Le giocate di Michael Jordan: le 10 più iconiche

Le giocate di Michael jordan: le 10 più iconiche.

I canestri e le giocate di Michael Jordan: le 10 più iconiche, quelle che devi conoscere

Michael Jeffrey Jordan, nato a Brooklyn il 17 Febbraio 1963, noto anche come MJ o His Airness per gli appassionati di basket, viene considerato uno dei più grandi (se non il più grande) giocatori della storia della pallacanestro.
Cresciuto dalla madre Deloris e dal padre James come quarto di cinque figli, Jordan frequentò la Emsley A. Laney High School di Washington dove contemporaneamente alla pallacanestro, intraprese una carriera anche in altri sport come baseball e football americano, nei quali però ebbe discreti ma non eccelsi risultati.

L’inizio della carriera nella pallacanestro

Dopo aver conosciuto la palla a spicchi grazie alla costruzione di un mini-campetto nel giardino di casa per opera del padre, il giovane MJ inizia a giocare per i Laney High School Buccaneers, squadre del liceo, per 2 anni, prima di venir scartato dall’allenatore per la sua altezza considerata non consona. All’inizio del suo quarto anno al liceo raggiunse il metro e novanta, ed entrò finalmente in prima squadra nel ruolo di guardia tiratrice, dove scelse di indossare per la prima volta il numero 23, omaggio per suo fratello Larry. In seguito, Jordan scelse come proseguo per i suoi studi e carriera sportiva l’Università della Carolina del Nord a Chapel Hill, dove al primo anno riuscì a vincere il titolo NCAA, grazie anche ad un suo “buzzer beater”, ovvero un canestro allo scadere, che ha deciso la finale collegiale davanti a più di 60 mila spettatori più i milioni che hanno assistito alla partita alla televisione.

Nel 1984 decide di lasciare in anticipo il college per dichiararsi eleggibile al Draft NBA dell’84, venendo selezionato dalla franchigia dei Chicago Bulls come terza scelta assoluta, dove occuperà il ruolo di guardia tiratrice all’interno del roster. Durante la stessa estate, venne convocato dal team USA per le olimpiadi negli Stati Uniti, dove vinse il suo primo oro, e firmò un contratto esclusivo con l’azienda Nike, la quale ideò la famosa linea “Air Jordan”, ispirata alle doti atletiche del giocatore.

Dopo un inizio difficile all’interno della Lega NBA, tra problemi all’interno della franchigia e la forte competizione, come i Lakers di Magic Johnson, i Celtics di Larry Bird o i famosi “Bad Boys” dei Detroit Pistons, la carriera di Michael Jordan in NBA decollò all’inizio degli anni ’90, dove sempre con i Bulls, oltre a vari trofei personali come quelli di “MVP”, cioè di miglior giocatore della stagione e quello di “DPOY” ossia miglior difensore dell’anno, alla fine del triennio ’90-’93 riuscì a realizzare un “three-peat”, ovvero la vittoria di 3 titoli NBA di seguito, riuscito a poche squadre nella storia del gioco del basket.
Con la nazionale statunitense, partecipò e vinse i giochi olimpici estivi di Barcellona nell’estate del 1992. Jordan fu una delle tante stelle della nazionale, soprannominata “Dream Team”, considerata da molti come la squadra di pallacanestro più forte di sempre: difatti al fianco di MJ figurarono altri campioni ed icone del basket a stelle e strisce e mondiale, tra cui Magic JohnsonLarry Bird, John Stockton, Karl Malone, Scottie Pippen, Charles Barkley, Pat Ewing e tanti altri.

Poco dopo la vittoria del terzo anello nel 1993 però, la tragica morte di papà James R. Jordan Sr porta l’ormai atleta ed icona mondiale Michael Jordan prima al ritiro dalla pallacanestro e poi, in onore del padre, nel tentativo di una carriera nel baseball, con risultati pressoché modesti prima del ritiro in seguito.
All’inizio del 1995 il mondo del basket statunitense e mondiale venne colta di sorpresa. Difatti, iniziarono a circolare le voci di un possibile ritorno di MJ dal ritiro.
E così fu: tramite un comunicato stampa, contenente soltanto la frase «I’m back», cioè «Sono tornato», Michael Jordan tornò a vestire la casacca dei Chicago Bulls in NBA. Michael scelse la numero 45, numero suo preferito, prima però di ritornare al suo vecchio 23 al seguito di alcune frecciatine, il buon vecchio “trash talking”, da parte dei giocatori dei Magic, franchigia della città di Orlando, i quali in seguito ad una vittoria ai playoff a discapito dei Bulls di MJ affermarono come «il 45 non è forte quanto il 23». Da persona estremamente orgogliosa, Jordan così decise di ritornare al suo vecchio ed iconico numero di maglia durante la stagione ’95-’96.

