La mia opera è una questione di suoni fondamentali, nel modo più sistematico possibile e io non accetto responsabilità per nient’altro. Se la gente vuol farsi venire il mal di testa con le sfumature di senso, faccia pure.
(Samuel Beckett al regista americano Alan Schneider)
Una stanza buia, illuminata dal debole cono di luce di una lampada, uno scrittoio e un uomo in compagnia della sua voce, immerso nelle ombre della sua solitudine. Krapp il suo nome, figlio della penna di Beckett e interpretato da un gigantesco Tonino Taiuti.
Così si apre la stagione del Ridotto del Mercadante, felicemente pieno, dato il ritorno al 100% di presenza nei teatri. Si apre con un capolavoro del teatro beckettiano, scarno di parole, ma denso di significato: L’ultimo nastro di Krapp, in scena dal 14 al 24 ottobre.
L’atto unico ha inizio con il vecchio Krapp, affaccendato nel suo far nulla, intento a cercare una bobina: la bobina numero tre della scatola numero cinque. Fisso il suo sguardo nella cui profondità ci si perde, come a tratti si perde il filo conduttore della storia, che di fili conduttori non ne ha: un uomo squassato dall’esistenza che, prossimo alla morte, ascolta una sua registrazione diaristica di trent’anni prima e deride sé stesso per il futile tentativo di dare un senso alla propria esistenza.
Fratello perfetto degli altri personaggi beckettiani, Krapp, conciato come un clown, è un artista, uno scrittore, divenuto ormai un rottame, un essere squassato dall’esistenza, in lotta con il fantasma di sé stesso, fatto di voci, suoni e pensieri ormai invecchiati. E perfetto è Tonino Taiuti a portare in scena l’incomunicabilità del personaggio: gesti meccanici, sospiri, imprecazioni, sguardi fissi, risate isteriche che rendono perfettamente il senso fallimentare, il vuoto dell’esistenza di Krapp. Una figura grottesca che si muove goffamente, a scatti, tra le camere della sua casa, tra le stanze della sua memoria. Il passato fa visita al presente, riemerge attraverso un nastro registrato, necessario a chi fa fatica a ricordare. E mentre schernisce l’uomo che era stato, animato da illusioni e vuote convinzioni, si insinua in lui una triste consapevolezza, il rimpianto di aver forse rinunciato, in nome di ambizioni abortite, all’unica felicità possibile: l’amore.
“Forse i miei anni migliori sono finiti. Quando la felicità era forse ancora possibile. Ma non li rivorrei indietro. Non col fuoco che sento in me ora. No, non li rivorrei indietro”. Krapp immobile guarda fisso davanti a sé. Il nastro continua a registrare in silenzio.
L’ULTIMO NASTRO DI KRAPP
di Samuel Beckett
diretto e interpretato da TONINO TAIUTI
dal 14 > 24 ottobre al Ridotto del Mercadante
Immagine in evidenza: Teatro di Napoli