Molti amanti del calcio, negli ultimi vent’anni, hanno potuto assistere a svariati cambiamenti apportati in ambito delle competizioni europee, il che porta ad una riflessione sulla UEFA e sulle decisione prese.
Questione economica
Per effettuare una corretta riflessione sulla UEFA bisogna di certo iniziare a parlare di tutto ciò che riguarda il dio denaro, colui che muove i remi nelle barche del calcio europeo. Ogni partita giocata nel vecchio continente, infatti, genera degli ingressi televisivi milionari che vengono, in gran parte, devoluti ai club che vi partecipano con un premio vittoria che si aggira intorno ai 700’000 euro. È comprensibile, fin da subito, che la UEFA cerchi di generare più introiti possibili da ogni partita, che ha portato alla ridistribuzione, in tempi recenti, della spartizione settimanale delle date giocabili, oltre che alla creazione di una nuova competizione, la Conference. Immaginate che la UEFA sia un proprietario terriero che mette a disposizione un ulivo ed affida il compito della raccolta a degli agricoltori (ovvero le squadre di calcio), pagati oltre il 50% degli incassi. Il proprietario sa che per guadagnare di più dovrà cercare di moltiplicare questa produzione, aumentando sia il periodo di raccolta che gli alberi a disposizione. Ecco, questo è ciò che è avvenuto. Non solo le partite sono state spalmate su tre giorni a loro volta divisi in due fasce orarie, ma è stata creata una terza competizione che, a detta loro, punti ad includere anche delle squadre di campionati “minori” che non avrebbero sempre la possibilità di giocare.
La Conference
Se stessimo parlando solo di introiti e produzione in questa riflessione sulla UEFA non ci sarebbe altro da aggiungere, se non fare un plauso per aver moltiplicato esponenzialmente i guadagni, sia per la federazione stessa che per i club. Il problema che fa storcere un poco il naso è proprio l’introduzione della Conference (la serie C europea per intenderci) motivata in quel modo. La domanda che qualcuno potrebbe porsi è “non sarebbe bastato ritornare ad una formula come quella della Coppa dei Campioni in cui tutti i vincitori delle leghe europee entravano di diritto?”. Ecco, ricollegandoci alla questione dei soldi la risposta, purtroppo, è no, poiché i paesi con cui poter generare più soldi sono proprio l’Inghilterra, la Spagna, l’Italia, la Germania e la Francia, facendo convenire l’apparizione di tre, quattro o cinque squadre per i paesi citati. Chissà come si sentirà chi ideò questa competizione con tutt’altri valori e obiettivi.
La Nations League
Così come il discorso Champions (e Conference), la Nations League è un altro tassello importante di questa riflessione sulla UEFA. La domanda che sorge spontanea è “era necessario?” Le altre federazioni continentali, infatti, non hanno pensato di creare una sorta di campionato tra nazionali diverso dalla Coppa (nel nostro caso l’Europeo). Ancora una volta, economicamente, tutto fa brodo, quindi altro plauso ai direttori economici della federazione che hanno aumentato la competitività di partite relativamente tranquille, (quali le amichevoli) rischiando di creare più stanchezza ed infortuni agli atleti chiamati in nazionale. Se solo si riuscisse a trovare il modo di creare una competizione europea tra nazioni in cui tutte vi partecipino non sarebbe di certo ottimo per gli affari.
Israele e Russia
Essendo una riflessione sulla UEFA, quindi calcistica, entrare nel merito di discorsi politici non è l’obiettivo. Di conseguenza non ci sarà una vera espressione sulle due guerre in atto, bensì sulla decisione di escludere l’una piuttosto che l’altra. Quello che manca qui è la chiarezza, poiché stiamo parlando di due nazioni impegnate in un conflitto armato, che crea vittime e non saranno loro a lamentarsi di una partita di calcio. L’unica domanda che viene spontanea porgere è “perché l’una si e l’altra no, qual è la differenza tra queste due guerre a livello calcistico?” Magari non c’entra proprio nulla il calcio, ciò non toglie che l’augurio è quello di ritornare a vedere le nostre culture incrociarsi per novanta minuti in un clima di pace.
La condizione dei calciatori
Al giorno d’oggi gli atleti sono iper controllati e il rischio di lesioni dovrebbe essere minimo. Il condizionale, in questa ultima riflessione sulla UEFA, è d’obbligo, poiché il numero di infortuni non accenna a calare, in particolare, per chi è impegnato non solo in campionato, ma anche in Europa e con le nazionali. Già perché se il dio denaro non guarda in faccia a nessuno ed ogni giocatore è relativamente sostituibile, a questo punto meglio spremerli fino all’osso, fin quando, esausti, non crollano in mezzo al campo per la fatica. Allora, cara UEFA, dopo tutte queste piccole riflessioni, senza immergersi troppo a fondo negli zeri prodotti e nelle dinamiche su cui sapientemente ti sei difesa, è davvero ciò che ti sei imposta o fa comodo nascondersi dietro il “noi lo facciamo per i tifosi”? Perché in questo caso, i tifosi, preferiscono mille volte vedere la propria squadra al completo giocare e lottare in una singola partita piuttosto che vedere uno spezzatino condito da infortuni e scelte discutibili.
Fonte immagine: Wikimedia Commons, UEFA