Con un roster formato dai “big three”, ovvero le star della squadra Dennis RodmanScottie Pippen ed un Michael Jordan tornato in piena forma fisica, aggiungendo poi giocatori comprimari ma fondamentali come Steve Kerr, Toni Kukoc e Ron Harper, nel triennio delle stagioni ’95-98 i Chicago Bulls entrarono ancor di più negli annali della pallacanestro, portando a segno il secondo “three-peat nella storia della franchigia dei Chicago Bulls.

Le giocate di Michael jordan: le 10 più iconiche.

Il 14 Gennaio del 1999, al termine del lockout che posticipò l’inizio della stagione 1998-1999 a Gennaio, annunciò per la seconda volta il ritiro dalla pallacanestro, dedicandosi al suo secondo sport preferito, il golf, e alla gestione della franchigia NBA dei Washington Wizards. Il suo secondo ritiro però durò poco più di due anni. Difatti, il 25 settembre 2001 Michael Jordan decise di tornare in campo proprio con i suoi Washington Wizards da proprietario-giocatore, devolvendo lo stipendio alle vittime dell’attentato alle Torri Gemelle.

Al termine della stagione 2002-2003, dopo un paio di stagioni da 20 punti di media, Jordan si ritirò per la terza ed ultima volta. Lo stesso Michael, all’introduzione nella “Hall of fame” dell’NBA, scherzò sul numero di ritiri e su un suo eventuale ritorno in campo anche nei suoi 50 o 60 anni, nel celebre discorso dove pronunciò l’iconica frase «limits, like fears, are often just an illusion».

Nel corso della sua prestigiosa, tumultuosa ed illustre carriera, Michael Jordan ha vinto numerosi trofei e riconoscimenti, tra cui 6 titoli NBA6 MVP delle Finals5 MVP della stagione regolare1 Rookie dell’anno14 convocazioni all’All-Star Game1 trofeo di difensore dell’anno, 9 nominations all’All-difensive first team e 2 volte campione della gara delle schiacciate. Grazie a questi successi, His Airness si è guadagnato le prime (se non la prima) posizioni all’interno del GOAT debate, ovvero la classifica e discussione sui giocatori più forti di tutti i tempi, del basket e degli sport in generale.
Tra le centinaia di gesta sportive che lo hanno cementificato come un gigante della pallacanestro, ci sono 10 giocate iconiche di Michael Jordan che si differenziano per la loro spettacolarità. Esaminiamole nel dettaglio.

1 Chicago Bulls vs Boston Celtics, Gara 2 primo turno playoff NBA 1986.

Uno dei tanti duelli contro i più grandi giocatori dell’epoca e di sempre del gioco, Michael lo affrontò al secondo anno nella lega statunitense, quando dovette affrontare i leggendari Boston Celtics di Larry Bird, Kevin Mchale, Robert Parish e tante altre leggende della franchigia del “leprecauno” che a fine anno vinceranno il titolo. In questa partita, persa dai Bulls, Jordan dominò le azioni offensive della squadra di Chicago, marcando il tabellino con una prestazione da ben 63 punti.

In uno dei possessi, Jordan e Bird si ritrovarono 1vs1 con palla in possesso della stella di Chicago, il quale attacca il difensore, frena e con un rapido crossover ed un cambio di direzione brucia in velocità la stella dei Celtics, per poi alzarsi in un tiro dalla media all’indietro, con Bird che provò inutilmente a contestare il canestro già fatto.

Quella prestazione, insieme poi alle giocate eleganti ed efficaci nonostante la pressione e difesa di uno dei migliori di sempre, rappresentò uno dei momenti in cui la figura di Jordan si cementificò nel giro dei giocatori d’élite. Con Larry Bird che ai microfoni a fine partita dichiarò «Penso di aver visto Dio travestito da Michael Jordan.»

2 Schiacciata in testa a Mutombo: 13 Maggio 1997, Atlanta Hawks-Chicago Bulls, Gara 5 semifinali playoff Eastern Conference.

