Re Artù in Puglia, la presenza del leggendario sovrano britannico tra i personaggi del mosaico nella cattedrale di Otranto
Re Artù è uno dei personaggi più famosi della letteratura medioevale, ricordato come il sovrano che governò Camelot assieme ai suoi fidati Cavalieri della Tavola rotonda, il marito di Ginevra e il figlio di Uther Pendragon. È citato, per la prima volta, nel volume di cronache Historia Regum Britanniae di Goffredo di Monmouth del XI secolo, è il protagonista di diverse leggende e ballate inglesi, ma anche di romanzi cavallereschi del poeta francese Chrétien de Troyes (autore in Lingua d’Oil) e di molti film e di serie televisive.
La fama di re Artù e del Ciclo bretone giunse anche in Italia nel corso del Medioevo. Nel Belpaese ci sono diversi luoghi curiosi legati a questa saga: famosa è la presenza di una “spada nella roccia” nella Chiesa di San Galgano a Chiusdino (in provincia di Siena).
Re Artù in Puglia, il meraviglioso mosaico della cattedrale di Santa Maria Assunta nel comune di Otranto
Abbandonando la Toscana, esiste anche un ulteriore celebre luogo dedicato al mitico sovrano britannico; ma dobbiamo spostarci verso il Mezzogiorno, precisamente a Otranto, in Puglia. Nella cattedrale di Santa Maria Annunziata della cittadina in provincia di Lecce, edificata seguendo lo stile romanico, esiste un meraviglioso mosaico realizzato tra il 1163 e il 1165 dal monaco Pantaleone su ordine del vescovo locale. Tra le raffigurazioni del mosaico abbiamo le vicende narrate dal libro la Genesi (Adamo ed Eva nel Paradiso terrestre, i loro figli Caino ed Abele e l’Arca di Noè durante il Diluvio universale), l’episodio Torre di Babele, alcune scene che ammoniscono circa la pericolosità dei vizi e il buono delle virtù, le immagini dell’Inferno e del Paradiso e la presenza di due sovrani: uno storico (ossia Alessandro Magno) e l’altro leggendario (Artù). Il tutto è unito dall’Albero della vita, che racconta queste storie favolose ai pellegrini.
Due sovrani tra loro diversi: il macedone e il britannico
Pantaleone rappresentò i due re in maniera diversa. Nel caso di Alessandro Magno, il chierico lo raffigurò vestito con indumenti che ricordano gli imperatori di Costantinopoli, mentre si innalza al cielo assieme a due grifoni, influenzato dalle molte leggende medievali sulla sua figura. Per quanto concerne il sovrano aiutato da Merlino nei suoi primi anni di regno, è piuttosto incerto il significato assunto dalla figura.
Re Artù (indicato come REX ARTVRVS nell’opera d’arte) appare con la corona e lo scettro ricurvo, abiti che ricordano i sovrani alto-medievali europei (quindi anacronistici in quegli anni), ma egli cavalca un caprone, un animale negativo associato al demonio e alla lussuria. Nei pressi del monarca sul caprone appare un altro essere mostruoso: il Gatto di Losanna. Un articolo pubblicato online da Emeroteca Digitale- Biblioteca Nazionale Braidese fornisce una spiegazione all’episodio dello scontro fra Artù e il Gatto di Losanna attraverso una note redatta dal filologo Francesco Novati. Nel romanzo cavalleresco Merlino, si racconta che il giovane re sconfisse i Romani; però, anziché proseguire verso l’Urbe e affrontarli in maniera definita, preferì rivolgere la sua attenzione ad una mostruosa creature che terrificava le terre elvetiche. Un gatto enorme con un aspetto demoniaco nato dalla collera divina contro un pescatore, reo di non aver mantenuto un voto. Il sovrano no riuscì a sconfiggere la bestia, bensì morì a causa delle ferite dopo lo scontro.
La tesi di Bellisario e l’impossibile conoscenza del Ciclo Bretone da parte di Pantaleone
Alla domanda circa la presenza di Re Artù in Puglia, lo studioso Giovanni Bellisario ha affrontato il problema nel suo articolo L’Enigma del re (pubblicato da Antikitera.net):
[..] il mosaico pavimentale della cattedrale di Otranto fu commissionato dall’Arcivescovo Gionata, primo vescovo latino della città, ed eseguito, presumibilmente da un monaco basiliano di nome Pantaleone, forse facente capo all’abbazia di S. Nicola di Casole, nel periodo tra il 1163 e il 1165. In quell’epoca la Puglia era in mano normanna da quasi un secolo. All’epoca della realizzazione del mosaico era re di Sicilia Guglielmo I, detto “il Malo”. Ritornando al nostro personaggio, appare opportuno richiamare qui quanto evidenziato da C.A. Willemsen nella sua opera sul mosaico. Riferendosi alla raffigurazione di Artù, piuttosto “fuori tema” quanto alla sua posizione nell’opera musiva, effettuata tra l’immagine della cacciata di Adamo ed Eva dall’Eden e la vicenda biblica di Abele e Caino, egli osserva: «Tre interrogativi si imporranno anzitutto all’osservatore, dopo che si sarà riavuto dalla sorpresa provocata dall’inattesa visione, vale a dire: quale avvenimento della vita di questo re così avvolto nella leggenda è qui raffigurato; perché egli è stato effigiato in una maniera così insolita; e, per finire, se e come può essere spiegato il suo inserimento proprio in questo punto».
Bellisario ha notato che le figure di Artù e del gatto di Losanna sono vicine a quelle di Caino e Abele, facendo supporre di trovarsi davanti allo scontro tra il Bene (Artù e Abele) contro il Male (il Gatto di Losanna e Caino). In realtà, stando alle sue ricerche, risulterebbe la presenza di diverse modifiche in quella sezione di mosaico nel corso dei secoli. La corona di Re Artù risulterebbe un aggiunta successiva, assieme alla scritta che indica il nome del personaggio. L’altro problema è l’arma, perché un nobile sovrano rifiuterebbe la spada per un bastone ligneo?
La tesi dello studioso locale è riassumibile così: Otranto e il resto della Puglia erano ancora influenzate dalla cultura bizantina, per questo sarebbe stato impossibile per i locali conoscere re Artù all’epoca, dal momento che la divulgazione delle opere di Troyes fu successiva al 1170, così come il famoso scontro con il Gatto di Losanna narrato nel poema Merlino. Insomma, il personaggio del mosaico risulterebbe una notevole aggiunta postuma alla realizzazione mosaico originale, quando la fama del sovrano giunse anche in Sud Italia grazie alla cultura normanna diffusasi in quegli anni.
Fonte immagine di copertina: Pubblic Domain Pictures