Le signorine di Gianni Clementi, regia di Pierpaolo Sepe con Giuliana De Sio e Isa Danieli è in scena al Teatro Acacia di Napoli fino al 27 febbraio, ed è assolutamente imperdibile.
Una camera col letto da rifare, una donna che fissa lo schermo di un televisore. Un’altra che irrompe nella stanza e dà il via a un duello senza esclusione di colpi. La prima è Addolorata, interpretata da Giuliana De Sio, la seconda è Rosaria, Isa Danieli. Addolorata è la sorella minore, quella che vorrebbe dare una svolta alla propria vita, quella che vorrebbe emanciparsi dalla opaca e smilza quotidianità che entrambe abitano. La camera nella quale la storia prende vita è quella di Addolorata, della quale vediamo tutto, anche il suo armadio; le sfumature dei suoi vestiti sono tenui, come tenue è la resistenza che oppone alle angherie della sorella. Rosaria, la maggiore, è quella morigerata, quella che spegne il televisore che consuma troppo, tranne che per guardare il telegiornale, quella che cucina per entrambe, che veste di nero e che abita una stanza che non vediamo. I suoi spazi, le sue cose, sono ridotte all’essenziale, eppure la sua presenza occupa tutti lo spazio possibile. L’importante per Rosaria è risparmiare, non consumare, non sperperare. Cosa c’è di meglio, quindi, di un piatto di spaghetti a vongole fujute? Unico diversivo per sfuggire a questa soffocante realtà per Addolorata sono le magnetiche chiamate col mago che le legge le carte, puntualmente interrotte sul più bello dalla sorella.
Le signorine, la tragicommedia del quotidiano
Le signorine è una commedia di Eduardiana memoria, non solo per il piatto di spaghetti cucinato da Rosaria, ma per la messa in scena di una quotidianità esasperata da rapporti familiari asfissianti, che escludono qualsiasi possibilità di evasione. Tutto è chiuso, e il mondo entra in casa delle signorine attraverso le poche vie di fuga che Addolorata è riuscita a ricavarsi: il telefono, la televisione e l’armadio, nel quale si rifugia quando l’esasperazione è troppa. Le parole sono frecce che fanno ridere per il paradosso che scatenano; la reazione di Addolorata è rinchiudersi nella sua stanza che coincide con tutto il suo mondo, che finirà per inglobare la stessa Rosaria. E mentre di Addolorata tutto è in mostra, di Rosaria non vediamo nulla se non se stessa. Quella oscurità di cui si veste e che porta con sé come un’aura che la segue provoca il riso e insieme offre uno spiraglio sull’abisso e fa paura; l’altra faccia del comico, che provoca uno straniamento simile a quello provocato dalle apparizioni del mago, o alle macabre filastrocche-sfottò dei bambini di un tempo che ritornano nei sogni e negli incubi degli adulti, per mutarsi in nevrosi. Addolorata e Rosaria hanno imparato ad abitare le reciproche mancanze, diventando interdipendenti, come per le persone che hanno condiviso e subito le conseguenze dolorose delle scelte degli altri; entrambe zoppicano, a causa di una malattia che poteva essere evitata e per questo prese di mira da bambine e dai loro stessi genitori, da adulte subiscono invece il giudizio degli altri per quella condizione socialmente inaccettabile di donne non sposate. La frustrazione che ne deriva è in Rosaria estrema consapevolezza di ciò che è, e per Addolorata ambizione ossessiva ma inconcludente verso ciò che non sarà mai.
La capacità di Isa Danieli di essere personaggio e non di interpretarlo, quella di Giuliana De Sio a convincere in tutte le mutevoli forme che assume fanno de Le Signorine una commedia piena di tematiche, di personalità, di riflessione, che fa ridere di gusto, pur mettendo in scena la tragicità della solitudine che si nasconde dietro la porta di casa.