Dikembe Mutombo, uno dei difensori e stoppatori più famosi e forti della storia NBA di ruolo centro, durante la carriera di Jordan lo aveva più volte provocato dicendo che non era mai riuscito a schiacciargli in testa. Michael la prese sul personale.

Gara 5 delle semifinali playoff della conference est tra Chicago e Atlanta, Jordan taglia dietro il difensore, riceve palla dal compagno e dal fondo schiaccia in testa ad una mano proprio su Mutombo. Dopo la schiacciata, il 23 dei Bulls imitò la celebre esultanza di Mutombo del “no, no, no” con il dito, proprio in faccia al proprietario.
Una delle giocate di Michael Jordan più iconiche, ancora oggi simulata in ogni partita di livello o di strada.

3 Stoppata contro il passato: 17 Gennaio 2002, Chicago Bulls-Washington Wizards.

Nonostante i 38 anni e la carriera non proprio all’apice, MJ riuscì a regalare degli highlights anche durante la sua parentesi a Washington. Vuole il caso, uno fra questi proprio contro i Chicago Bullsil suo passato.
Azione in contropiede avversaria, la guardia Mercer riceve palla e sembra avere i 2 punti più semplici della sua partita. Ma non con His Airness in campo. Difatti Jordan lo inseguì e stoppò il tiro a due mani contro il tabellone, recuperando palla e lanciando i compagni in contropiede. Il classico del «botte vecchia fa buon vino»

4 Sospensione infinita: 12 Giugno 1991, Gara 2 NBA Finals, Los Angeles Lakers-Chicago Bulls.

Il soprannome “Air Jordan” non era dovuto soltanto alla sua personale marca di scarpe con Nike, ma era un dato fattuale, oggettivo, motivato. Questo perché l’atletismo di Michael Jordan, nel salto a canestro in particolar modo, dava l’impressione di come il 23 fluttuasse in aria mentre attaccava il ferro. Ed è proprio quello che avranno pensato Magic ed il resto dei Lakers in quelle finali che vedranno poi i Chicago Bulls vincere il primo dei 3 anelli consecutivi.

Durante il terzo quarto, con possesso offensivo Bulls, Jordan partì in penetrazione nell’area dei Lakers. Inizialmente si pensava ad una delle schiacciate alle quali Michael aveva abituato. Però vedendo lo schieramento difensivo, il 23 decise di cambiare mano in aria e tirare dalla parte opposta al ferro, concludendo con la mano sinistra.

Un tiro leggendario, descritto tutt’oggi come una delle giocate di Michael Jordan più iconiche della carriera, oltre che uno dei tiri migliori di sempre della pallacanestro.

Le giocate di Michael jordan: le 10 più iconiche.

5 Passaggio del testimone: 9 Febbraio 2003, All-Star Game, Michael Jordan vs Kobe Bryant.

L’ultimo All-Star Game, ovvero la partita dei migliori giocatori della Lega stagionali, della leggenda Michael Jordan si tenne ad Atlanta nel Febbraio del 2003, che rappresentò un tributo alla carriera di uno dei più grandi di sempre.
Non considerando il risultato della partita, il quale all’interno di questa partita non è di fondamentale importanza, un momento iconico non è una vera e propria giocata ma un particolare momento: durante una pausa di gioco, le telecamere ed il pubblico colsero Michael Jordan ed il promettente Kobe Bryant scherzare e conversare sul campo, in particolare la guardia e futura leggenda dei Lakers chiese al veterano dei Bulls, idolo e mentore, un paio di consiglisul gioco spalle a canestro.
Un momento visto dagli appassionati come un passaggio del testimone.

6 Il decollo: 7 Maggio 1989, Gara 5 primo turno playoff, Chicago Bulls-Cleveland Cavaliers.

Questo canestro segnò l’inizio di Jordan considerato come clutch player, ovvero giocatore decisivo nelle situazioni in bilico, e fece quasi da trampolino di lancio per la sua carriera.

In questa situazione, i Bulls erano sotto di 1 punto contro Cleveland, favoritissima. Da rimessa laterale a favore, Michael Jordan ricevette palla e, marcato stretto, attaccò il centro dell’area avversaria e saltò per effettuare un tiro in sospensione, rimanendo in aria più tempo del difensore, tirando in controtempo, con la palla che entrò perfettamente regalando la vittoria ai Bulls per 101-100.

Uno dei canestri più celebri di sempre.

