Se vi trovate a Napoli non potete non visitare il Toro Farnese al Museo Archeologico Nazionale. Il Toro Farnese, anche conosciuto come Supplizio di Dirce, è la copia romana di un gruppo scultoreo Ellenistico.
Il Toro Farnese è considerata la scultura più grande ritrovata appartenente al mondo antico. Il complesso marmoreo presenta delle dimensioni mastodontiche: è alto 3,70 metri ed è modellato su un unico blocco di marmo che pesa 24 tonnellate.
L’autore dell’opera è incerto, inizialmente fu attribuito agli artisti di Rodi (Apollonio di Tralle e suo fratello Taurisco) grazie agli scritti di Plinio il Vecchio. Egli afferma che la scultura fu commissionata alla fine del II secolo a.C. e fu tratta da un unico blocco di marmo. Successivamente fu poi trasferita a Roma da Rodi come parte dell’incredibile collezione di sculture e opere d’arte di un politico romano. Tuttavia, altre ipotesi più recenti hanno asserito che la scultura descritta da Plinio non fosse quella del Toro Farnese. Una recente scoperta ha attestato che l’opera inizialmente completava una fontana presso le terme di Caracalla, lo si capisce da un condotto per il passaggio dell’acqua che parte dal basso vicino ai piedi del toro e giunge all’estremità della scultura.
Il Toro Farnese riprende una scena famosa della mitologia classica: il supplizio di Dirce (la regina di Tebe) che fa parte del mito di Antiope narrato da Euripide nel 410 a.C. Secondo il mito Antiope fu sedotta da Zeus e dal loro incontro sessuale nacquero due gemelli: Anfione e Zeto. Il padre di Antiope non accetta né la gravidanza né il comportamento giudicato “eccessivamente leggero” della figlia; per questo motivo, chiede al fratello Lico (re di Tebe) di prenderla con sé e punirla, i gemelli sono accuditi da un pastore. Antiope diventa la sua schiava e viene maltrattata anche dalla moglie Dirce, gelosa della sua bellezza. Dopo anni Zeus aiuta Antiope a scappare, quest’ultima va al monte Citerone dove avvenivano i preparativi per la festa di Dioniso. Lì incontra nuovamente Anfione e Zeto e racconta le torture subite da Dirce, la moglie di Lico. I figli decidono di vendicare la mamma e legano Dirce ad un toro, viene trascinata fino alla morte (il Toro Farnese rappresenta proprio quest’ultima scena). La composizione piramidale e il verismo analitico sono caratteristiche che ne fanno un gruppo esemplare dello stile scultoreo di Rodi.
Il Toro Farnese fu rinvenuto nelle terme di Caracalla a Roma nel 1545 durante gli scavi commissionati da papa Paolo III allo scopo di recuperare antiche sculture per abbellire la sua residenza di palazzo Farnese (Roma). La scultura, insieme al resto della collezione di antichità Farnese, fu prima ereditata da Carlo di Borbone, figlio di Elisabetta, ultima discendente della famiglia Farnese, e poi trasferita a Napoli per volontà di Ferdinando IV di Borbone nel 1788, quando si ultimò il trasferimento della raccolta nella capitale del regno.
Fonte immagine ” Toro Farnese: storia e caratteristiche”: Marie-Lan Nguyen (2011), Wikipedia