Che cosa vuol dire Wabisabi?
Da non confondere con il ‘’wasabi’’ (pasta dal colore verde e dal sapore particolarmente piccante, usata nella cucina giapponese), il Wabi-Sabi (侘寂) costituisce una filosofia giapponese che risale al XIV secolo e si basa sui concetti di transitorietà e semplicità.
Perfetto o imperfetto? Questo potrebbe essere il dilemma nel definire questa concezione filosofica, ma cerchiamo in questo articolo di fare una distinzione tra le due parole Wabi (侘) e Sabi (寂).
Cenni alla filosofia buddista giapponese
La filosofia buddista è entrata a far parte della nostra cultura occidentale da diversi anni. Grazie allo yoga, alla meditazione e all’arte tibetana, noi europei non siamo estranei al pensiero introspettivo rappresentato dal buddismo. Il Giappone è davvero un Paese “spirituale” e probabilmente non è una coincidenza che le parole che significano “visione del mondo” e “concetto di sé” abbiano origine nella lingua giapponese.
Wabi e Sabi sono entrambi associati a un senso di desolazione e solitudine. Nella cosmologia buddista Mahayana, queste possono essere viste come caratteristiche positive che significano la liberazione dal mondo materiale e la trascendenza in una vita più semplice. Tuttavia, il pensiero buddista Mahayana afferma che la vera comprensione attraverso le parole è impossibile e l’approccio corretto può essere quello di accettare il Wabi-Sabi in modo non verbale.
Le parole Wabi e Sabi sono originariamente concetti religiosi, ma oggi sono spesso usate in modo piuttosto disinvolto nella lingua giapponese. Qui si può notare la natura sincretica del sistema di credenze giapponese. Secondo la visione buddista, questo stile di vita porta a un’esistenza più semplice e appagante. Okakura Tenshin, alias Okakura Kakuzo, scrisse nella sua opera del 1902, Il libro del tè, che la parola Wabi è molto spesso tradotta come ‘imperfetto’. Da un lato, il Sabi descrive lo stato di deterioramento delle cose. D’altra parte, il fisico e scrittore Torahiko Terada descrive la parola come “la bellezza che trapela dall’interno delle cose vecchie e non ha nulla a che fare con il loro aspetto esteriore, come ad esempio una roccia ricoperta di muschio, ha questa bellezza”.
Significato di Wabi (侘)
In origine Wabi significava vita solitaria nella natura, lontano dalla società, semplicità, tranquillità ed eleganza in natura. Oggi Wabi invece significa semplicità rusticità, freddezza e tranquillità, e può essere applicato a oggetti naturali o creati dall’uomo, o a una sobria eleganza. Può anche riferirsi a stranezze e imperfezioni che si verificano nel processo di produzione e che aggiungono unicità ed eleganza agli oggetti.
Significato di Sabi (寂)
In origine, Sabi significava “freddo”, “povero” o “avvizzito”, ma a partire dal XIV secolo circa questi significati cambiarono e assunsero connotazioni più positive. Nel giapponese moderno, Sabi è la bellezza e la serenità delle cose quando invecchiano, quando la loro longevità e impermanenza sono accentuate dalla patina, dall’usura e dalle riparazioni visibili.
Il Wabisabi nell’arte e nell’arredamento giapponese
Dato il profondo legame con la natura implicito nel significato di Wabisabi, è facile immaginare i materiali preferiti per l’arredamento giapponese. I materiali sono il legno con le sue bellissime venature, le pietre dalle forme irregolari, il lino con le sue trame asimmetriche, le ceramiche artistiche, la carta grezza, bambù, terra e terracotta di ispirazione mediterranea che completano il design del Wabisabi: sono tutti materiali destinati all’usura e tendenti all’imperfezione.
Data la gamma di materiali che caratterizzano lo stile Wabisabi, la tendenza alla sostenibilità è quasi scontata. Il legno, la pietra e il bambù contribuiscono alla creazione di spazi sostenibili, mentre i mobili di recupero possono essere ricercati perché ricchi di storia. Anche i colori riflettono lo stile minimalista dell’arte Wabisabi e seguono una tavolozza determinata dalla scelta dei materiali. Pertanto, al bianco naturale si preferiscono i beige caldi, i colori della terra e le tonalità di grigio. Anche il rosa e il verde salvia non sono da escludere.
Wabisabi e Yugen
Se il Wabisabi è il modo giapponese di vivere l’imperfezione, allora scoprire la bellezza delle cose imperfette può anche portare alla tranquillità e all’eleganza dello spirito che si ottengono dalla felicità che ne deriva. Questo concetto è ben racchiuso nella parola giapponese “Yugen”, anch’essa molto difficile da definire. Yugen si riferisce alla quiete e al movimento, e soprattutto alla quiete della mente e dell’anima umana.
Tuttavia, “Yugen” è anche un equilibrio di elementi visivi che, una volta raggiunto, dà l’impressione di essere in presenza di qualcosa di soprannaturale. Andrew Juniper afferma nel suo libro Wabi Sabi: The Japanese Art of Impermanence che se un oggetto o un’espressione evoca in noi una tranquilla malinconia e un entusiasmo spirituale, allora quell’oggetto può essere definito Wabi-Sabi.
Richard R. Powell riassume invece il concetto dicendo che il Wabisabi nutre tutto ciò che è autentico accettando tre semplici verità: nulla dura, nulla è finito, nulla è perfetto. Non è banale fermarsi ad apprezzare le imperfezioni reali e concrete che caratterizzano non solo le cose ma anche le persone. Se avessimo più spazio, ci renderemmo conto che il perfezionismo è una malattia che porta solo sofferenza e scoraggiamento. Se vedete il Wabisabi con gli occhi e lo sentite con il cuore, forse riuscirete a intravedere una bellezza che prima non potevate vedere o sentire.
Fonte immagine in evidenza: Foto di Peter Hempel da Pixabay
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