Pietro Mennea: quell’oro in rimonta a Mosca 80

Pietro Mennea: quell'oro in rimonta a Mosca 80

Il 28 luglio 1980 Pietro Mennea scrisse una delle pagine più famose dell’atletica italiana vincendo i 200 metri ai Giochi Olimpici di Mosca.

Pietro Mennea entrò definitivamente nella storia dell’atletica il 28 luglio 1980, poco dopo le ore 20, quando vinse la medaglia d’oro nei 200 metri dei Giochi Olimpici di Mosca. Un’impresa che è rimasta nella memoria collettiva, con un valore che va oltre il dato sportivo: gli ultimi cinquanta metri di quella gara, infatti, sono diventati simbolo di rinascita.

Arrivare a quell’impresa fu faticoso sia per la federazione italiana, sia per lo stesso Pietro Mennea. L’Italia, infatti, non fu presente in versione ufficiale a quell’edizione dei Giochi: gli Stati Uniti li boicottarono come forma di protesta per l’invasione dell’Afghanistan da parte dell’Unione Sovietica, e chiesero l’adesione al boicottaggio da parte di tutti gli Stati del Patto atlantico (Nato). La rinuncia venne ufficializzata il 19 maggio dal Governo italiano, che invitò il Coni, cui spettava di decidere sulla partecipazione degli atleti italiani ai Giochi Olimpici.

Il massimo organo di governo del nostro sport si espresse a larga maggioranza a favore della partecipazione della squadra azzurra; a quel punto fu il ministro della difesa, Lelio Lagorio, a vietare agli atleti militari la partecipazione. Questi ultimi erano quasi tutti gli atleti di eccellenza degli sport individuali. Fatta eccezione per Pietro Mennea.

Il difficile percorso verso la finale

Pietro Mennea arrivò a Mosca in condizioni fisiche precarie, e con una forte pressione dovuta all’essere considerato il favorito sia nei 100 sia nei 200 metri, nonché per il fatto di essere campione europeo in carica in entrambe le distanze e primatista del mondo dei 200 metri con il 19 secondi e 72 centesimi stabilito l’anno prima, il 12 settembre 1979, a Città del Messico. Ciò nonostante, con l’allenatore Carlo Vittori, decise di partecipare già ai 100 metri, prima delle due gare in programma.

Una scelta che si rivelerà fondamentale nonostante l’eliminazione in semifinale, perché permise a Pietro Mennea di ricostruire, corsa dopo corsa, un minimo di condizione. Il 27 luglio affrontò con successo i due turni di qualificazione dei 200 metri ed il giorno dopo, nel pomeriggio, vinse la semifinale e si presentò, due ore dopo, al via della gara più importante della sua vita.

La finale di Pietro Mennea

A Pietro Mennea venne assegnata l’ottava corsia; il suo nome fu l’ultimo ad essere annunciato, allo stadio c’erano novantamila spettatori. Gli atleti della finale erano considerati, dal barlettano, dei veri e propri compagni di viaggio: Silvio Leonard (Cuba), Marian Woronin (Polonia), Bernhard Hoff (Repubblica Democratica di Germania), Donald Quarrie (Giamaica), Leszek Dunecki (Polonia), Osvaldo Lara (Cuba), Allan Wells (Gran Bretagna).

Al colpo di pistola Wells fu il più veloce a mettersi in moto. All’uscita del rettilineo Pietro Mennea era penultimo. La Freccia del Sud pensò che quella era l’ultima occasione per la vittoria olimpica: così ripartì, ripensando ai dieci anni di allenamento. Rimontò Woronin, Dunecki, poi Hoff; trenta metri alla fine e davanti c’era solo Wells. Le gambe e i piedi mordevano la pista, le ginocchia puntavano alto, di serrato e contratto c’era solo la mascella. Lo scozzese avvertì il rientro dal gridare del pubblico che si impennò. Due passi: erano pari. Un appoggio: Wells era dietro. La gara giunse al termine: Pietro Mennea vinse.

Fonte immagine: Wikipedia

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