Io sono plurale, al Teatro TRAM | Recensione

Io sono plurale, al Teatro TRAM |Recensione

Il quarto spettacolo previsto nella stagione 2022/23 del Teatro TRAM è Io sono plurale, diretto da Maria Claudia Pesapane e liberamente ispirato al romanzo di G.G. Marquez Diatriba d’amore contro un uomo seduto. La recitazione di Daria D’Amore, Chiara Di Bernardo e Mariano Di Palo danno voce e corpo a un testo che si focalizza sui frammenti di una relazione tossica: cosa rimane quando quello che si pensava fosse amore finisce? Rimane il dolore, ma cresce a poco a poco anche il desiderio di riscatto. E tessendo le fila di una trama composta dai ricordi, dalle ferite e dai resti di quell’amore, sul palco del TRAM si compie una vera e propria catarsi. Infatti, la regista Pesapane ha spiegato che «Porta la tua catarsi in scena» è diventato in qualche modo il manifesto di Io sono plurale, in quanto ai fini della realizzazione dello spettacolo durante delle call specifiche la comunità è stata invitata a donare un indumento che raccontasse una ferita da ricucire, creando un vero e proprio progetto che non ha solo il valore di una messinscena hic et nunc ma che ha anche il senso di un’esperienza collettiva.

Io sono plurale: la recensione

Ancora una volta il Teatro TRAM è donna. Come si è già ribadito anche per gli spettacoli precedenti, è ormai chiaro che l’intento è quello di dare spazio alle donne in primis come regia e come drammaturghe, purtroppo ancora troppo spesso posizionate ai margini della cultura teatrale – in questo caso – contemporanea, ma anche come protagoniste delle storie che si è scelto di portare in scena per questa stagione. Io sono plurale si apre proprio con al centro della scena una donna, sfinita da un amore ormai finito e che ha portato con sé soltanto un pugno di sofferenza nello stomaco. Io sono plurale, infatti, è un vomito dirompente che si ripropone di buttare fuori tutto quel dolore, esorcizzarlo per poi cacciarlo via e, infine, curarsi le ferite.

Eppure, le ferite non passano da sole, anzi, gridano per essere ascoltate e per trasformarsi così finalmente in cicatrici che non facciano più male da togliere il fiato: durante lo spettacolo quei ricordi vividi delle persone chiamate a partecipare non solo compongono la scenografia sottoforma di vestiti, ma diventano soprattutto le tante voci di chi esprime il bisogno impellente di comunicare.

Dolore come forma di comunicazione e di espressione. Quanto avviene sulla scena, pertanto, non vuole solo realizzare una rappresentazione teatrale che si esaurisca nel giro di una serata, ma è un progetto interessante che nasce da un’esigenza innanzitutto sociale. Il raccontarsi in Io sono plurale parte da una storia personale e poi si articola nelle molteplici storie di donne sedotte e abbandonate a sé stesse, tramite una narrazione avvolgente che procede per continui flashback e bruschi ritorni al presente. Allora, se il teatro ha più che la funzione il potere sociale di fare ritrovare una certa collettività nella sua capacità evocativa, Io sono plurale lo innesca attraverso il recupero dell’antico principio di catarsi, aggiornandolo secondo i tempi odierni.

Questa è a suo modo una riflessione importante e, in fin dei conti, anche necessaria per interrogarsi su quale dei molteplici ruoli possa ricoprire ancor oggi il teatro. E se al giorno d’oggi pare imporsi sempre di più l’urgenza di dare sfogo a certi aspetti sociali, culturali, politici e finanche personali, è interessante l’operazione di recuperare una dimensione collettiva che renda lo spettacolo un qualcosa di oltre la messinscena stessa, tramite quello svolgimento catartico che, per quanto in un’accezione attualmente diversa rispetto all’antichità, fa del teatro uno spazio condivisibile, in cui ritrovarsi ed esprimersi.

Fonte immagine di copertina: Teatro TRAM

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A proposito di Francesca Hasson

Francesca Hasson nasce il 26 Marzo 1998 a Napoli. Nel 2017 consegue il diploma di maturità presso il liceo classico statale Adolfo Pansini (NA) e nel 2021 si laurea alla facoltà di Lettere Moderne presso la Federico II (NA). Specializzanda alla facoltà di "Discipline della musica e dello spettacolo. Storia e teoria" sempre presso l'università Federico II a Napoli, nutre una forte passione per l'arte in ogni sua forma, soprattutto per il teatro ed il cinema. Infatti, studia per otto anni alla "Palestra dell'attore" del Teatro Diana e successivamente si diletta in varie esperienze teatrali e comparse su alcuni set importanti. Fin da piccola carta e penna sono i suoi strumenti preferiti per potere parlare al mondo ed osservarlo. L'importanza della cultura è da sempre il suo focus principale: sostiene che la cultura sia ciò che ci salva e che soprattutto l'arte ci ricorda che siamo essere umani.

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