Mal d’Aurora (Salotto Gloeden) | Recensione

Mal d’Aurora | Recensione

Venerdì 10 Gennaio si é tenuto a Salotto Gloeden il secondo appuntamento della trilogia dei Poeti maledetti. Va in scena Mal d’Aurora, uno spettacolo sensazionale durante il quale viene rappresentata per la prima volta la vita di un autore ormai dimenticato: il padre del surrealismo, Isidore Ducasse, in arte Comte de Lautréamont
Mal d’Aurora è frutto di un immenso lavoro di ricerca effettuato dall’autore del testo Antonio Mocciola, il quale è riuscito a mettere su una ricostruzione inedita della vita di un grande artista che ci ha lasciato una produzione breve, seppur incredibilmente importante. Il protagonista è stato interpretato da Francesco Petrillo e la regia affidata a Giuseppe Brandi.

Il medesimo spettacolo, insieme all’intera trilogia, sarà portato nella città delle luci. Infatti, sarà il palco dell’Essaïon Théâtre di Parigi ad accogliere l’opera in tutta la sua unicità. 

Lo spettacolo

Il nome Mal d’Aurora è stato estrapolato dal nome dell’unica opera realizzata da Lautréamont, I canti di Maldoror. Il titolo dell’opera veste perfettamente il Male di vivere che non solo è la caratteristica della corrente artistico-letteraria surrealista, ma è soprattutto la rappresentazione calzante della vita di Isidore Ducasse, autore geniale, vittima della sua infelicità e di una vita troppo breve per essere vissuta. 
Questa incalzante biografia è magistralmente incarnata dall’attore Francesco Petrillo, integralmente nudo, il quale riempie la scena con un monologo che si incastra con l’anima degli spettatori. Risulta impossibile non incantarsi alla pronuncia di ogni singola parola. Il testo di Antonio Mocciola è sfacciato, a tratti disturbante nel raccontare la verità cruda e soffocante che ha attanagliato la vita di Lautréamont, inducendo ad una profonda riflessione che perdura nei momenti seguenti allo spettacolo. Francesco Petrillo riesce a rendere anche le scene più struggenti, un vero e proprio capolavoro di dinamicità, rendendo lo scorrere del tempo relativo e non pienamente percepibile. 

Intervista a Francesco Petrillo

Successivamente allo spettacolo, tra commozione ed euforia, abbiamo avuto l’opportunità di intervistare brevemente Francesco Petrillo, colui che in Mal d’Aurora ha interpretato il monologo rendendolo vivo.

Ti sei sentito affine al personaggio?

«In realtà è molto lontano da me, perché ha una fragilità e soprattutto una concezione del mondo totalmente pessimista, al contrario di me, che invece cerco di essere sempre ottimista. Sicuramente quello che ho sentito vicino è stato una sorta di mancanza. Lui provava mancanza per l’affetto materno, io invece ho cercato di trasportare tutto su una mia, magari pensando a mio nonno. Però Isidore era totalmente diverso da me, a differenza di altri personaggi che ho fatto già con Antonio, per questo spettacolo ho dovuto destrutturare tutto quello su cui avevo lavorato precedentemente.»

Le caratteristiche del protagonista sono state modificate per adattarsi meglio alla tua persona?

«Io mi sono affidato alle parole di Antonio e ai pochi versi dei canti di Maldoror, perché su questo autore non c’è praticamente alcuna informazione, a differenza magari di Rimbaud o di Verlaine, riguardo i quali, c’è parecchia biografia. Su di lui si è lavorato prevalentemente di fantasia. Abbiamo cercato di tradurre la poetica e metterla nella vita del personaggio. La parte in cui Antonio si è ispirato a me è stata la descrizione fisica. Noi non sappiamo in realtà quanto era alto o che viso avesse perché c’è solo un dipinto, però è stata utilizzata prevalentemente la creatività, sia da parte di Antonio che da parte di Peppe alla regia.»

Hai avuto difficoltà a cimentarti in un’opera dal tale carico emotivo, aggiungendoci la crudezza della nudità?

«Non è la prima volta che recito nudo. Ho sperimentato questa condizione già in due spettacoli: uno spettacolo che si chiamava “Occhi delinquenti”, in cui ho impersonato un anarchico lucano, e la seconda volta con uno spettacolo che si chiamava “Dispacci da mosca”, in cui facevo un ladro, un cocainomane. Con quest’opera invece, non ho avuto tanta difficoltà con il nudo. La difficoltà è stata essere da solo in scena. È il primo monologo che faccio, inoltre vengo dal teatro comico-umoristico, quindi questi testi sono completamente opposti a quello che faccio solitamente. La difficoltà con il nudo c’è, perché implica una totale concentrazione, è come se tu non potessi sbagliare, sei privato di tutto, quindi devi concentrarti solo sulla parola, cercare di coinvolgere il pubblico. Credo che se riesci a farlo, il pubblico a un certo punto si dimentica anche che sei nudo in scena. Ed ho capito che il nudo altro non è che un costume di scena.»

Vuoi dirci qualcosa che magari pensi possa non trapelare dallo spettacolo, qualcosa che hai provato tu o che ti abbia colpito particolarmente del testo?

«Sì, quello che è riuscito a fare in solo 24 anni di vita e la totale assenza di gioie nella vita di questo ragazzo mi ha colpito. Penso che esca fuori quest’anima nera, questo poeta dark che poi è diventato. Però mi ha colpito la descrizione finale che fa quando cita il sesto canto di Maldoror, quando dice “sono sporco, sono roso dai pidocchi”. E mi ha colpito la descrizione fantasiosa ma che, a distanza di 200 anni, interpretarla mi ha aiutato nel comprenderla. Quando l’ho letto la prima volta era talmente assurdo quello che era scritto che io dicevo “ma come?”  “i camaleonti, i rospi sotto le ascelle, il fungo?”. Però quel modo di raccontarlo, andandolo a fare in scena, mi ha aiutato. Dovevo solo leggerlo e poi sono riuscito in qualche modo a metterlo in scena, a rappresentarlo, a creare questa sorta di creatura che si sta sempre più spegnendo e deformando. Quindi mi ha colpito la capacità di questo poeta, che non è stata riconosciuta in vita, a distanza di 200 anni, di rendere facile qualcosa che a prima lettura non è facile. Questo è quello che più di tutto mi ha colpito. Questa tra tutti i momenti strazianti, è la scena che interpretando mi sono detto: “cavolo, era così semplice, bastava leggere”.»

Fonte immagine: ufficio stampa

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