Amore di Pippo Delbono, al Mercadante | Recensione

Amore di Pippo Delbono, al Mercadante | Recensione

Dal 26 febbraio al 2 marzo va in scena al Teatro Mercadante di Napoli Amore di Pippo Delbono.

Un grande ritorno con un artista eclettico che emoziona il Mercadante

Dopo i numerosi applausi per La Gioia nel 2023, Amore di Pippo Delbono riscuote un altro grandioso successo infiammando di emozioni il pubblico del Mercadante. Il progetto nasce dall’incontro tra l’artista poliedrico e il produttore teatrale Renzo Barsotti, da anni attivo sul suolo portoghese: accomunati dall’idea di volere raccontare il Portogallo – una terra di colori, passioni, musica e non solo – decidono di farlo esplorandolo attraverso la tematica dell’amore. Pertanto, con le note liriche e popolari del fado, viene delineato un vero e proprio viaggio sia musicale sia fatto di immagini, evocazioni dell’anima.

Amore di Pippo Delbono va in scena con lo stesso insieme a Dolly Albertin, Margherita Clemente, Ilaria Distante, Mario Intruglio, Pedro Jóia, Nelson Lariccia, Gianni Parenti, Miguel Ramos, Pepe Robledo, Grazia Spinella e Barbara Wahnon. Le musiche originali sono di Pedro Jóia e di autori vari, le scene di Joana Villaverde, i costumi di Elena Giampaoli e le luci di Orlando Bolognesi. Con la consulenza letteraria di Tiago Bartolomeu Costa, la responsabilità del progetto in Portogallo di Renzo Barsotti e l’assistenza volontaria in Portogallo di Susana Silverio.  Per una produzione Emilia-Romagna Teatro ERT / Teatro Nazionale.

Amore di Pippo Delbono: quando a teatro viene portata la vita

Si legge in una parte delle note su Amore di Pippo Delbono: «Da una parte – e sono i testi a prendere voce – ci mettiamo, tutti, alla ricerca di quell’amore, cercando di sfuggire alla paura che ci assale. In questo viaggio si cerca di evitarlo, questo amore, anche se ne riconosciamo costantemente l’urgenza; io lo ricerco, ma anche lo voglio, ed è proprio questo che fa paura. Ma il cammino – fatto di musiche, voci, immagini – riesce poi, forse, a portarci verso una riconciliazione, un momento di pace in cui quell’amore possa manifestarsi al di là di ogni singola paura». Così viene presentata una pièce che crea un viaggio nell’anima, in un’intimità profonda in cui l’amore viene esplorato in tutta la sua complessità.

Amore di Pippo Delbono non racconta di una visione dell’amore univoca, bensì di molteplici amori possibili o, ancor meglio, di possibilità di amore. Amori che vivono di passioni, amori che si intrecciano alla morte, amori che perdurano, che esplorano e che si spezzano. Tramite il piacere della visione e la condivisione dell’ascolto, la rappresentazione teatrale crea suggestioni: gli effetti dipingono immagini umane, vive; le note armonizzano un’interiorità abissale, che quasi ad oggi sembra spaventare tanto da risultare troppo spesso inesplorata; le coreografie sprigionano vibrazioni energetiche di rinascita; le parole, infine, coronano in traduzioni limpide un viaggio sensoriale, percettivo, emotivo. È un tipo di teatro che va incontrato, con umiltà e cuore, con l’importanza del percepirsi fragili e, per questo, umani.

Quando la vita è invitata a teatro, ovvero la catarsi del sentire

Amore di Pippo Delbono, come dichiarato da quest’ultimo, apre una narrazione che parte da un «lutto dell’amore». Niente strutture: da quello che può essere definito in senso letterale un trauma (da τραῦμα, -ατος, ferita), l’anima è esposta, mostra una vulnerabilità che quasi spaventa. Ed è qui che si insinua l’arte di Delbono, nel preciso istante in cui qualcosa di segretamente interno si slega e si frantuma. Questi pezzi di anima vengono raccolti, ricomposti in forme cangianti, in evocazioni emotive che, se all’apparenza sembrano soltanto personali, in realtà accolgono il potere della condivisione.

Allora, se si provasse a spiegare la catarsi, Amore di Pippo Delbono ne sarebbe un quadro esplicativo. Chiudere gli occhi, sentire, emozionarsi: a volte non serve spiegare, né affrontare di testa; ma serve l’opposto, fermarsi, tacere, attendere. Si restituisce un insegnamento sensibile, ovvero dare spazio all’interiorità, lasciarsi pervadere dall’amore, fare sì che la fiamma delle emozioni divampi, che le sensazioni diventino aderenza. Da qui quel contatto catartico, con sé stessi e con l’universo. Una sintesi sublime del potere e del valore culturale, sociale, umano del teatro.     

Fonte immagine in evidenza: Ufficio Stampa

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A proposito di Francesca Hasson

Francesca Hasson nasce il 26 Marzo 1998 a Napoli. Nel 2017 consegue il diploma di maturità presso il liceo classico statale Adolfo Pansini (NA) e nel 2021 si laurea alla facoltà di Lettere Moderne presso la Federico II (NA). Specializzanda alla facoltà di "Discipline della musica e dello spettacolo. Storia e teoria" sempre presso l'università Federico II a Napoli, nutre una forte passione per l'arte in ogni sua forma, soprattutto per il teatro ed il cinema. Infatti, studia per otto anni alla "Palestra dell'attore" del Teatro Diana e successivamente si diletta in varie esperienze teatrali e comparse su alcuni set importanti. Fin da piccola carta e penna sono i suoi strumenti preferiti per potere parlare al mondo ed osservarlo. L'importanza della cultura è da sempre il suo focus principale: sostiene che la cultura sia ciò che ci salva e che soprattutto l'arte ci ricorda che siamo essere umani.

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