7 The shrug: 3 Giugno 1992, Gara 1 NBA Finals, Portland Trail Blazers-Chicago Bulls.

Una partita che incoronò il 23 dei Bulls come il dominatore dell’NBA, eliminando ogni paragone con altri suoi colleghi. Questo perché in quella partita affrontò colui che sembrava fosse il suo unico rivale valido, ossia Clyde Drexler, che non se la vide benissimo sin dall’inizio.

Durante il secondo quarto, Michael Jordan riceve palla da 3 punti e senza esitare tirò e mise a segnò l’ennesima tripla della partita. In seguito al canestro, si immolò nell’esultanza detta “shrug”, ovvero “le spallucce” verso il pubblico o verso la panchina.  Questa esultanza si credette fosse per rispondere ai paragoni degli addetti ai lavori con lo stesso Drexler, o per scherzare con il caro amico Magic Johnson, seduto nelle prime file.

Una delle esultanze più iconiche di Michael Jordan all’interno della sua carriera e della storia dello sport della palla a spicchi.

8 The Flu game: 11 Giugno 1997, Gara 5 NBA Finals, Chicago Bulls-Utah Jazz.

La sera prima di Gara 5 del 1997, i giocatori dei Chicago Bulls sono in hotel a riposare prima della cruciale partita che potrebbe decidere le sorti della stagione e della corsa al quinto titolo della franchigia. Poco prima di addormentarsi, la stella di Chicago decide di ordinare una pizza la quale, una volta arrivata in stanza, viene analizzata e guardata in modo strano dallo staff in compagnia di MJ. Questo perché i tifosi dei Jazz erano a conoscenza della location dove avrebbero pernottato gli avversari, e non si voleva rischiare l’incolumità di qualche giocatore della squadra, in particolar modo della stella più grande che era in Jordan. Sta di fatto che il 23 mangia la pizza e, nel cuore della notte, lo staff medico della franchigia viene svegliato da una chiamata proprio dalla stanza di Jordan: non sta bene, febbre altissima, completamente disidratato, accusa dei forti dolori allo stomaco, nausea, sudorazione fredda e talmente debole da non riuscire ad alzarsi dal letto.

Questo tutta la giornata, finché nel pomeriggio, poco prima del riscaldamento, la stella dei Bulls, tra lo stupore di staff, compagni e media, decide di scendere in campo e giocare.

Il noto giornalista, telecronista sportivo e narratore Federico Buffa in compagnia del collega ugualmente noto Flavio Tranquilloinviati italiani negli USA per raccontare la serie di partite finali di stagione, descrisse Jordan come «un pugile che è già stato all’undicesimo round prima ancora che il match inizi», pallido, respira a fatica, sta seduto in panchina con il capo chino e l’asciugamani in testa.
«Non dovrebbe essere qui, eppure eccolo lì con la canotta numero 23» affermano i due telecronisti italiani. Ma non era sceso in campo solo per fare una comparsata.

Infatti Michael Jordan, dopo una prima parte in cui era in palese difficoltà fisiche, entra in trance agonistica: segna, corre, salta, stoppa, come se fisicamente non stesse soffrendo. «Il corpo non c’è più, ma la mente di MJ è più forte di tutto», afferma Federico Buffa. Nei 30 secondi finali, Jordan segna una tripla decisiva e, dopo la sirena che sancisce la fine della partita, crolla tra le braccia del compagno Scottie Pippen. Con questa vittoria, i Bulls si portano sul 3-2 nella serie, e due giorni dopo, in Gara 6, chiuderanno il discorso vincendo il quinto titolo NBA.

L’episodio viene ancora descritto come una delle più grandi ed iconiche imprese della storia del gioco della pallacanestro mondiale, confermando ancora di più lo status di Michael Jordan come il più grande competitor di tutti i tempi. Citando ancora una volta Federico Buffa, la sera del “Flu game”, il 23 in maglia Bulls «ha vinto questa partita due volte. Una contro i Jazz. L’altra contro il suo stesso corpo».

9 Air Jordan: 6 Febbraio 1998, All-Star Game weekend, Slam Dunk contest.

L’NBA Slam Dunk contest, ossia gara delle schiacciate, è una sfida tenutasi durante l’All-Star weekend, un breve periodo dell’anno dove la stagione dell’NBA si ferma per tenere una competizione più leggera e volta al puro intrattenimento, facendo partecipare un numero di superstar all’interno della Lega in varie gare, tra cui quella delle schiacciate, dove si proclama il vincitore tramite votazione, da parte di una giuria di esperti e/o giocatori, su una serie di schiacciate dei partecipanti.

