Vita Activa di Hannah Arendt, 3 punti fondamentali

Vita Activa di Hannah Arendt, 3 punti fondamentali

Vita Activa di Hannah Arendt è un saggio originariamente pubblicato negli Stati Uniti d’America nel 1958 con il titolo The Human Condition e successivamente nel 1964 in Italia come “Vita Activa. La Condizione Umana”.

Questo lavoro nasce dall’approfondito studio di Marx e dall’analisi della tematica centrale del lavoro. Arendt cerca di esporre la sua teoria politica tramite un’analisi fenomenologica, escludendo la conoscenza scientifica e il pensiero filosofico, al fine di evidenziare la condizione umana. Lo scopo di Vita Activa di Hannah Arendt è quello di  riflettere sulla possibilità di agire in un mondo dominato dalla tecnologia e dal totalitarismo, recuperando il significato politico della “vita activa” tipica delle antiche città-stato greche.

Nello specifico, Arendt si concentra sull’analisi del pensiero, delle azioni umane e degli ostacoli che possono inibire il nostro pensare. Il concetto di “vita activa” è radicato nella tradizione occidentale del pensiero politico e deriva dal greco “bios politikos”, un concetto particolarmente tangibile nell’Atene di Pericle, dove l’impegno politico coinvolgeva attivamente il cittadino in un dialogo produttivo sia per sé che per l’intera comunità.

In Vita Activa di Hannah Arendt si separa la vita attiva dalla contemplativa, distinguendosi da quanto affermato da Aristotele e Platone. Questi due aspetti costituiscono i pilastri fondamentali della condizione umana.

Vediamo di seguito quali sono i tre punti fondamentali di Vita Activa di Hannah Arendt

  • IL LAVORO

Il lavoro è il primo punto fondamentale di Vita Activa di Hannah Arendt. Esso, infatti, rappresenta l’attività primaria associata alla condizione umana dell’animal laborans, colui che si occupa del proprio sostentamento o di quello degli altri. Il suo frutto tende a dissolversi rapidamente nel momento stesso del consumo, lasciando poco o nulla dietro di sé. Ogni lavoro, inoltre, è destinato a ripetersi costantemente, poiché sfuggire al ciclo produzione-consumo diventa impraticabile se si intende sopravvivere.

Il lavoro si svolge esclusivamente entro i confini dei processi naturali e continua per l’intera durata della vita. L’attività lavorativa segue un percorso circolare definito dall’organismo vivente, impossibile da liberare poiché l’uomo è intrinsecamente legato alla necessità di rinnovare il proprio ciclo biologico perennemente. Il lavoro genera beni di consumo, i quali rappresentano le entità materiali meno durevoli in quanto tendono a deperire rapidamente se non utilizzati, rientrando nel ciclo vitale da cui hanno avuto origine.

  • OPERA

Il secondo concetto fondamentale in Vita Activa di Hannah Arendt riguarda l’attività umana delle mani, distintamente separata dal semplice lavoro corporeo. Questa attività, chiamata “operare“, caratterizza ciò che Arendt definisce “homo faber“. L’homo faber crea, agisce e si differenzia dall'”animal laborans” che lavora e si fonde con il proprio prodotto. L’homo faber dà forma alla varietà di oggetti che costituiscono l’ambiente umano, il mondo artificiale che lo circonda. Questi oggetti non sono solo beni di consumo, ma strumenti d’uso che forniscono all’uomo una stabilità e un benessere che il semplice lavoro non potrebbe garantire.

Mentre il lavoro porta a un consumo immediato e necessario, l’operare si lega all’uso a lungo termine. Inoltre, questa caratteristica consente agli oggetti creati dall’opera umana di acquisire una certa indipendenza rispetto al loro creatore.

La civiltà, dunque, deriva dall’opera umana e dalla sua capacità di creare strumenti che permettono di modificare il mondo, consentendo all’uomo di dominare la natura stessa. Il passaggio dalla materia naturale al materiale è un segno dell’intervento umano che sposta gli oggetti dalla loro collocazione naturale, interrompendo processi vitali o trasformando i prodotti naturali in oggetti utili.

  • AZIONE

L’azione è l’ultimo punto necessario da analizzare in Vita Activa di Hanna Arendt.  L’azione rappresenta il modo in cui gli esseri umani interagiscono tra loro senza l’intermediazione di oggetti naturali o artificiali, esprimendo al contempo la pluralità del mondo umano, ossia la presenza di molteplici individui anziché uno solo. L’azione e il discorso fungono da fondamenta per le relazioni umane, caratterizzando l’uomo come un essere politico.

L’azione è peculiare degli esseri umani in quanto animali sociali. Attraverso l’azione, l’uomo rivela la sua natura. Quando l’uomo non riesce a trovare spazio per agire, rimane isolato e può diventare vittima di pregiudizi ed egoismi che lo portano verso la sopraffazione, rifiutando l’opportunità di realizzarsi, di esprimere creatività e cultura.

Molte abilità umane come il pensiero, la creatività, il lavoro e la volontà possono essere esercitate anche in solitudine, ma l’azione è un’attività che mette direttamente in relazione gli esseri umani, favorendo la sua manifestazione grazie proprio alla pluralità umana.

L’azione rappresenta un inizio: storicamente, le azioni portano a un cambiamento, introducendo innovazione nel corso del tempo e rendendo ciascuno di noi unico rispetto agli altri. Nel corso della vita umana, l’azione assume un significato profondo, andando oltre la routine quotidiana e le necessità biologiche.

In Vita Activa di Hannah Arendt l’azione politica è intesa come una possibilità di recuperare un senso di unità e autenticità per l’uomo. Questa forma di azione permette agli individui di rivelarsi agli altri come portatori di valori disinteressati, sottolineando la ricchezza dell’agire politico.

Fonte immagine: Freepik

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