Il visual kei è un genere musicale nato e sviluppatosi principalmente in Giappone a partire dagli anni ’80 del ‘900.
Esso è caratterizzato dall’uso, da parte dei membri dei gruppi, di make-up più o meno pesante, vestiti elaborati e fantasiosi, parrucche o acconciature appariscenti, e spesso, ma non sempre, gli artisti visual kei sono riconoscibili per il loro aspetto androgino. Il genere potrebbe essere associato al glam rock di origine occidentale, ed effettivamente molti sound del vkei riportano al mondo del heavy metal, punk rock e sottogeneri simili; tuttavia, specialmente agli inizi, esso si distingueva come un genere musicale prettamente giapponese a sé stante, con stili e idee propri. L’aspetto visivo, appunto, non è da considerarsi un’aggiunta, un di più all’esibizione, ma parte integrante di essa e non opinabile. Gli esponenti del vkei sono istrionici, i loro movimenti, la gestualità e la voce (nel caso dei cantanti) sono elementi fondanti di un vero e proprio spettacolo. Fatta eccezione per qualche sporadico gruppo femminile, il visual kei si compone prevalentemente di artisti uomini.
Etimologia del termine
Il nome deriva dall’unione di due parole, visual e kei (in giapponese 系, stile), quindi da rendere in italiano come “stile visivo”. Esso trarrebbe la sua origine da uno slogan inventato dagli X JAPAN, una delle principali band visual kei e fra le fondatrici dello stesso: Psychedelic Violence Crime of Visual Shock (presente sulla copertina dell’album BLUE BLOOD, del 1989). I membri del gruppo hanno dichiarato che il fautore di tale termine altisonante fosse Hide, il loro chitarrista, e che fosse stato pensato come sostituto di un’iniziale etichetta attribuita agli artisti del genere, vale a dire l’okeshou kei (お化粧系, letteralmente “stile del trucco”). Definito come inconsistente dalla band, esso fu scartato, e al suo posto fu preferita una definizione che aderisse e calzasse perfettamente con le caratteristiche della musica e delle performance di queste band. Il visual kei doveva scioccare e stregare al primo sguardo.
Fra trucchi e parrucche: storia del visual kei (decennio ’80-’90)
Agli albori della sua storia, il vkei era considerato un’espressione in ambito musicale delle numerose culture e sub-culture del mondo underground e indipendente in Giappone, al pari, ad esempio, di quella degli yankii, divenuti celebri anche grazie alla loro diffusa rappresentazione in media popolari come i manga. Fra le maggiori band vi erano gli X JAPAN, i BUCK-TICK, i Dead End, i D’Erlanger e i COLOR. Due furono le case discografiche a giocare un ruolo fondamentale nella promozione della musica vkei in madrepatria e all’estero sin dal loro anno di fondazione, il 1986: la Extasy Records, situata a Tōkyō, e la Free-Will, associata invece alla città di Ōsaka. La Extasy fu fondata dal batterista degli X JAPAN Yoshiki (figura centrale dell’industria musicale giapponese ancora oggi) e ha contribuito all’ascesa di altri gruppi estremamente famosi come i Luna Sea e i Glay, oltre ad aver anche colonizzato il suolo statunitense e aver prodotto e promosso persino artisti americani. La Free-Will, invece, ebbe come fondatore il cantante e leader dei COLOR Dynamite Tommy e tuttora si occupa di lanciare band nel Paese e in ambito internazionale. Dagli anni ’90 il riscontro da parte del pubblico e il successo per i gruppi crebbe in modo esponenziale, facendo raggiungere alla vendita di album quali Taboo e Seventh Heaven (dei BUCK-TICK) o Blue Blood e Jealousy (degli X JAPAN) cifre davvero da capogiro. Nel 1992 gli X JAPAN tentarono anche di farsi strada all’interno del mercato musicale americano con un album firmato negli USA, ma purtroppo il progetto non andò in porto. In quegli stessi anni nacquero numerose altre band, agevolate e galvanizzate dall’exploit che il visual kei stava vivendo, tra cui i Malice Mizer, i Kuroyume, i Dir en grey, i Mucc e i L’Arc-en-Ciel (anche se successivamente si sarebbero allontanati dal genere). Nel ’97 Hide degli X morì in circostanze misteriose (si pensa ad un suicidio o un incidente), nel ’99 anche Kami, il batterista dei Malice Mizer, perse la vita a causa di un’emorragia cerebrale. Tali avvenimenti provocarono in poco tempo lo scioglimento di entrambe le band. In poco più di dieci anni il visual kei conobbe la propria nascita, visse un periodo di splendore e cominciò a declinare in concomitanza con dei tragici eventi che segnarono – secondo il giornalista Steve McClure di Billboard – il passaggio dalla prima era del vkei alla seconda.
