Il Carnevale è una festività particolarmente sentita e diffusa in Italia: fin dalle settimane che precedono questo giorno, le strade si colorano di coriandoli e stelle filanti, le tavole si riempiono di dolciumi e piatti tipici che variano da regione a regione, i bambini – ma anche gli adulti! – si divertono a travestirsi, personificando i propri personaggi preferiti, e in diverse città i festeggiamenti prendono vita attraverso manifestazioni particolari.
Il Carnevale più noto è sicuramente il Carnevale di Venezia, caratterizzato da eleganti maschere e costumi caratteristici conosciuti e amati in tutto il mondo; segue, poi, il Carnevale di Viareggio, con i suoi enormi e maestosi carri allegorici. Vi sono, però, altri carnevali molto importanti, con alle spalle una tradizione secolare, che si tengono in diverse zone d’Italia: tra questi, vi è il Carnevale di Ivrea, in Piemonte, celebre per la spettacolare Battaglia delle Arance. Questo Carnevale è uno dei più antichi del nostro Paese, nonché l’unico a conservare ancora alcune tradizioni presenti fin dal Medioevo.
Come si svolge oggi la Battaglia delle Arance, divenuta icona del Carnevale di Ivrea, e quali sono le sue origini? Scopriamolo insieme.
Il Carnevale di Ivrea oggi, tra divise colorate e strade tappezzate da arance
Innanzitutto vediamo in cosa consiste oggi la celebrazione del Carnevale di Ivrea, che ogni anno attira centinaia di turisti provenienti da tutta Italia. Canonicamente, i giorni di festa sono tre: il giovedì grasso, il sabato grasso e la domenica; tuttavia, l’effettivo arco temporale lungo il quale si svolge il cerimoniale va ben oltre questi tre giorni, estendendosi dal giorno dell’Epifania fino al martedì grasso – giorno in cui cade effettivamente il Carnevale.
Il 6 gennaio di ogni anno viene, infatti, presentato alla città il nuovo Generale: questo, accompagnato dal suono della Banda dei Pifferi e Tamburi, si reca assieme al Corteo Storico (ancora non al completo) fino alla Cappella dei Tre Re sul Monte Stella per la tradizionale offerta dei ceri al Vescovo.
Nelle due domeniche che precedono la festa vera e propria; si hanno due importanti cerimonie: la cerimonia della Prise du drapeau e quella dell’Alzata degli Abbà, alle quali si uniscono altre cerimonie quali quella delle fagiolate benefiche nei quartieri periferici, che vede la partecipazione del Generale e dello Stato Maggiore.
Il primo giorno di festa ufficiale, ovvero il giovedì grasso, vi è la sfilata dei carri allegorici, a cui seguono festeggiamenti che proseguono per due giorni. Alla sera del sabato grasso, sul balcone del Municipio, viene presentata la figura della mugnaia alla folla; segue, poi, una festa collettiva, che include uno spettacolo di fuochi d’artificio sul fiume Doria.
I festeggiamenti del Carnevale di Ivrea proseguono con la domenica, primo giorno della Battaglia: qui viene presentato il Corteo Storico al completo, guidato dalla mugnaia, seduta su un cocchio dorato trainato da tre cavalli bianchi. Nel corso della battaglia, le squadre a piedi, rappresentati il popolo, si scontrano con le squadre sui carri, che rappresentano le armate del tiranno. Non sono esenti dalla battaglia i passanti e i visitatori: chiunque desideri evitare di essere bersagliato dai lanci delle arance, invece, è obbligato ad indossare un Berretto Frigio rosso – che viene venduto su numerose bancarelle presenti lungo le strade di Ivrea.
Le squadre a piedi sono nove, ciascuna di esse formata da centinaia di arcieri, che indossano costumi colorati con campanelle alle caviglie e con casacche legate in vita. Ogni squadra occupa una zona fissa e indossa una propria divisa; i nomi delle diverse squadre sono: Picche, Morte, Tuchini, Scacchi, Pantere, Arduini, Diavoli, Mercenari e Credendari. Al termine della battaglia, il martedì grasso, premia una specifica squadra di arancieri, che si è distinta per coraggio, tecnica del lancio e lealtà nel corso della Battaglia.
