L’avaro immaginario di Enzo Decaro | Recensione

L'avaro immaginario di Enzo Decaro | Recensione

È tempo di Molière al Teatro Sannazaro: la stagione 2025/25 prosegue con L’avaro immaginario di Enzo Decaro, in scena dal 17 al 26 gennaio.

L’avaro immaginario di Enzo Decaro: un viaggio da Molière ai De Filippo a oggi

Ebbene sì, il Teatro Sannazaro ripercorre le orme di un viaggio che ha già emozionato nella storia del teatro partenopeo e che continua a incantare: accoglie sul suo palcoscenico L’avaro immaginario di Enzo Decaro, in cui quest’ultimo – il regista – si lancia nella straordinaria sfida di fare rivivere la nota sintesi tra la Comédie humaine di Molière e quella dei De Filippo, molto spesso fautori di svariati riadattamenti scenici delle opere del drammaturgo francese. Lo spettacolo va in scena con Enzo Decaro, Nunzia Schiano, Luigi Bignone, Carlo Di Maio, Roberto Fiorentino, Massimo Pagano, Fabiana Russo e Ingrid Sansone; con le musiche di villanelle e canzoni popolari del 600 napoletano composte da Nino Rota e tratte da Le Molière Immaginarie; con le scene di Luigi Ferrigno ed i costumi di Ilaria Carannante.

Infatti, si legge nelle note di regia su L’avaro immaginario di Enzo Decaro: «Il progetto nasce soprattutto da una curiosità ‘artistica’, a sua volta originata dalla costatazione che, a un certo punto della loro carriera, i De Filippo (Peppino e Luigi in particolare) hanno sentito l’esigenza di confrontarsi con il teatro di Molière e il suo genio innovativo, rimasto forse nel suo genere ancor oggi ineguagliato e vivissimo. A riprova, il fatto che, dopo oltre quattro secoli, in occasione della recente ricorrenza del quattrocentenario dalla nascita, si son tenute ovunque celebrazioni, studi e ricerche dedicate al suo teatro e alla sua mai tramontata Comédie humaine. In particolare, L’Avaro e Il Malato immaginario sono stati i due titoli a cui, una generazione dopo l’altra, i De Filippo, padre e figlio, hanno dedicato seppur con differenti approcci la loro attenzione, sia teatrale che umana, dal momento che per entrambi, come del resto per Molière, il confine tra la rappresentazione teatrale e la vita come teatro, anche vissuto nella realtà quotidiana, è stato davvero sottile».

Molière contemporaneo nel solco di una lunga tradizione

L’avaro immaginario di Enzo Decaro si predispone come uno spettacolo che vuole riportare in auge una lunga e complessa tradizione, dal Seicento di Molière al Novecento dei De Filippo – ovviamente chiari i riferimenti alla compagnia dei Fratelli de’ Bruno da Nola, discendenti dal sommo filosofo Giordano Bruno, una vera e propria “carretta” di comici nomadi tanto cari soprattutto a Peppino e Luigi De Filippo. E, dunque, fino ai giorni nostri più contemporanei si ripresenta l’attenzione a quel repertorio tanto vasto quanto immenso in senso lato, confermando ancora una volta quanto un classico diventi tale nel momento in cui riesce a resistere alla memoria sia del tempo sia della geografia in tal caso, capace di dire ancora tanto, e quanto sia fondamentale riviverlo in forme attualizzate.   

Per quanto la pièce L’avaro immaginario di Enzo Decaro si riveli celebrativa di quella tradizione di cui si è parlato fino ad ora, inserendosi perfettamente nello scopo espresso dal regista poc’anzi e dal teatro stesso, che nella sua stagione esprime la volontà di creare un fil rouge tra tradizione e contemporaneità, è altrettanto interessante notare quanto tale operazione venga effettuata in parte senza il peso citazionistico. Bensì, tutta la compagnia cerca di restituire di quella tradizione lo spirito, l’ironia, la comicità esplicita e sottile al tempo stesso, la cultura stracolma di contaminazioni di una Napoli di cui si dovrebbe indagare e preservare di più. Un teatro a cielo aperto, un ventre il cui sipario non si chiude mai, in cui finzione e realtà si fondono, si complicano a vicenda in un rapporto inscindibile; come, infine, è stata la vita di Molière, dei De Filippo, nonostante «la faim» diventasse «‘a famm’», e che infine viene rivissuta dalla messinscena.

Fonte immagine di copertina: Ufficio Stampa

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A proposito di Francesca Hasson

Francesca Hasson nasce il 26 Marzo 1998 a Napoli. Nel 2017 consegue il diploma di maturità presso il liceo classico statale Adolfo Pansini (NA) e nel 2021 si laurea alla facoltà di Lettere Moderne presso la Federico II (NA). Specializzanda alla facoltà di "Discipline della musica e dello spettacolo. Storia e teoria" sempre presso l'università Federico II a Napoli, nutre una forte passione per l'arte in ogni sua forma, soprattutto per il teatro ed il cinema. Infatti, studia per otto anni alla "Palestra dell'attore" del Teatro Diana e successivamente si diletta in varie esperienze teatrali e comparse su alcuni set importanti. Fin da piccola carta e penna sono i suoi strumenti preferiti per potere parlare al mondo ed osservarlo. L'importanza della cultura è da sempre il suo focus principale: sostiene che la cultura sia ciò che ci salva e che soprattutto l'arte ci ricorda che siamo essere umani.

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