Al Piccolo Bellini dal 19 al 24 aprile arriva Celeste, uno spettacolo di Liberaimago per la regia di Fabio Pisano, che narra della “pantera nera” del Ghetto di Roma.
Solo un palcoscenico vuoto e spoglio ad accogliere il pubblico, su cui c’è una sedia dimenticata, così da creare un ambiente perfetto per la storia che verrà mostrata. Al lato sinistro, è allestita una piccola postazione per Francesco Santagata il quale con chitarra e voce donerà per tutta la durata della pièce delle suggestioni sonore, che talvolta servono a chiarire meglio alcune parti della vita della protagonista.
È la storia di Celeste Di Porto (Francesca Borriero), giovane e attraente quanto una dea, sensuale come una pantera nera, ma tanto bella quanto letale. A 18 anni, stanca di scappare e non avere un futuro, decide di collaborare con il capo tedesco Kappler e denunciare la sua stessa gente, segnando per sempre la loro fine. Per ogni “capo” cinquemila lire e ogni saluto che la sensuale donna faceva, significava una sola cosa per la persona salutata: la morte.
Fabio Pisano decide di mettere in scena, tra le infinità di storie del marcio periodo nazista, proprio la storia di Celeste, riportando in vita un personaggio unico, che fu spietato con i suoi correligionari, un’ebrea delatrice, una voce fuori dal coro, offrendo al pubblico un punto di vista diverso da cui analizzare i fatti. Una storia, quella di Celeste, fatta di spietatezza e indifferenza, i cui motivi ancora non sono chiari.
In scena con Celeste ci sono due uomini, Roberto Ingenito e Claudio Boschi, i quali vestono brillantemente i panni di diversi degli uomini della vita della donna, primo tra tutti Anticoli Lazzaro, detto Bucefalo che, nel 1994, con un chiodo scrisse la sua denuncia permanente sulle mura della cella numero 306 del Carcere di Regina Coeli di Roma, denunciando la “vendita” e chiedendo di essere rivendicato. È Bucefalo, infatti, che sostituirà Angelo Di Porto – fratello di Celeste – nella lista di ebrei da consegnare a seguito dell’attentato di via Rasella, e a causa della Stella di Piazza Giudia non rivedrà la sua famiglia. I due attori ricoprono i ruoli di altri due importantissimi uomini per Celeste: il padre e il fratello, che dopo aver scoperto della spietatezza della Pantera e della sua relazione con un milite fascista, saranno così investiti dalla vergogna da consegnarsi alle SS – il padre – e di rinnegarla – Angelo.
La vita di Celeste prosegue nella miseria, passando dalla prostituzione, al convento e poi al carcere, e per una notte anche nella cella 306, per poi sparire completamente. Lo spettacolo tenta di raccontare, insieme alla sua storia, quello che nessuno forse riuscirà a conoscere: i motivi che spinsero una giovane a compiere atti di tale spietatezza. Alcune ragioni vengono abbozzate o inventate, restituendo al pubblico uno spettacolo intenso e nuovo, che riempie degli stessi interrogativi che hanno spinto il regista a narrare la storia di Celeste, la pantera nera che ancora oggi riesce ad incuriosire con la sua storia.
Immagine in evidenza: Teatro Bellini