La comunità di San Patrignano ha una lunga ma affascinante storia ed è tutt’ora la comunità di recupero per tossicodipendenti più importante d’Italia. È proprio grazie all’impegno del suo fondatore, Vincenzo Muccioli, se il tema della tossicodipendenza è diventato emergenza sociale nel nostro paese e se sono stati fatti enormi passi avanti nella lotta contro la droga. San Patrignano nasce a Coriano (Rimini) nel 1978 dallo stesso Muccioli, il quale era rimasto colpito dall’emarginazione sociale che subivano i tossicodipendenti all’epoca. Infatti, l’Italia del ’78 stava vivendo un periodo difficile: il boom dell’eroina. È proprio Muccioli a tendere la mano per primo: il suo obiettivo è garantire assistenza gratuita a ragazzi dipendenti da sostanze e alle proprie famiglie. Ma non solo, Muccioli voleva fare molto di più: diffondere consapevolezza sul tema e chiedere leggi a favore degli emarginati. Attraversiamo la storia di San Patrignano per comprendere appieno il suo enorme contributo al tema della tossicodipendenza in Italia.
La storia e la battaglia di San Patrignano
La storia di San Patrignano comincia con una forte volontà e passione da parte di Muccioli e con il sostegno economico dell’imprenditore Gian Marco Moratti e della parlamentare Letizia Moratti: la comunità, in poco tempo, si è ampliata (nel 1986 contava 800 ospiti, nel 1995 ben 1400) e così si è acceso finalmente il dibattito su questa piaga sociale. Così, vedono la luce diverse associazioni di volontariato antidroga: l’organizzazione più importante è il Muvlad (Movimento unitario volontari lotta alla droga), fondato dallo stesso Muccioli e da Don Mario Picchi e Don Oreste Benzi. Il loro impegno ha permesso, nel 1990, la collaborazione alla stesura della legge Jervolino – Vassalli a sostegno dei tossicodipendenti. Con questa legge si attiva la sanzione amministrativa nei confronti del traffico, dello spaccio, della detenzione (nel limite della dose media giornaliera) e dell’assunzione di stupefacenti: perciò, lo Stato aiutava per la prima volta il tossicodipendente permettendogli di andare esente dalla sanzione amministrativa o penale a condizione che abbandonasse la droga seguendo un percorso di recupero.
Nel 1991 Muccioli e la sua famiglia donano i propri beni immobiliari a San Patrignano, diventando così la fondazione ed ente morale dello Stato italiano. Negli anni della sua storia vengono inaugurati: il Centro Medico per contrastare l’epidemia di AIDS, l’associazione internazionale Rainbow – International Movement Against Drugs per l’organizzazione di convegni sulla tossicodipendenza e l’evento WeFree Days che riunisce organizzazioni di volontariato italiane e non ed esponenti del mondo della scienza e della cultura. Nel 1997 l’impegno della comunità viene riconosciuto dalle Nazioni Unite e San Patrignano viene accreditata come ONG (organizzazione non governativa). A San Patrignano bisogna riconoscere l’impegno alla consapevolezza, l’amore per il prossimo e la battaglia fatta nella riduzione della criminalità. Nel 2013 il Segretario delle Nazioni Unite Ban Ki Moon si è rivolto così ai ragazzi di San Patrignano: «Qui siete campioni dei diritti umani. Continuate a seguire con compassione chi vi chiede aiuto e portate avanti questo impegno con passione. Non perdete mai questa forza. Il vostro è un messaggio di speranza che ogni ragazzo deve portare con sé quando rientra nella società. Il futuro è nei giovani».