Tendenzialmente, anche i bambini di Ivrea, nel corso del Carnevale, indossano la divisa della propria squadra di riferimento (che può essere quella del quartiere in cui vivono, quella a cui appartengono i genitori o, semplicemente, quella che prediligono): è molto difficile, quindi, vedere bambini eporediesi mascherati con i tradizionali costumi di Carnevale. In caso ve lo steste chiedendo: sì, anche i bambini partecipano alla Battaglia! Fino ai 12 anni, però, è consigliabile che si rechino nelle apposite zone da tiro baby, dove i tiratori sui carri sono decisamente meno irruenti e dove vengono distribuite arance più piccole e morbide, onde evitare che i più piccini si facciano male.
La Battaglia delle Arance non è, ovviamente, esente da polemiche riguardo gli sprechi alimentari: ogni anno vengono, effettivamente, lanciate ben 600 tonnellate di arance! Si tratta, però, di arance particolari, non adatte all’uso alimentare; inoltre, al termine del Carnevale, queste vengono raccolte da terra e riutilizzate come concime naturale per uso agricolo.
Particolarmente significativa, infine, è la cerimonia dell’Abbruciamento degli Scarli, che chiude simbolicamente il Carnevale. Vengono eretti cinque scarli (ossia dei pali alti avvolti di fascette d’erica, con in cima una piccola bandiera tricolore), uno per ogni rione; in seguito, il Generale, lo Stato Maggiore e gli Abbà raggiungono, attraverso una marcia a cavallo lungo le strade di Ivrea, le varie piazze dei rioni. Qui, un Abbà, munito di fiaccola, infiamma gli arbusti alla base dello scarlo: si dice che, se la fiamma sale rapidamente, incendiando il tricolore posto in cima, il rione di riferimento sarà segnato dalla buona sorte per tutto l’anno successivo. Dopo l’incendio dell’ultimo scarlo (quello del Borghetto), il Generale e lo Stato Maggiore smontano da cavallo, proseguendo a piedi assieme al Corteo fino alla piazza Ottinetti, accompagnati dalla marcia funebre – eseguita dalla banda di Pifferi e Tamburi. A piazza Ottinetti viene eseguita, per l’ultima volta, la marcia del Generale; dopo di che la festa si chiude con la frase in dialetto canavesano Arvëdse a giòbia a ‘n bòt (Arrivederci all’una di giovedì), con la quale ci si dà appuntamento al carnevale successivo.
Le origini del Carnevale di Ivrea, tra storia e leggenda
Tendenzialmente, le origini del Carnevale di Ivrea si possono far risalire intorno al XVI secolo: all’epoca, la festa veniva gestita dai cinque rioni della città, in rivalità tra loro. Caratteristica di quel periodo era la sfilata degli Abbà: si trattava di ragazzi scapestrati che interpretavano, in maniera parodistica, la carica di comandanti della Milizia del Libero Comune. Questo aspetto della manifestazione è mantenuto tutt’ora, con il ruolo degli Abbà interpretato da bambini scelti in rappresentanza dei vari rioni – due bambini per ogni rione, per un totale di dieci bambini. A partire dall’età napoleonica, si è poi deciso di unificare tutte le varie celebrazioni rionali in un’unica manifestazione: il controllo del Carnevale fu affidato a un gruppo di cittadini, i quali decisero di indossare l’uniforme dell’esercito napoleonico. Nasce, così, la figura del Generale (nonché quella dello Stato Maggiore), tutt’ora presente alla manifestazione come simbolo dell’autorità municipale. In questo periodo ha origine, inoltre, un’altra cerimonia meno conosciuta, che però è ancora parte di festeggiamenti del Carnevale di Ivrea: quella della Prise du drapeau, durante la quale viene consegnata una bandiera all’Alfiere dello Stato Maggiore. Al fianco del Generale, durante il corteo, vi è un’altra figura importantissima: quella della Vezzosa Mugnaia, simbolo della libertà e della rivolta popolare e protagonista vera e propria del Carnevale d’Ivrea.
