono avere più letture on’yomi e kun’yomi a seconda del contesto e delle parole con cui sono combinati.
Per molti studenti stranieri di lingua giapponese, i kanji costituiscono una delle parti più difficili dello studio, ma in realtà se essi non esistessero sarebbe impossibile leggere un testo in giapponese scritto in solo hiragana, anche perché la lingua giapponese non prevede gli spazi tra una parola e l’altra all’interno di una frase. Per un italiano la scrittura giapponese può apparire a prima vista molto complessa ma, allo stesso tempo, affascinante. I tre sistemi di scrittura, hiragana, katakana e kanji, coesistono armoniosamente, ciascuno con il proprio ruolo e la propria storia, e contribuiscono alla ricchezza e alla bellezza della lingua scritta giapponese. Ogni appassionato del Giappone dovrebbe approcciare lo studio di questi sistemi di scrittura.
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