Wanderlust: la sindrome di chi ama viaggiare

Sindrome di Wanderlust

Chiunque ami viaggiare si sarà ritrovato piuttosto spesso a sentir parlare della famosa sindrome di Wanderlust – nota anche come sindrome del viaggiatore – che definisce la condizione, quasi patologica, di una persona che avverte il costante desiderio di viaggiare. Ma quand’è che tale desiderio si trasforma in una vera e propria sindrome? Beh, in realtà, è più comune di ciò che si pensi. A dirla tutta, possiamo affermare che si tratta di una vera e propria questione di genetica. Per cui, attenzione, potreste persino scoprire di essere affetti voi stessi dalla sindrome di Wanderlust!

Da dove nasce il termine Wanderlust

A discapito di ciò che molti erroneamente pensano, il termine Wanderlust non è di derivazione anglofona, ma è in realtà un termine di origine tedesca. La parola è un composto di due termini: wandern che significa camminare, e lust che significa desiderio. Nell’insieme il concetto indica un desiderio di esotismo, scoperta e viaggio. Il primo utilizzo del termine Wanderlust risale alla letteratura romantica tedesca del 1800, per poi espandersi anche in diversi ambiti artistici. Ci sono svariati esempi di questo sentimento nell’arte, a partire dalla letteratura di Goethe, per arrivare alla musica di Schubert e alla pittura, di cui l’esempio eclatante è Il viandante sul mare di nebbia di Friedrich.

Ma quand’è che un semplice concetto o sentimento diventa una sindrome?

Da un punto di vista clinico, la sindrome di Wanderlust non è semplice voglia di viaggiare, ma quanto più un bisogno necessario di andare oltre per ricercare un proprio sviluppo personale. Con sindrome di Wanderlust, si intende la condizione di chi non riesce a stare fermo nello stesso posto per troppo tempo. È stato dimostrato che esiste una componente genetica predisponente a questa condizione – si tratta del recettore dopaminergico D4 – che sembrerebbe essere presente nel 20% della popolazione mondiale. Inoltre, questi geni sembrano essere più frequenti nelle popolazioni i cui antenati migravano frequentemente e percorrevano grandi distanze.

Diversi studiosi hanno condotto ricerche sul gene DRD4-7R. Il primo fu Chuansheng Chen della University of California a Irvine, che nel 1999, mediante tecniche di biologia molecolare individuò le varianti del gene, e tra queste ce n’erano due in particolare che sono state associate ad un comportamento molto attivo, volto alla ricerca di nuove esperienze e avventure. Chen esaminò il gene in oltre 2000 individui, provenienti da 39 popolazioni, e dimostrò che le varianti del gene DRD4 erano più frequenti nelle popolazioni girovaghe rispetto a quelle più stanziali.

Dopo di lui altri famosi studiosi – come Luke Matthews della Harvard University, e Paul Butler, dell’Università di Boston – hanno condotto uno studio, pubblicato sull’American Journal of Physical Anthropology che avvalorava la tesi di Chen. Più ci si allontana dall’Africa, infatti, più aumenta la presenza della variante del gene DRD4. Secondo uno studio condotto da National Geographic le persone affette dalla sindrome di Wanderlust – noti come Wanderluster – sono geograficamente collocate in aree del mondo in cui storicamente i viaggi sono sempre stati incoraggiati e, addirittura, corrispondono ad un identikit ben preciso. Parliamo di persone che hanno bisogno di avventura, voglia di scoprire il mondo, aperte mentalmente e propense ad affrontare rischi.

Il lato negativo della sindrome di Wanderlust 

Vi è, però, un lato negativo. Sembra infatti che la sindrome di Wanderlust porti con sé anche una continua insoddisfazione personale che spinge sempre a cercare appagamenti altrove. Potrebbe essere intesa anche come una tendenza a scappare da una quotidianità non soddisfacente per compensare con esperienze nuove rispetto alla monotonia di tutti i giorni. Ad esempio, durante l’adolescenza, l’insoddisfazione dovuta alle restrizioni vissute in casa o nella propria città possono alimentare questo desiderio di allontanarsi e viaggiare.

Il gene DRD4 è stato rinominato anche come il gene della Wanderlust, e sono migliaia coloro che oggi cercano di scoprire se ne sono portatori o meno. Il sociologo Robert Park vede nella Wanderlust un rifiuto delle convenzioni sociali. Per Alain Montandon, il concetto stesso corrisponde al richiamo delle persone lontane, di ciò che è al di là del presente e del mondo reale, e questo vagabondaggio estetico prende la forma di una fuga dal mondo nella speranza di trovare sé stessi.

I wanderluster sono attratti dall’ignoto, dal cambiamento e aspirano a sentirsi vivi, mentre stazionare troppo a lungo in un luogo li fa sentire in gabbia. Sono propensi a provare nuovi cibi, a vivere una vita sessuale disinibita e a comunicare senza freni. La libertà è un requisito indispensabile per coloro che hanno la sindrome di Wanderlust.

Sognatori, folli o ribelli che siano, i Wanderluster amano connettersi con l’energia e la frenesia che si cela dietro ad ogni nuovo viaggio o esperienza. La felicità di poter vivere e raccontare esperienze da ogni angolo del mondo è ciò che li rende liberi e pieni di vita.

E voi, vi sentite più Wanderluster o preferite la quotidianità?

Fonte immagine: Wikipedia 

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