Le controversie di San Patrignano: il lato oscuro di Muccioli
Nonostante i meravigliosi traguardi della comunità e dell’empatia diffusa sul tema, non si può dire che Muccioli non avesse una sorta di lato oscuro. Infatti, la storia di San Patrignano comprende sia momenti di orgoglio e felicità che momenti cupi e misteriosi, ovvero quando sono stati messi in discussione i metodi adottati dallo stesso fondatore nei confronti dei tossicodipendenti, definiti coercitivi: parole pesanti, percosse e privazioni. Le ombre di San Patrignano sono state rimesse in discussione nel 2020, dopo il lancio della serie Netflix (SanPa – Luci e Tenebre di San Patrignano), la quale si concentra sui processi giudiziari di Muccioli. Alessandro Rodino Dal Pozzo, presidente della comunità dal 2019, ha reagito negativamente al docufilm: «Si tratta di un racconto sbilanciato, che ha voluto spettacolizzare alcuni episodi drammatici che non raccontano la storia della Comunità in quasi quarant’anni e più di vita». Anche San Patrignano ha dovuto affrontare momenti difficili e la sua storia è tanto affascinante quando intricata e complessa: i metodi del fondatore erano spesso esagerati, ma la comunità si è evoluta e rinnovata nel tempo in modo da non cadere più nello stesso errore. Il presidente ammette che «In quel periodo sono accaduti innegabilmente fatti gravissimi […] ma sarebbe ingiusto attribuire a San Patrignano un metodo basato sulla coercizione e sulla violenza, quando la realtà è sempre stata quella di una grande famiglia, unita da uno spirito di solidarietà e fratellanza».
Parlando di fatti, famoso è il processo delle catene, quando Muccioli ha rischiato la condanna per maltrattamenti e sequestro di persona. Infatti, nell’autunno del 1980 i Carabinieri perquisirono la struttura e, nel canile, trovarono dei ragazzi incatenati. Nove anni dopo venne ritrovato a Terzigno (Napoli) il cadavere di Roberto Maranzano, un ragazzo ospite di San Patrignano. Quattro anni più tardi si scopre che il giovane fu ucciso a bastonate da altri tre ospiti della comunità e per depistare le indagini il cadavere di Maranzano fu trasportato fino a Terzigno, cercando di far credere che fosse un delitto legato alla criminalità organizzata. Muccioli venne assolto per tutti i capi d’imputazione nel 1990: per il caso di Maranzano, si pensò al favoreggiamento riconoscendogli l’attenuante per «L’avere agito per motivi di particolare valore morale o sociale». Inoltre, vennero allo scoperto alcuni suicidi (quelli di Natalia Berla, Gabriele De Paola e di Fioralba Petrucci): i ragazzi si erano gettati dalla finestra della stanza in cui erano stati chiusi. Altri testimoni hanno raccontati di varie violenze e soprusi, ma gli imputati vennero tutti assolti nel 2001 dal Tribunale di Rimini perché «Il fatto non sussiste». Perciò, la storia di San Patrignano ha anche accumulato tanti fatti negativi e misteri che ancora oggi non passano inosservati.
La comunità oggi
«San Patrignano è una casa, una famiglia per i giovani che hanno smarrito la strada, che hanno perso motivazione e devono riprendere un cammino fatto di autostima, di dignità, di responsabilità, di entusiasmo. Per i bambini che vivono il disagio di famiglie disintegrate in cerca della serenità perduta». In conclusione, San Patrignano ha teso la mano a tantissimi ragazzi, ha permesso alle famiglie di quest’ultimi di ritrovare la serenità e oggi gli ex tossicodipendenti possono vivere in pace: San Patrignano infatti aiuta a completare gli studi e ad ottenere una qualifica professionale. Tra i ragazzi che concludono il percorso, il 46% si laurea e il 90% trova immediatamente lavoro. Questo è possibile grazie ai settori di formazione, cinquanta all’incirca, che permettono al tossicodipendente di rifare il suo ingresso in società: tra questi ci sono la coltivazione, l’artigianato, il caseificio, il reparto di cucina e regia, il lavoro nel laboratorio grafico o nella tessitura, il corso per idraulici ed elettricisti, per odontotecnici e così via.
«È voglia di crescita personale che garantisce a chiunque lo desideri di completare gli studi interrotti, ottenere una formazione professionale e universitaria, recuperare i mestieri d’arte e la cura artigianale, acquisire una capacità che valorizzi le abilità personali. Perché avere un’istruzione aiuta a riacquistare fiducia in se stessi, significa poter progettare il futuro. È un mondo in armonia con l’ambiente in cui costruire una nuova cultura ambientale, sostenibile, attenta alla tutela del verde, votata all’agricoltura biologica, impegnata nella cura degli animali». (Dal sito ufficiale di San Patrignano)
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