Dal 21 al 23 marzo 2025 è approdata al TRAM di Napoli l’anteprima di “AdA.”, con Sara Esposito, Sebastiano Gavasso e Valerio Lombardi, scritto e diretto da Sara Esposito, i quali ci propongono, attraverso la messa in scena di questo spettacolo, un viaggio distopico tra malattia, memoria perduta e amore resiliente, al fine di sollevare una riflessione dignitosa sulla narrazione della sofferenza che quest’ultima occupa nell’era contemporanea.
La mente di Ada: dove sono?
Il palcoscenico del teatro, incorniciato da un arco nero e cupo, diventa la finestra attraverso la quale lo spettatore può sbirciare cosa accade nella mente di Ada, malata di Alzheimer giovanile. La protagonista, in bilico tra una serie di allucinazioni e la lucida paura di rimanere intrappolata negli angoli oscuri della sua follia, mostra quanto sia complessa l’accettazione della convivenza con una malattia mentale degenerativa. Rinchiusa in una camera d’ospedale in preda ai suoi deliri, Ada naviga in un mare inquieto di mostri che la strappano continuamente alla realtà circostante. Unico punto di contatto con il mondo, suo marito Pietro, un innamorato affaticato e attaccato all’amore che ancora prova per la moglie, della quale sa essere rimasto ben poco. Insieme al fratello del marito, Massimiliano, i due giovani cercano di stemperare le irragionevolezze di Ada (uno forse meno dell’altro) nel tentativo di nasconderla e proteggerla da una società italiana ultraconservatrice del 2035, in cui non risulta esserci spazio e tempo per i più fragili come lei. Nel fare ciò, lo scontro con la realtà per i tre protagonisti diventa sempre più pungente: la malattia non molla e si prende tutto quello che incontra davanti a sé, tra cui memoria, legami e libertà, lasciandosi alle spalle solo sconforto e frustrazione.
A tutte le “A” del mondo
Basata su una storia “quasi vera”, il racconto di Ada vuole enfatizzare la resilienza dell’amore che a volte tutto non può di fronte alla caducità della vita. Tre corpi e due menti, perché una, quella di Ada, vaga negli abissi del sé, perduta ed incapace di tornare al suo presente nonostante i continui richiami del marito e del cognato, anche loro evidentemente impreparati ad un destino di tale portata. Quanto è difficile rimanere aggrappati a ciò che pensavamo durasse per sempre? E quando è davvero il momento di mollare la presa per evitare un dolore più grande poi? Forse nessuno lo sa, ma la storia di Ada ci insegna che la lotta per la sopravvivenza non è l’unica arma di resistenza che si può innescare in mezzo alla disperazione più grande; a volte, anche l’atto del lasciare andare diventa una liberazione sacra e auto determinante per ristabilire la dignità degli equilibri della vita, sia per coloro che subiscono il dolore e sia per gli “eroi” che scelgono di prendersene cura.
Fonte immagini: Ufficio stampa