La figura della mugnaia si è affermata a partire dal 1858, e si ispira a una leggenda parecchio importante per gli eporediesi, poiché dimostra come il popolo si sia sempre ribellato alle ingiustizie dei potenti: la leggenda della mugnaia Violetta. Secondo la leggenda, Violetta era una bellissima fanciulla, figlia di un mugnaio della città, riconosciuta da tutti per il lungo cappello rosso che portava. Violetta era promessa in sposa all’amato Toniotto, ma era desiderata anche da un potente tiranno locale: l’uomo aveva imposto lo ius primae noctis, secondo il quale le giovani appena sposate avrebbero dovuto concedersi al signore feudale, piuttosto che al marito, durante la prima notte di nozze. L’astuta Violetta decise di nascondere un coltello tra i suoi lunghi capelli e, giunta al castello del tiranno, riuscì a far ubriacare quest’ultimo per poi tagliargli la testa: questo diede inizio alla rivolta dei cittadini, che abbatterono il castello.
Sebbene si tratti, appunto, di una leggenda, la vicenda della mugnaia Violetta si ispira a fatti realmente accaduti. La figura del tiranno si può, infatti, ricondurre a quella di due usurpatori realmente esistiti e contro i quali gli eporediesi sono realmente insorti: la prima è quella del Conte Ranieri di Biandrate, il cui feudo, ovvero il Castello di San Maurizio (detto Il Castellazzo), fu distrutto dai cittadini nel 1194; la seconda è quella del marchese Guglielmo VII del Monferrato. La mugnaia, invece, rappresenta probabilmente una figura simbolica, ma è tutt’ora presente come protagonista delle celebrazioni del Carnevale d’Ivrea: questa viene rappresentata da una giovane cittadina eporediese scelta dal Comitato organizzatore del Carnevale. La ragazza veste con i colori della bandiera nazionale – abito bianco, berretto rosso e coccarda verde – e la sua identità viene rivelata solo la sera del sabato di Carnevale, quando si affaccia al balcone del Municipio.
Perché il lancio delle arance?
Come abbiamo detto, il momento più famoso e spettacolare del Carnevale di Ivrea è quello della Battaglia delle Arance, quando le diverse squadre, seguite dai cittadini, combattono tra di loro a colpi di arance per le strade della cittadina. Ma da dove deriva questa tradizione?
Si dice che le origini risalgano addirittura al Medioevo, ancora una volta come simbolo di insurrezione cittadina. Ai tempi, infatti, i feudatari avevano l’abitudine di regalare, una volta all’anno, una cesta di fagioli al popolo: interpretando questo gesto come un ridicolo contentino per sopperire ai soprusi a cui i cittadini erano costretti a sottostare, le varie famiglie iniziarono a lanciare con disprezzo i fagioli fuori dalla finestra. Nel corso degli anni, questo gesto di ribellione ha preso vita attraverso diversi oggetti: prima gli stessi fagioli, poi coriandoli, lupini, confetti e infine le arance, che si sono affermate come l’icona del Carnevale eporediese. La scelta di questo frutto sembra essersi affermata a partire dagli inizi del XX secolo, quando le arance erano considerate un frutto esotico, per cui particolarmente adatto al corteggiamento: si dice, infatti, che le fanciulle fossero solite tirare frutta e ortaggi dai propri balconi per attirare l’attenzione dei giovani viandanti.
Avete mai avuto occasione di visitare Ivrea durante il periodo del Carnevale? Siete curiosi di partecipare alla spettacolare Battaglia delle Arance?
In evidenza: la Battaglia delle Arance del Carnevale di Ivrea, da Wikipedia