Castoro: dopo secoli torna a ripopolare l’Italia

Il castoro di nuovo in Italia dopo quattro secoli | Riflessioni

Dopo 450 anni dalla sua estinzione locale, unitamente a svariati sforzi di protezione e reintroduzione compiuti in tutta Europa sin dalla seconda metà del secolo scorso, il castoro sembra aver fatto nuovamente capolino in Italia: un esemplare è stato, infatti, recentemente avvistato in Friuli Venezia Giulia. All’incirca nel corso di novembre 2018 un cacciatore di Tarvisio e un forestale regionale della stazione di Pontebba, in provincia di Udine, hanno osservato e fotografato alcuni salici profondamente scortecciati; simili tracce sono usualmente caratteristica degli ungulati ma, in questo caso, hanno suscitato sospetti. Nell’incertezza dell’attribuzione riguardo all’eccezionale avvistamento, si è avviato l’iter scientifico per capire se davvero si trattasse di un “ritorno”: pertanto, il Museo Friulano di Storia Naturale ha coinvolto Renato Pontarini, ricercatore del Progetto Lince Italia, in collaborazione con Luca Lapini del suddetto Museo, al fine di individuare l’autore delle anomalie mediante l’impiego di trappole videofotografiche e sensori di movimento: tali verifiche hanno confermato la presenza di un castoro – il primo sul territorio italiano da almeno quattro secoli – lungo lo Slizza, torrente che scorre in territorio friulano fino all’Austria, confluendo nel Danubio. «Speravamo che prima o poi sarebbe accaduto – commenta Pontarini – ma non pensavamo così presto. Negli ultimi mesi ho seguito anche la popolazione di castori in Carinzia, in Austria, che è florida e in aumento, dopo la reintroduzione avvenuta tra gli anni Settanta e Novanta del secolo scorso, ma questo animale ha risalito lo Slizza controcorrente per molti chilometri in poco tempo. Anche le lontre hanno seguito la stessa strada, giungendo in Italia dalla Carinzia e dalla Slovenia»

Un po’ di storia: verso l’estinzione del castoro nelle fonti

I reperti sub-fossili, risalenti a circa 8.000 anni fa, testimoniano la presenza del castoro nell’Italia nord-orientale ma la specie europea si è estinta nel corso del XVI secolo, a causa della caccia spietata all’animale per la sua pelliccia, folta e idrorepellente, per l’utilizzo delle sue carni e per l’elevato valore del castoreum, un olio dall’odore muschiato prodotto dall’animale. Probabilmente dovuto all’accumulo nelle ghiandole del castoro di acido acetilsalicilico (principio attivo dell’aspirina) estratto dal salice, di cui il castoro si ciba, questo olio era in passato utilizzato come base per la fabbricazione di profumi e per le sue proprietà medicamentose. I Romani facevano largo impiego del castoreum: è citato da Celso, Plinio il Vecchio, Varrone, Quinto Sereno Sammonico, tant’è che, nel suo editto sui prezzi, l’imperatore Diocleziano incluse anche il prezzo delle pelli di castoro.

È possibile che la caccia incontrollata attuata in età romana avesse prodotto in età Medievale un iniziale declino della specie, rendendola rara ma non ancora estinta: Dante nel XVII canto dell’Inferno colloca i castori in Germania (“E come là tra li Tedeschi lurchi/ lo bivero s’assetta a far sua guerra”), il poeta fiorentino di XIV secolo Fazio degli Uberti, nel suo Dittamondo, poema didascalico di ispirazione dantesca, lo situa negli acquitrini del ferrarese (“Ne’ suoi laguni un animal ripara/ ch’è bestia e pesce, il qual Bevero ha nome”). Le ultime citazioni del castoro in Italia sono contenute nelle opere dei naturalisti Conrad Gessner e Ulisse Aldrovandi, attivi tra Cinquecento e Seicento: plausibilmente, dunque, gli ultimi avvistamenti di castori nel nostro paese risalgono al XVI secolo.

Reintroduzione e vantaggi dell’attività del castoro per l’ecosistema

All’inizio del XX secolo l’intera popolazione europea di castori era ridotta ad appena 1200 esemplari, diversificati in sole otto popolazioni; è solo da pochi decenni che molte nazioni europee hanno avviato progetti per la sua reintroduzione, reimmettendo la specie in Svizzera (Canton Ticino) e in Austria (Carinzia, Valle del Gail).      «Il castoro – spiega Luca Lapini – ha una funzione di architetto e gestore degli ecosistemi che è assolutamente strepitosa», pertanto, la recente scoperta ha un grandissimo valore ecologico, dato il ruolo-chiave del castoro nel creare le condizioni ideali per l’incremento della biodiversità nelle aree fluviali che frequenta, grazie alla sua nota abitudine di costruire sistemi di dighe, dai quali sorgono bacini lungo i fiumi che favoriscono lo sviluppo di un ricco micro-ecosistema.

«Le condizioni ambientali – continua Pontarini – sono adatte, poiché vi è abbondanza di alberi ripariali come ontani e salici, di cui il castoro si nutre, e le cause delle estinzioni non ci sono più»: si auspica, dunque, dopo la plurisecolare assenza dal nostro territorio, che in condizioni così favorevoli questo esemplare avvistato in Friuli possa essere il capostipite della nuova popolazione italiana di castori, tornando a colonizzare con le sue abilità “ingegneristiche” le aree del nostro paese che un tempo costituivano il suo habitat naturale.

[L’immagine in evidenza è stata tratta da Poixabay

A proposito di Adele Migliozzi

Laureata in Filologia, letterature e civiltà del mondo antico, coltivo una grande passione per la scrittura e la comunicazione. Vivo in provincia di Caserta e sono annodata al mio paesello da un profondo legame, dedicandomi con un gruppo di amici alla ricerca, analisi e tutela degli antichi testi dialettali della tradizione locale.

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