Tamberi e Barshim, rivali in pedana e grandissimi amici nella vita, entrambi uniti da quell’oro condiviso a Tokyo.
Quella di Tamberi e Barshim è una storia incredibile. Un oro olimpico a Tokyo inseguito fino a quota 2,37 metri, tutti salti riusciti al primo tentativo e poi tre errori ciascuno a 2,39 (primato personale e italiano di Gianmarco Tamberi; nel 2014 Mutaz Barshim si era spinto fino a 2,43, a 2 centimetri dal record del mondo di Javier Sotomayor), il giudice di gara chiede ai due saltatori in alto se vogliono continuare a saltare o dividersi l’oro. L’hanno condiviso, entrando per mano nell’Olimpo e saldando per sempre un’amicizia.
Tamberi e Barshim si sono conosciuti nel 2010 al mondiale junior di Moncton, in Canada. Quell’edizione è stata vinta dal saltatore qatariota, mentre Gianmarco non è riuscito a qualificarsi per la finale. Dopo la vittoria Gimbo salta addosso a Mutaz e si presenta.
Tra Tamberi e Barshim nasce un rapporto che cresce sempre di più tra i meeting di atletica, mondiali indoor e all’aperto; il saltatore di Doha è un talento assoluto, l’unico considerato in grado di ritoccare un primato mondiale vecchio 28 anni, la mezza barba del marchigiano arriva al pubblico prima del suo genio in pedana, il primo oro azzurro (mondiale indoor di Portland) è datato 2016, a quel punto Mutaz ha già conquistato l’Asia più volte e il mondo a Sopot 2014.
Tamberi e Barshim hanno avuto lo stesso infortunio. Gimbo si lesiona il legamento della caviglia sinistra, quella di stacco, il 15 luglio 2016 a Montecarlo, tre settimane prima dei giochi di Rio che sognava di sbranare, invece guarda da spettatore non pagante con il gesso al piede. Mutaz lo imita il 2 luglio 2018 in Ungheria, nel terzo tentativo a 2,46.
Tamberi e Barshim nei giorni cupi del gesso si sono sostenuti, confidati ed hanno pianto uno sulla spalla dell’altro. La sintonia tra i due saltatori è stata totale: stessa disciplina, stessa caviglia, stesso recupero difficoltoso. Il qatariota dice di essersi ispirato a Tiger Woods, sopravvissuto alle disavventure personali e all’operazione alla schiena.
I padri di Tamberi e Barshim sono entrambi allenatori, Mutaz è cresciuto nel mito del padre Essa Mohamed di origine sudanese, prima atleta e poi coach di un piccolo club di Doha. Anche nel caso del marchigiano a tracciare la strada è stato il padre saltatore Marco, due volte primatista italiano e finalista ai giochi di Mosca 80.
Moon e Kennedy come Tamberi e Barshim
La statunitense e la canadese condividono l’oro ai mondiali come Tamberi e Barshim a Tokyo. Festa per due e grande sportività nella finale femminile di salto con l’asta ai mondiali a Budapest. La statunitense e campionessa olimpica Katie Moon e l’australiana Nina Kennedy hanno condiviso la vittoria grazie al regolamento. Entrambe le atlete avevano superato la misura di 4,90 metri con lo stesso numero di tentativi ed hanno deciso di fermare la gara e non sfidarsi con una misura superiore.
Fonte immagine: Eurosport Italia