Diptych, i Peeping Tom al Bellini

Diptych, i Peeping Tom al Bellini

I Peeping Tom, una tra le compagnie più visionarie e all’avanguardia d’Europa – se non del mondo – , arrivano a Napoli al Teatro Bellini, portando in scena Diptych: The Missing Door & The Lost Room dal 17 al 19 Dicembre.

I fondatori Gabriela Carrizo e Franck Chartier, conosciutisi più di vent’anni fa nei Les Ballets C. de la B. di Alain Platel, sono in arte i Peeping Tom. Un nome, il loro, che in Inglese è un modo per indicare un voyeur e richiama – forse volutamente – un horror degli anni ’60. Non sembra essere un caso il nome della compagnia, la quale da oltre vent’anni porta in scena spettacoli sulla scia dell’iperrealismo al limite del noir o dell’horror, in cui l’assenza di parola rende il focus sui corpi ancora più sublime e allo stesso tempo angosciante, nella ricerca sia esteriore che interiore che lo spettatore è portato a compiere.

Diptych è un dittico di due spettacoli inizialmente creati per il Nederlands Dans Theatre, il primo The Missing Door (La porta mancante) dell’argentina Gabriela Carrizo nel 2013 e The Lost Room (La stanza perduta) del francese Franck Chartier nel 2015, riuniti in un unico spettacolo che ha avuto debutto nazionale al Festival Oriente Occidente, con interpreti Konan Dayot, Fons Dhossche, Lauren Langlois, Panos Malactos, Alejandro Moya, Fanny Sage, Eliana Stragapede, Wan-Lun Yu.

Con Diptych: The Missing Door & The Lost Room ci si trova davanti ad uno spettacolo inaspettato e mai visto prima, in cui la scenografia regna protagonista al pari dei personaggi e interviene sulla drammaturgia della pièce in modo fondamentale. In entrambi i casi vi è l’illusione di essere su un set cinematografico, uno spazio chiuso e macabro, che sullo sfondo lascia intravedere un esterno altrettanto cupo. La presenza dei riflettori che vengono utilizzati durante lo spettacolo sottolinea quest’idea cinematografica, così come l’emozione che vanno ad illuminare in quel momento, spesso di accecamento e solitudine. Lo spettatore è sempre in allerta, con il fiato sospeso, mentre assiste a questo thriller psicologico che sembra scavare nell’inconscio umano, confondendo spazio, tempo, ricordi, emozioni e fatti reali, creando un effetto di distorsione e ciclicità nelle scene.

The Missing Door è ambientato in un corridoio blu dalle mille porte che prendono vita da sole, seduto ad un tavolo un uomo, per terra un cadavere ed un inserviente che si appresta a pulire il sangue della donna. Da qui nasce un rewind che sembra una sottile linea tra il ricordo e la ricostruzione dei fatti, in cui i corpi si intrecciano nella ricerca dell’altro e i personaggi sembrano essere persi in un labirinto senza vie d’uscita. La scenografia diventa l’assoluta porotagonista tra la fine del primo e l’inizio del secondo momento del dittico, in cui compagnia e tecnici la smontano e la rimontano, il tutto come un momento parte dello spettacolo e che non lasia mai perdere la suspense e l’umorismo nero che sottendono all’intera pièce. Questo momento è fondamentale e stupefacente, nonostante non sia la prima volta che una scenografia venga montata a sipario aperto, il fatto che l’atmosfera non venga persa e la preponderanza della scenografia nello spettacolo, la rendono quasi un personaggio principale, che viene messo a nudo e poi rivestito per rendere possibile il continuo del racconto. The Lost Room, che prende luogo in una cabina di una nave, si addentra maggiormente nell’interiorità dei personaggi, portata in scena da illusioni intense rese possibili dai giochi dei corpi degli interpreti, che a momenti sembrano volare, nell’analisi delle relazioni umane, in un luogo senza tempo e inquietante. Solo qui si sentirà una battuta, in Inglese, in cui una donna chiede – come ognuno di noi almeno una volta nella vita –  cosa deve fare per essere abbastanza e per non deludere il suo interlocutore, che potrebbe essere se stessa. La scenografia, seppur messa precedentemente a nudo, riesce a stupire sempre di più e fino all’ultimo secondo, nascondendo – in questo secondo atto – quelli che sono i fantasmi interiori di una donna e della sua maternità, e inondando il palcoscenico di lacrime, piangendo insieme ad un uomo che porta il peso della sua esperienza sulle spalle.

La quasi totale assenza della parola è uno degli elementi cardine della compagnia e dello spettacolo, che colpisce immediatamente lo spettatore immerso in un mondo in cui i personaggi recitano con il corpo e danzano, ma quello che fa da sottofondo a questi movimenti sono rumori, una risata, dei gemiti che contribuiscono alla creazione di una suspense sempre più acuta, che non abbandona mai l’audience. Questa assenza di parole è tanto intensa, angosciante e sublime insieme, che le parole difficilmente potranno descrivere appieno quello che viene magistralmente rappresentato in Diptych: The Missing Door & The Lost Room, che si configura come un’esperienza assolutamente imperdibile.

Photo Credit: Andrea Macchia

A proposito di Chiara Leone

Zoomer classe '98, studentessa della scuola della vita, ma anche del corso magistrale in Lingue e Letterature Europee e Americane all'Orientale. Amante dell'America intera, interprete e traduttrice per vocazione. La curiosità come pane quotidiano insieme a serie tv, cibo, teatro, libri, musica, viaggi e sogni ad occhi aperti. Sempre pronta ad esprimermi e condividere, soprattutto se in lingue diverse.

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