Daniel Auteuil al Teatro Mercadante: Dejeuner en l’air

Daniel Auteuil

In occasione del Campania Teatro Festival, per la sezione spettacoli internazionali, il 27 giugno alle ore 21.00 sul palco del Teatro Mercadante si esibisce Daniel Auteuil, cimentandosi per la prima volta in uno spettacolo musicale.

L’attore francese, nel ruolo altrettanto credibile di cantante, è accompagnato sulla scena dal pianista Julien Noel e dal chitarrista Arman Mélies. Il concerto teatrale – debutto nazionale – è prodotto da Robin Production, con la collaborazione artistica di Gaëtan Roussel e luci a cura di Jacques Rouveyrollis.

Daniel Auteuil riesce a fermare il tempo e a creare un NessunDove sospeso nell’aria

Non appena si spengono le luci della sala, Daniel Auteuil compare in piedi al centro del palcoscenico, indossando i suoi abiti casual, senza alcun trucco e travestimento. Interprete sincero di se stesso, sembra serenamente pronto a fare i conti con la sua figura ingigantita e riflessa sulla scarna scenografia retrostante. Alla sua destra un pianoforte a coda, possente, ingombrante come il nostalgico passato che sta per raccontarci, suona una melodia classica e matura. Sulla sinistra siede disinvolto un chitarrista, riproducendo sulle corde il motivo leggero della perduta gioventù.

Dopo aver chiesto, in sogno, il permesso ad Apollinaire e Rimbaud, a Touler e Verlaine di musicare i loro versi e di farsene portavoce attraverso il canto, l’eclettico attore dà inizio a un banchetto che si svolge tra le nuvole in cui ci invita a servirci e a nutrirci della sua anima scoperchiata, docile e proibito frutto di un lavoro di sconfinamento, che egli compie intonando canzoni.

Daniel Auteuil ci riporta al momento esatto della genesi del suo genio creativo, rendendoci attivamente partecipi non solo della rappresentazione ma anche dell’atto di preparazione e stesura, non tenendoci all’oscuro di nulla. Con voce autentica rivela di aver fatto cadere un libro, nella sua stanza, due o tre anni fa, mentre era alla ricerca di una foto. Si tratta della raccolta di componimenti di Paul-Jean Toulet , lasciatagli in dono e custodia dalla madre, della quale ha riconosciuto immediatamente la calligrafia: «Per Dany mio caro figlio (Dany sono io), ecco le meravigliose poesie di Paul-Jean Toulet da leggere quando sarai grande. Avignone 1957, Mamma.»

Di qui l’esigenza di ripercorrere il proprio vissuto, in un viaggio a ritroso, ma con lo sguardo rivolto al presente. Per l’artista francese, solo la musica – che sostiene la sua personalissima forma di attraversamento della parola – può restituire valore a quel contenitore di versi sublimi. La scrittura, unita alle armonie dei tasti e delle corde, si colora d’infanzia, di giovinezza, di maturità. Ci viene narrata una storia d’amore che dura una vita. Si è trasportati in NessunDove in cui amore è un modus vivendi, palpitazione ininterrotta che accompagna l’atto del vivere quotidiano.

A colpire in particolar modo è la dolcezza, semplice, non artefatta, di un uomo fragile che non nasconde la propria età, e sceglie di condividerne le paure e le memorie, che ancora dentro fanno rumore. Il sentimento amoroso pervade tutte le cose, permea il tangibile e l’immaginario, creando un’atmosfera a metà tra l’universo fiabesco e il concreto disincanto.

Ogni brano ha un ritmo sincopato ed è in grado di cullare come una ninnananna. È, però, anche capace di risvegliare l’immaginazione di chi ha conosciuto la Venere dell’amore e ancora vi si affida, e ne fa la ragione del suo stare nell’esistenza. Il pubblico è chiamato – nel frangente di tempo sognante dell’esibizione (e si spera anche dopo) – ad imparare a guardare la vita filtrata attraverso la meraviglia di questa Grande Emozione. Bello e rassicurante è sapere che, in un mondo in cui ogni creatura è meschina e perversa, esiste ancora la purezza e che quest’ultima si nasconde nell’unione di due persone.

L’intero “viaggio eufonico” ha lo scopo di direzionarci verso tutto ciò che il protagonista ama: in primis l’amore, le donne, i fiori, la rigogliosa natura, la sempre eterna giovinezza, infine, il cinema: ultima profonda passione, tragica devozione di chi troppo desidera.

Daniel Auteuil ci dà la possibilità di guardare attraverso gli occhi di un amante, per il quale anche il «crepuscolo» della vecchiaia può ridiventare «aurora», in un vorticoso ritornare sempre al centro del proprio sentire, senza mai distrarsi e perdersi nel vano fluire degli eventi. Chi prova è l’unico in grado di vedere quel riflesso stampato su un viso, che trasforma anche «le fiamme in boccioli di rosa». Chi non ha timore di esporsi è il solo che può rammentare a se stesso e agli altri che il tempo passa, scorre veloce, ma non ci divora, se siamo in grado di affrontare le nostre ombre e non avvertirle come pericolosi fantasmi, ma come volti rugosi eppure raggianti.

In un simposio magico costruito per aria – dove il vino di certo non manca – Daniel Auteuil, accerchiato da due musici, ci apre il proprio cuore, senza mai pronunciare questa parola. Così il non-detto crea un non-luogo di senso che solo la limpida sonorità può spiegare. La platea del Mercadante, alla fine, canta insieme: “LA LA LA LA”. È un motivetto di sillabe che non hanno significato alcuno, ma che emozionano.

A proposito di Chiara Aloia

Chiara Aloia nasce a Formia nel 1999. Laureata in Lettere moderne presso l’Università Federico II di Napoli, è attualmente studentessa di Filologia moderna.

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