Carlo Goldoni nasce a Venezia il 25 febbraio del 1707. Seguirà gli studi di filosofia prima a Perugia e poi a Rimini, ma la sua unica passione sin da quando era piccolo è sempre stata il teatro, che lo porterà alla fuga dalla città romagnola per seguire una compagnia di attori. L’elemento della fuga è ricorrente nella vita di Goldoni: pensiamo ad esempio alla fuga dagli studi di filosofia, per poi passare al teatro e ancora poi dedicarsi agli studi di giurisprudenza.
Un momento centrale nella vita e nella formazione teatrale di Goldoni è quello dell’incontro con il capocomico del teatro veneziano di San Samuele da cui rimarrà molto segnato, tanto che tornerà a Venezia e da questo momento in poi inizierà a comporre le sue prime opere teatrali. Durante questi anni Goldoni porta alla luce un nuovo modo di fare teatro: la sua commedia sarà accusata più volte da importanti scrittori dell’epoca di immoralità e volgarità. Anche quando lo scrittore si trasferirà a Parigi per ricoprire il ruolo di autore teatrale, il suo teatro non viene ben visto dagli spettatori e dai colleghi, ciò lo porterà nuovamente a uno stato di squilibrio, alternando la carriera da scrittore a quella da insegnante. Con la Rivoluzione Francese Carlo Goldoni sperimenterà un periodo di grande miseria e in questo stesso stato morirà nel 1793.
Cosa si intende per riforma del teatro goldoniana?
La riforma del teatro goldoniana prevedeva una serie di nuovi provvedimenti intrapresi dal commediografo. Prima di tutto, Carlo Goldoni elimina l’elemento dell’improvvisazione tipico del teatro dell’epoca, egli scrive i testi nei minimi dettagli così da lasciare poco spazio a questo elemento per gli attori, i quali dovranno semplicemente attenersi e recitare quanto scritto sul copione. Inoltre questi testi non presentano più un linguaggio aulico, bensì un linguaggio popolare e schietto, con l’uso del dialetto molto ricorrente. Altra modifica molto importante riguarda l’eliminazione delle maschere le quali rendevano gli attori dei semplici stereotipi sul palco: con Goldoni gli attori possono mostrarsi in volto, e ciò rende i personaggi caratterizzati psicologicamente. L’eliminazione della maschera è fondamentale perché avvicina gli spettatori ai personaggi, in questo modo risulta più facile provare sentimenti empatici nei loro confronti proprio perché si mettono a nudo sul palco.
La locandiera di Carlo Goldoni
Carlo Goldoni nel corso della sua vita ha scritto circa 200 commedie in italiano e in dialetto veneziano, ma tra queste prendiamo in analisi La locandiera scritta nel 1752. Questa commedia è divisa in tre atti ed è incentrata sul personaggio di una locandiera di nome Mirandolina che ogni giorno si trova a dover rifiutare numerose proposte amorose dei clienti sul suo posto di lavoro.
Nel primo atto la locandiera dopo aver ricevuto lusinghe da parte di due uomini, un nobile decaduto e un mercante arricchito, rimarrà incuriosita da un uomo, il Cavaliere di Ripafratta, particolarmente misogino, l’unico che non ha alcun desiderio di corteggiarla. Qui ha inizio un lungo monologo da parte della donna che, offesa dal suo comportamento, afferma che farà di tutto affinché il Cavaliere si innamori di lei.
Nel secondo atto, durante un pranzo al quale partecipano anche i due personaggi iniziali e due donne che si fingono dame pur di ottenere delle lusinghe da questi, la locandiera cercherà di mostrarsi altamente indipendente agli occhi del Cavaliere per ammaliarlo. Quando quest’ultimo minaccerà di lasciare il pranzo infastidito dal comportamento delle due donne attrici, Mirandolina fingerà di piangere prima di svenire proprio davanti a lui, facendo sì che anche il Cavaliere cada nel suo tranello e si innamori di lei.
Il terzo e conclusivo atto di questa famosissima commedia di Carlo Goldoni si apre con ben tre uomini invaghiti della donna, ma a questi si aggiunge un quarto uomo, il cameriere Fabrizio, al quale la donna era stata affidata dal padre in punto di morte. Il cameriere si dichiara a Mirandolina ma riceverà un rifiuto. Nel frattempo il Cavaliere caduto nel tranello era ormai in preda alla passione amorosa e proprio mentre era sul punto di dare inizio a un duello con il Conte decaduto, la protagonista, soddisfatta di aver raggiunto il suo obiettivo, dichiarerà di voler sposare il cameriere Fabrizio.
La commedia si conclude con un monologo della locandiera con cui mette in guardia gli spettatori sulla furbizia delle donne e sul potere che le loro lusinghe nascondono e proprio questa era la finalità etica che Carlo Goldoni con La locandiera ha voluto portare sul palco tra ironia e introspezione psicologica.
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