Il filo di mezzogiorno, Goliarda Sapienza secondo Martone

il filo di mezzogiorno

In scena dal 5 al 16 gennaio al Teatro Mercadante, Il filo di mezzogiorno è la trasposizione teatrale, per la regia di Mario Martone, che Ippolita di Majo ci regala dell’omonimo romanzo autobiografico di Goliarda Sapienza. Nei panni dell’anticonformista scrittrice troviamo una meravigliosa Donatella Finocchiaro che divide la scena con Roberto De Francesco, impeccabile interprete dello psicoanalista Ignazio Majore, in un gioco di alternanze e scambi di emozioni e di ruoli che ripercorrono i meccanismi mentali del percorso psicoanalitico.

Una scena divisa in due parti perfettamente speculari vede contrapposti e riflessi Goliarda e il suo psicoanalista; siamo nel salotto di casa Sapienza dove ogni giorno a mezzogiorno lo psicoanalista fa visita a una Goliarda Sapienza appena strappata dalle tossiche cure di una clinica psichiatrica grazie all’intervento del compagno Citto Maselli. È lo stesso Maselli a chiedere a Majore di predersi cura di Goliarda, aiutandola a ricostruire i pezzi della sua memoria e della sua identità terribilmente sconvolte dalle ripetute sedute di elettroshock e psicofarmaci a cui la scrittrice è stata sottoposta nella clinica.

I ruoli sono inizialmente netti e chiari, una Goliarda preda delle proprie paure e insicurezze mostra nitidi i segni della confusione e dello smarrimento che i trattamenti subiti le hanno lasciato addosso. Nello spazio accanto, in continua ma lontana comunicazione, lo psicoanalista cerca di aiutare Goliarda a dipanare la matassa di emozioni e ricordi che la imprigiona.  Un rumore di vetri infranti rompe la fissità della scena e le due stanze diventano d’improvviso uno spazio unico e doppio in cui i percorsi di Goliarda e dello psicoanalista si mescolano, si sovrappongono e si alternano, fino ad invertirsi.

Man mano che Goliarda procede nel suo percorso interiore di ricostruzione e riappropriazione del suo Io, le emozioni che affollavano la sua coscienza riemergono e diventano reali, tangibili; diventano visi e ricordi, assumono le sembianze degli affetti più cari di Goliarda. Goliarda si riappropria di tutte le sue emozioni, di tutte le sue paure, le vive intensamente rabbrividendo ad ogni paura che la assale e le attraversa l’anima, le affronta ricostruendo con tutti questi pezzi la sua identità e la sua forza. Ma nel riflesso continuo che le emozioni di Goliarda ripercuotono su Majore, lo psicoanalista vede pian piano infrangersi le sue certezze. Rimasto inerme e privo di protezione, lo psicoanalista viene progressivamente invaso dalle paure e insicurezze che Goliarda proietta su di lui. Come in un contagio psichico, Goliarda proietta sullo psicoanalista tutta la complessità e intensità della sua coscienza, lasciandolo confusa preda di schemi e percorsi terapeutici nei quali non può trovare spazio un’anima tanto complessa come quella di Goliarda.

Ne Il filo di mezzogiorno il percorso psicoanalitico di Goliarda prende le forme di un controverso duello di anime e fragilità, un viaggio attraverso e per mezzo della psicoanalisi in cui Goliarda e lo psicoanalista si fronteggiano e si spalleggiano scambiandosi le parti. La psicoanalisi è, dunque, per Goliarda cura e salvezza, libertà dalle paure e riappropriazione di un’identità smarrita, ma allo stesso tempo è smarrimento e disorientamento per lo psicoanalista, che rimane vittima di quel disordine che pure lui ha aiutato a ricostruire nell’anima di Goliarda.

Il filo di mezzogiorno, nella trasposizione della di Majo e di Martone, è, infine, una dedica d’amore a Goliarda Sapienza, alla sua voglia di libertà, al suo anticonformismo e ad un’intelligenza viva e accesa che attraverso la psicoanalisi è riuscita a riaccendersi oltre l’orrore di scellerate cure psichiatriche.

Fonte Immagine: Teatro di Napoli

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A proposito di Rossella Siano

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