Il teatro greco e la politica, riflessioni su democrazia e potere. Il teatro come strumento pedagogico e di inclusività.
Il teatro ha avuto origine nella Grecia antica, precisamente nell’Attica, tra l’VIII e il VII secolo a.C. Subito si formarono due generi:
-La tragedia, sentita come un rito civile che aveva il compito di educare ed elevare l’uomo tramite la celebrazione dei grandi miti religiosi e grandi eventi nazionali.
-La commedia, che si assunse il compito di parlare della vita quotidiana portando sulla scena i padroni e i servi, i soldati e i mercanti e tramite l’uso delle dell’ironia affrontava anche i difetti degli uomini.
Ad animare il dibattito attorno alla dicotomia che vede contrapposte tragedia e commedia, ci furono le opinioni di Platone e Aristotele.
Per Platone, il teatro greco suscita tra il pubblico sentimenti irrazionali, acuisce lo spirito di rivolta nei riguardi dell’autorità e dunque è elemento disgregatore. Per Aristotele, il teatro ha uno scopo educativo e un effetto purificatorio, catartico, quindi non nega che susciti sentimenti irrazionali ma asserisce che questi abbiano una funzione pedagogica.
Il Teatro greco alla fine svolse la funzione auspicata da Aristotele: era un vero e proprio evento collettivo, infatti potevano partecipare allo spettacolo dal 75% al 100% dei cittadini mentre i teatri moderni possono accogliere soltanto l’uno o il 2% della popolazione.
Ai poeti spettava l’educazione degli adulti, così come ai maestri l’educazione dei fanciulli. Proprio per questa funzione didattica volta a formare il cittadino della polis era necessario che fosse accessibile a tutti. A questo scopo, nel V secolo a.C. venne creato il theorikon, un fondo statale istituito da Pericle per consentire anche ai poveri di accedere alle manifestazioni teatrali. Il fondo proveniva dalle eccedenze statali, per questo motivo fu abolito dopo un secolo da Demostene che riteneva che quei soldi dovessero essere utilizzati per l’apparato bellico.
L’arcontato era la carica della magistratura più importante e tra i compiti che gli spettavano, doveva selezionare coloro che avrebbero sostenuto le spese per la scenografia, il coro e i poeti. I cori erano le parti dello spettacolo più pregne di contenuto ideologico, quindi tramite la scelta dei poeti si effettuava un controllo preventivo indiretto su ciò che veniva trasmesso al pubblico.
Un esempio eclatante dell’utilizzo del teatro greco a scopo politico e dei suoi effetti fu durante l’arcontato di Temistocle, 492 a.C.
Temistocle, convinto dell’imminenza dello scontro tra Grecia e Persia, scelse come poeta Frinico, che inscenò “La presa di Mileto”, che affrontava la rivolta ionica, causa delle guerre persiane e argomento di attualità, accaduta solo due anni prima. Per questa tragedia non fu adottato lo stratagemma della copertura mitica, per cui, il coinvolgimento diretto degli spettatori che avevano vissuto in prima persona l’evento narrato, causò grande sgomento e disordini e Frinico fu multato.
Poco attratto dalla politica, ma non per questo carente di funzione pedagogica, fu il teatro di Euripide, che durò quasi 50 anni. Il fulcro di questo fu l’agone verbale: dibattito tra il protagonista e un interlocutore che portano avanti due punti di vista completamente opposti e tramite le argomentazioni gareggiano per prevalere dialetticamente l’uno sull’altro. Un esercizio intellettuale praticato durante le lezioni di sofistica, che la maggior parte del pubblico non poteva permettersi, ma che, grazie al teatro, potevano sperimentare e apprendere.
Aristofane non fu un politico, ma un letterato, il suo teatro narrava di eventi quotidiani e compiva attacchi diretti e personali a esponenti dell’epoca. Ma fu comunque un teatro impegnato, infatti, durante l’arcontato di Alceo, 421-22 a.C., inscenò ‘’La pace’’, in un periodo in cui da ormai 10 anni imperversava la guerra del Peloponneso che vide protagoniste Sparta e Atene. In quell’anno era stata firmata la pace di Nicia, una tregua che avrebbe dovuto durare 50 anni. La commedia venne inscenata in un clima di fervore ottimistico che presto si rivelò illusorio.
Dunque, non solo le tragedie ebbero un intento pedagogico, ma anche il genere comico tramite l’utilizzo dell’arma della satira e delle critiche costruttive nei confronti delle istituzioni e dei costumi come mostrarono Aristofane e Menandro.
Quindi, al contrario di quanto riteneva Platone, il teatro greco divenne, in Grecia, l’arma più potente di aggregazione nelle città e simbolo di una democrazia partecipata.
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