Hokuspokus di Hajo Schüler, al Teatro Bellini | Recensione

Hokuspokus di Hajo Schüler, al Teatro Bellini | Recensione

Ritorna la Familie Flöz al Teatro Bellini di Napoli con Hokuspokus di Hajo Schüler, dal 23 al 28 aprile 2024 nella sala grande del teatro

Hokuspokus di Hajo Schüler al Teatro Bellini

Un grande ritorno al Teatro Bellini con la Familie Flöz per la stagione teatrale 2023/2024, questa volta con Hokuspokus di Hajo Schüler, regista della pièce nonché fondatore e direttore artistico della compagnia tedesca insieme a Michael Vogel. Lo spettacolo, un’opera di Fabian Baumgarten, Anna Kistel, Sarai O’Gara, Benjamin Reber, Hajo Schüler, Mats Süthoff e Michael Vogel, con le musiche dal vivo di Vasko Damjanov, Sarai O’Gara e Benjamin Reber, debutta il 23 aprile e resta in scena fino al 28 aprile. Inoltre, per la giornata del 25 aprile è stata prevista una replica con audiodescrizione a favore del pubblico non vedente o ipovedente, un’iniziativa a cura del Progetto Teatro No Limits promosso e realizzato dal Centro Diego Fabbri di Forlì in collaborazione con l’Associazione Incontri Internazionali Diego Fabbri APS e con il Dipartimento Interpretazione e Traduzione dell’Università di Bologna, con il sostegno anche dell’Associazione Disabili Visivi e la collaborazione, ovviamente, del Teatro Bellini di Napoli.

Hokuspokus di Hajo Schüler, già dal titolo gioca sulla verbalizzazione popolare della frase latina “Hoc est enim corpus meum” (“Questo è il mio corpo”). Infatti, lo si potrebbe definire uno spettacolo metateatrale nel quale le maschere rivelano il corpo che assimilano: «In Hokuspokus non solo le figure mascherate sono apertamente visibili sul palco, ma anche gli attori che sono solitamente nascosti dietro le maschere […] il pubblico sperimenta così come gli esseri mascherati vengono portati in vita, come le figure poi trovano la loro strada nel loro mondo e si perdono in esso, sviluppano una vita propria e forse ad un certo punto si trovano faccia a faccia con i loro creatori» – dice Michael Vogel. E non è un caso che, nel mezzo di un inizio e di una fine ritualistici in cui vengono raccontati la nascita e la morte, è narrato scenicamente tutto il decorso di una famiglia: «Raccontiamo la vita di due persone che si ritrovano e creano una famiglia, con tutte le turbolenze, i colpi del destino e i bei momenti – una vita che poi alla fine sembra arrivare alla fine. Ma qui ci si chiede se i personaggi siano davvero mortali» – sostiene il regista Hajo Schüler.

Di meccanismi teatrali: tra realtà e finzione

La maschera si pone fin da subito come base essenziale e radice dei lavori della Familie Flöz, che coniuga vari linguaggi teatrali dal teatro delle maschere, al teatro di figura, alla clownerie, e Hokuspokus di Hajo Schüler ne potenzia ancor di più l’utilizzo. Esso crea un gioco che si sposta costantemente dalla finzione della maschera stessa in quanto tale alla realtà che quest’ultima cela dietro di sé. Se solitamente la maschera ha la capacità di assimilare la realtà nella sua “artificiosità”, ponendosi come immagine fissa in quanto rappresenta, ma allo stesso tempo doppia perché si delinea come un costante altrove da esplorare, nel caso di questo spettacolo tale assorbimento viene spezzato. In Hokuspokus di Hajo Schüler, viene messa in scena la maschera ma viene anche messa a nudo, il corpo e il “creatore” vengono presentati come parte integrante del processo scenico, finanche la musica e gli effetti sonori sono tutti umani e live.

Così, Hokuspokus di Hajo Schüler rivela e introduce il gioco teatrale, quei meccanismi che mescolano al loro interno la realtà, il corpo, la coscienza concreta, e dall’altro lato la finzione, il potere immaginifico, l’opportunità di viaggiare verso un altrove. Due dimensioni scisse ma conviventi in un perfetto equilibrio che non è solo mera forma o fredda metodologia scenica, bensì è pura emozione, un gioco che assorbe comico e tragico e si espande in una profonda sensibilità. Insomma, il teatro come strumento per raccontare la vita, il teatro come spazio per viverla, il teatro come pratica emotiva intensa: una dimensione ritualistica e, soprattutto, collettiva di catarsi e ritrovamento.

Fonte immagine: Ufficio Stampa

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A proposito di Francesca Hasson

Francesca Hasson nasce il 26 Marzo 1998 a Napoli. Nel 2017 consegue il diploma di maturità presso il liceo classico statale Adolfo Pansini (NA) e nel 2021 si laurea alla facoltà di Lettere Moderne presso la Federico II (NA). Specializzanda alla facoltà di "Discipline della musica e dello spettacolo. Storia e teoria" sempre presso l'università Federico II a Napoli, nutre una forte passione per l'arte in ogni sua forma, soprattutto per il teatro ed il cinema. Infatti, studia per otto anni alla "Palestra dell'attore" del Teatro Diana e successivamente si diletta in varie esperienze teatrali e comparse su alcuni set importanti. Fin da piccola carta e penna sono i suoi strumenti preferiti per potere parlare al mondo ed osservarlo. L'importanza della cultura è da sempre il suo focus principale: sostiene che la cultura sia ciò che ci salva e che soprattutto l'arte ci ricorda che siamo essere umani.

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