Lo slam dunk contest del 1988 è considerato uno dei più grandi di tutti i tempi, vista la sfida tra 2 schiacciatorii d’éliteMichael Jordan, campione in carica, e Dominique Wilkins, soprannominato “The Human Highlight Film” per le sue potenti ma allo stesso tempo eleganti doti atletiche.

La gara è un testa a testa tra i due sfidanti, fino alla schiacciata finale di Jordan. Il campione in carica si va a posizionare dall’altra parte del campo, analizzando il da farsi e facendo salire la tensione alle stelle tra il pubblico.
Parte in corsa, accelera sempre di più, per poi staccare dalla linea del tiro libero con una spinta incredibile, permettendogli di coprire la distanza dalla linea al ferro di 4,57 metri. A metà volo, piega leggermente le gambecome se camminasse in aria, e mette a segno la schiacciata. Il pubblico è in visibilio, l’arena urla ed è gasata al massimo, il punteggio prende 49 punti sui 50 disponibili e Jordan vince di nuovo la gara.

Oltre per la bellezza atletica ed estetica, questa schiacciata è diventata leggendaria, una delle giocate di Michael Jordan più iconiche se non la più iconica tra tutte, anche per l’impatto avuto extra-campo: difatti, questo gesto, che prende il nome di “Jumpman”, è poi diventato l’immagine simbolo del famosissimo e diffusissimo ormai marchio d’abbigliamento Air Jordan dello stesso MJ sotto contratto Nike. Emblema di come Michael Jordan, in quel momento, è passato da star NBA ad icona globale.

10 The shot: 14 Giugno 1998, Gara 6 NBA Finals, Chicago Bulls-Utah Jazz.

Sesta gara della serie delle NBA Finals, i Chicago Bulls sono avanti 3-2 a discapito degli Utah Jazz di Stockton e Malone.

È una partita fondamentale per la squadra di MJ: se andassero sul 4-2, vincerebbero il loro sesto titolo e metterebbero a segno il secondo three peat, diventando l’unica squadra della storia ad ottenerlo. Senza contare che, come soprannominata dai giocatori di Chicago stessi, quella stagione era The last dance, ovvero l’ultima stagione che quel leggendario gruppo avrebbe vissuto.

Durante tutto l’arco della partita, c’è un testa a testa tra le due squadre, nessuna delle due vuole mollare un centimetro. A 28 secondi dalla fine, i Jazz sono in vantaggio di 1 punto, ed hanno il possesso della palla a spicchi. Per assicurarsi la vittoria, Utah dà palla spalle a canestro al loro giocatore chiave, Karl Malone, il quale ha giocato una partita e serie strepitosa tanto quanto il compagno Stockton. Come un leone in situazione di caccia, Jordan si avvicina silenziosamente al giocatore degli Jazz, allunga il braccio e ruba palla, con la possibilità dell’ultimo possesso per i Chicago Bulls con poco più di 20 secondi sul cronometro.

Il 23 avanza in palleggio, marcato da Bryon Russell. Si apposta sulla sinistra. Parte in palleggio, attacca il centro con la mano destrafrenacambio di mano e di direzione, mette a sedere il difensore, si arresta, lascia partire il tiro dalla media.

Solo retina. Chicago Bulls avanti 87-86 con 5 secondi dalla fine. «Quando Michael Jordan lascia andare quel pallone, il tempo si ferma, il destino è già scritto» pronuncia il telecronista italiano Federico Buffa. Alla ripresa del gioco, Stockton prova un tiro da 3 punti ma la palla va sul ferro e  finisce lontano.

I Chicago Bulls vincono il loro sesto anello nella storia della franchigia, e conquistano il loro secondo three peat.
Questo enorme traguardo fu raggiunto grazie all’ennesima giocata di uno dei giocatori migliori di tutti i tempi, che ha svoltato la storia di una franchigia e di un intero sport a livello globale. Sei Finals, sei anelli, sei finals MVP.

Proprio grazie alle varie giocate leggendarie divenute poi iconiche e alla mentalità da campione assoluto, Michael Jeffrey Jordan viene definito come uno dei più grandi, se non il più grande di sempre, ad aver mai calcato un campo da pallacanestro, ed uno dei più grandi atleti della storia di ogni sport.

Fonte immagini: depositphotos

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