La Vacca di Elvira Buonocore | Recensione

La Vacca di Elvira Buonocore | Recensione

Il teatro Elicantropo di Napoli non manca di armarsi, come sempre, di spettacoli complessi e potenti come La Vacca di Elvira Buonocore. La drammaturgia simbolica ed eloquente incontra la regia ed interpretazione di Gennaro Maresca che, approfittando sapientemente degli spazi disponibili, da vita ad una storia angusta e non priva di momenti inaspettati.

Caratteristiche de La Vacca di Elvira Buonocuore

È il racconto di un parallelismo che inevitabilmente si intreccia per via della caparbietà del desiderio. È una storia grottesca, non perché inverosimile, ma perché incastrata in un luogo che non gli offre spazio, un luogo assuefatto, invadentemente macchinoso, che pretende rigore e sacrifica verità. La Vacca di Elvira Buonocore ci apre uno squarcio sulla vita di Mimmo e Donata, due fratelli che sopportano un’afosa estate di periferia sostenendosi come possono, tra scontri e tregue, lavoro e affanni, ma soprattutto alimentati ognuno da un intimo desiderio. Allo stesso modo Elia (Gennaro Maresca), un allevatore, che rivolgendosi al pubblico come se stesse parlando a delle telecamere, attua il disperato tentativo di spargere la voce sulla scomparsa delle proprie mucche, da lui adorate devotamente e per le quali sarebbe disposto a tutto, anche a farsi aiutare da qualche delinquente, pur di ritrovarle.

Anche il personaggio di Donata (i cui panni, abilmente ideati da Rachele Nuzzo, sembra siano stati fatti apposta per essere cuciti sulla pelle di Anna De Stefano) è a conoscenza della potenza che può avere un mezzo di comunicazione come la telecamera. Ella ne è infatti affascinata forse perché ne intravede aldilà una possibilità di riscatto. In La Vacca di Elvira Buonocore, la protagonista, partendo proprio dal panorama che la circonda, prova sin dall’inizio ad immaginare una realtà distante dalla periferia in cui vive con il suo incompatibile fratello. Lo spirito vivace ed eccitato di Donata, infatti, va in netto contrasto con quello stanco e pigro di Mimmo (interpretato da Vito Amato, il quale avrà modo di dimostrare che il proprio personaggio è munito di diverse sfaccettature).

Nel corso de La Vacca di Elvira Buonocore, i tre personaggi indagano il proprio desiderio, scoprendone i diversi aspetti ed addentrandosi anche tra i rischi e pericoli che un sentimento come questo può provocare. Se da un lato, Mimmo era caratterizzato da uno spirito perennemente esausto: «Non faccio imbrogli, non per onestà, ma perché mi scoccio» , egli ci rivelerà di volersi in realtà sentire diverso, un vincente, un uomo imbattibile, un eroe per tutti (la cui dinamicità è esaltata dal lavoro sulle luci di Alessandro Messina e sull’audio di Mario Ascione). Anche nell’immaginazione però, il suo successo ha breve durata, e dopo poco si sfiata, forse per mancata volontà oppure a causa del contesto che lo annichilisce.  

Nel personaggio dell’allevatore, la cui impostazione registica di Gennaro Maresca con l’aiuto di Roberta De Pasquale è indispensabilmente ironica ed incisiva, viene sottolineata la devozione che poi sfocia in ossessione verso quegli animali sottrattegli compostamente. L’amore quasi paterno di Elia in La Vacca di Elvira Buonocore, ha perso il proprio appiglio e per questo si trasforma in violenza ceca e disperata, soprattutto in seguito ad una scioccante rivelazione.

Donata è il personaggio dal quale divergono le due figure precedentemente esplorate. È lei che, nel desiderio di ingrandirsi il seno, e quindi rendersi più appetibile (alle telecamere, probabilmente) rappresenta proprio  La Vacca nell’opera di Elvira Buonocore: un oggetto, la cui caratteristica deve essere l’abbondanza, la cui funzione è sopperire al desiderio di sazietà, per la quale, tristemente, il significato di amare equivale a servire. La narrazione si articolata infatti nei diversi tentativi di Donata di farsi crescere il seno, fino ad arrivare al momento in cui si trova un’emblematica soluzione che permette allo spettatore di “unire i punti” per poi vederseli distruggere uno ad uno.  

Ricolmo di significati e spunti di riflessione, La Vacca di Elvira Buonocore utilizza un linguaggio che sembra costruirsi passo passo per esprimere un’accusa verso una società che si alimenta degli sforzi di coloro che vogliono contrastarla, provocando in questi ultimi un ribaltamento rovinoso perché «si sono dimenticati di fargli succedere qualcosa». Infine, questa intensa collaborazione non sarebbe stata possibile senza la produzione di B.E.A.T. teatro e Nuovo Teatro Sanità.

La Vacca di Elvira Buonocore, regia di Gennaro Maresca con Vito Amato, Anna De Stefano e Gennaro Maresca. Costumi di Rachele Nuzzo, disegno luci di Alessandro Messina, tecnico audio/luci Mario Ascione, aiuto regia Roberta De Pasquale e produzione B.E.A.T. teatro e Nuovo Teatro Sanità.

Fonte dell’immagine di copertina: Ufficio stampa

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