Capita di andare a teatro e trovarsi faccia a faccia con un commediografo che ha alle spalle quattro secoli senza che questo lo renda minimamente anacronistico. Capita di ascoltare la musicalità della lingua italiana saltellare tra una rima e l’altra e sentirne ad ogni passo tutta la gioia che sa esprimere. Il teatro è anche questo, come osserva Jean Bellorini: il teatro «è il luogo della visione e dell’illusione, è il luogo del gioco e dell’immaginazione».
E anche di gioco e di gioia è fatta il Tartufo di Molière, che Bellorini porta in scena al Mercadante. La gioia dirompente che suscita l’umorismo tagliente e coinvolgente del testo di Molière, la gioia di vivere oltre le ipocrisie e il conformismo della società, che anima i personaggi della commedia. Una gioia che si fa risata e immediatamente diventa arma spietata e implacabile; l’arma più forte contro l’oscurità dell’ignoranza che frena il cambiamento e il progresso, contro l’ipocrisia dei potenti e del potere, contro gli eccessi della Chiesa che, nascosta dietro il manto della sacralità, non disdegna il profano per perpetuare il suo controllo delle coscienze.
Nella forza e nello spirito di sacrificio di Elmira, una meravigliosa Teresa Saponangelo, nelle ardenti promesse d’amore di Marianna e Valerio (Francesca De Nicolais e Jules Garreau) e ancora nell’ingenuo e ostinato fervore di Damide (Giampiero Schiano), ritroviamo la forza vitale e il desiderio di libertà che anima ognuno di noi. riconosciamo quella forza incontrollabile, e per certi versi inspiegabile, che ci spinge a non arrenderci alle ipocrite convenzioni e alle ingiuste costrizioni. Nella cieca fede e nell’ottusa presunzione di ragione di Orgone (Gigio Alberti) e ancora nel nostalgico attaccamento al moralismo del passato della signora Pernella (Betti Pedrazzi) riconosciamo il volto più ipocrita di una società priva di coraggio e immaginazione, incapace di accogliere il cambiamento. Nella perversa crudeltà di Tartufo, portato in scena con maestria da Federico Vanni, ritroviamo tutte le armi sacre e profane attraverso le quali il potere perpetua se stesso ostacolando ogni sovvertimento dell’ordine sociale. Il buon senso e la serafica ragionevolezza di Cleante (Ruggero Dondi) e ancora l’impertinente e pratica saggezza di Dorina (Angela De Matteo) provano a cercare un nuovo equilibrio, un ordine nuovo che faccia cadere tutte le maschere mettendo a nudo la verità.
Alla sua prima sperimentazione con il testo di Molière, Jean Bellorini decide di compiere questo viaggio con un cast quasi tutto italiano e in una terra vicina ma dissimile da quella natale del commediografo. Napoli è una dimensione a sé, ma in questa dimensione, lontana svariati chilometri e molte vite da Parigi, Bellorini ritrova tutta l’essenza della poetica di Molière. Napoli in fondo è un teatro dove sacro e profano si mischiano e si confondono, è un luogo dove tutto è gioco e illusione, ma al fondo di ogni apparenza puoi sempre avere l’opportunità di guardare in faccia la verità. Tartufo di Molière, nel riadattamento di Bellorini e traduzione di Carlo Repetti, sarà in scena al Teatro Mercadante fino al 1° Maggio, un appuntamento che si consiglia vivamente di non perdere.
di Molière