Il Neo visual kei: dagli anni 2000 a oggi
La seconda ondata visual kei iniziò con il nuovo millennio e si differenziò dalla prima per diversi fattori, in primis la maggiore eterogeneità di stili musicali proposti dalle band. Esse cominciarono a sperimentare musicalità diverse, che andavano dal rock tradizionale del primo movimento al pop, e, da questo momento in poi, si svilupparono nuovi sottogeneri, ognuno con tratti specifici e peculiari; rimase anche l’attenzione per il look degli artisti, anzi, forse si potrebbe dire che crebbe ulteriormente. Il mondo vkei, seppur non più particolarmente produttivo su scala nazionale, continuò ad attirare pubblico oltreoceano grazie alla propria eccentricità. In questo periodo nacquero band come i The Gazette, gli Alice Nine e i Girugamesh, ma emersero anche singoli artisti quali Miyavi (ora celeberrimo anche al di fuori del Giappone e non più accostato al visual kei), Kaya (ex membro degli Schwarz Stein), mentre vecchie glorie del decennio passato continuarono la propria carriera da solisti – come ad esempio Gackt, divenuto uno delle più grandi pop star del Giappone – o si unirono a nuove unit, come nel caso di Mana, che da ex chitarrista dei Malice Mizer fondò i Moi dix Mois ed è diventato una figura di spicco della moda visual kei. Dal 2010 in poi, numerosi sono stati i gruppi a conquistarsi un ruolo di maggiore rilievo in questo contesto musicale: da citare vi sono i Versailles, i Matenrou Opera, i Nocturnal Bloodlust (i quali hanno contribuito alla rottura dello stereotipo del cantante vkei come solamente femmineo, grazie all’estetica non canonica del vocalist Hiro) e i Mejibray. Nonostante il successo che ottengano tali band sia notevole, seppur minore rispetto al passato, molti critici sostengono che il visual kei abbia perso di smalto e che sia divenuto soltanto una “moda”. Anche gli stessi musicisti appartenenti alla prima “onda” si sono espressi criticamente nei confronti del moderno vkei, affermando che gli artisti seguano ormai un canone musicale e che quindi i suoni finiscano per assomigliarsi, ma soprattutto, come nota Sugizo dei Luna Sea, “non si riesce ad avvertire la loro anima nella musica”.
Sottogeneri del visual kei
Kote-kei: corrente derivante dalla vecchia scuola anni ’90 del vkei, caratterizzata per un uso estremo e volto a scioccare dei colori, di accessori scenici e teatrali come il sangue finto e di abiti spesso vicini al gusto BDSM;
Tanbi ha (耽美派, scuola estetica): esempi calzanti di questo sottogenere sono Mana, Kaya e i Versailles. Gli artisti tanbi ha ricercano melodie influenzate dalla musica classica, i vestiti di scena traggono ispirazione diretta dalla moda barocca e rococò. In tale corrente è usuale notare determinate dinamiche di ruoli fra i membri della band, per cui spesso il leader otterrà la parte di principe e un musicista di spicco, invece, la parte della principessa (Kamijou e Hizaki dei Versailles riflettono esattamente ruoli simili);
Oshare-kei: appartenenti all’oshare kei vi sono band come gli AN CAFE, gli LM.C e i SuG. Lo stile si pone come un’alternativa più fresca, vivace e giovanile all’estetica rinomatamente dark del classico vkei, tramite l’uso di abiti ispirati alla moda street-style e sonorità pop nelle canzoni;
Kote-osa: un sottogenere che fonde gli elementi dark del kote kei con la musica pop più mainstream dell’oshare. Band vicine allo stile kote osa sono gli Alice Nine e i Nightmare;
Angura-kei: l’angura kei è talvolta considerato un genere a parte rispetto al classico visual kei e il suo nome deriva dall’unione del termine kei, che già conosciamo, e angura, traslitterazione giapponese della parola inglese “underground”. Questa corrente è nota per il carattere dissacrante e provocatorio nei confronti delle istituzioni; gli artisti ricorrono a vestiti poco rispettosi, le tematiche dei brani e messe in scena sono spesso parodiche e il trucco degli artisti ricorda il kumadori del teatro kabuki.
Immagine di copertina: Wikicommons