Recensione di Ferdinando di Annibale Ruccello, in scena al Teatro Bellini dal 9 al 17 dicembre.
Un drappo damascato, rosso, che scende dall’alto di una camera da letto illuminata da flebili luci. Uno spazio claustrofobico, tipicamente ruccelliano, in cui si muovono personaggi rinchiusi in abiti scuri, monacali e preteschi, per devozione o per lutto, ma forse solo per difesa.
Era il 1986 quando Annibale Ruccello, drammaturgo prematuramente scomparso, consegnava alle scene Ferdinando, opera potente che Arturo Cirillo fa rivivere sulle tavole del Teatro Bellini. Non è la prima volta che il talento di Cirillo incontra il genio di Ruccello; non è la prima volta che da questo fortunato sposalizio viene fuori una rappresentazione di estrema raffinatezza.
Agosto 1870: il Regno delle Due Sicilie è caduto e la baronessa borbonica Donna Clotilde (Sabrina Scuccimarra) nella sua villa vesuviana si è “ammalata” di disprezzo per il re sabaudo e per l’Italia piccolo-borghese nata dalla recente unificazione. A fare da infermiera all’ipocondriaca nobildonna è Gesualda (Anna Rita Vitolo), cugina povera e inacidita dal nubilato, ma segreta amante di Don Catellino (Arturo Cirillo), prete di famiglia corrotto e vizioso. I giorni passano tutti uguali, tra pasticche, decotti, rancori e bugie. A sconvolgere lo stagnante equilibrio domestico è l’arrivo di un sedicenne dalla bellezza efebica (Riccardo Ciccarelli) che, rimasto orfano, viene mandato a vivere da Donna Clotilde, di cui risulta essere un lontano nipote. Sarà lui a gettare lo scompiglio nella casa, riaccendendo passioni sopite e smascherando vecchi delitti. Ma chi è davvero Ferdinando?
Personaggi disperati, prigionieri della propria solitudine, esacerbati dall’abitudine: sono questi i protagonisti del capolavoro di Ruccello che, con occhio sensibile, è riuscito scavare a fondo l’animo umano, smascherare la debolezza, la dolcezza, ma anche la crudeltà di cui la mente è capace. E così, tra risate sentite, risate amare, risate taciute, assistiamo a un gioco d’inganni in cui si tradisce, si è traditi, ci si lascia tradire. Donna Clotilde che ama Ferdinando, che è amato da Don Catellino, amante di Gesualda, ma che in fondo ama solo se stesso.
Ottimo il lavoro di regia di Arturo Cirillo, che è presente anche in scena nel ruolo di Don Catellino. Meravigliosi gli attori tutti, che vediamo vestirsi, spogliarsi, incontrarsi, dando corpo e voce, con grande maestria, a quell’umanità così straordinariamente complessa che popola i lavori di Ruccello.
Ma nu ricordo te po’ servì… Tu appartiene a na brutta razza… a na brutta generazione… Na razza, na generazione ca nun tene ricorde… Chi nun tene passate… nun tene manco futuro…
Ferdinando
di Annibale Ruccello
con Sabrina Scuccimarra, Anna Rita Vitolo, Arturo Cirillo, Riccardo Ciccarelli
scene: Dario Gessati
costumi: Gianluca Falaschi
musiche: Francesco De Melis
luci: Paolo Manti
regista collaboratore: Roberto Capasso
assistente alla regia: Luciano Dell’Aglio
regia di Arturo Cirillo
produzione: MARCHE TEATRO, Teatro Metastasio di Prato, Fondazione Teatro di Napoli – Teatro Bellini
Fonte immagine in evidenza: Teatro Bellini