La storia di un dolore , della sofferenza di una perdita. Questa è parte dell’idea della messa in scena dello spettacolo “Marguerite” di e con Cristina Donadio in scena al Teatro Sannazaro di Napoli con Matthieu Pastore.
Un percorso frammentato – narrato per immagini – una serie di fotogrammi interiori – istantanee in bianco e nero dell’animo di una giovane donna. La storia di un amore funziona da mezzo di contrasto per evidenziare una storia familiare difficile e dolorosa fondata come è su un rapporto di odio-amore tra la giovane donna e sua madre , un rapporto esemplare per i suoi abissali risvolti emotivi. E la musica accompagna , contrasta, precede o insegue le immagini, le parole ed i gesti. Per incontrarsi, solo nel finale, in una lenta, cinematografica dissolvenza.
Accompagnano lo spettacolo le musiche di Marco Zurzolo al sax, eseguite da Marco de Tilla al contrabbasso e Pino Tafuto al pianoforte.
Cristina Donadio porta in scena Marguerite Duras
L’idea della messa in scena dello spettacolo tratto dall’ Amante di Marguerite Duras risale al 1987 dopo la prematura scomparsa di Annibale Ruccello e Stefano Tosi (compagno di Cristina Donadio) che perirono in un incidente stradale.
La scrittrice francese ha il merito con la sua scrittura di esprimere magistralmente gli stati d’animo che si provano per la perdita di una persona cara. Il libro in parte autobiografico parla della struggente passione clandestina che la protagonista nutre per un uomo più grande di lei. Storia contrastata che non andrà a buon fine anche se i protagonisti la porteranno per sempre nei loro cuori.
Al centro di Marguerite il rapporto di amore-odio che la protagonista nutre per la madre, dominata dopo la vedovanza da una disperazione totale, e il fratello maggiore.
Cristina Donadio ha esordito con i grandi della tradizione teatrale napoletana (Taranto, Croccolo, Moscato, De Angelis), ha lavorato con la Cavani, Squitieri, Castellito e altri. Si è fatta conoscere al grande pubblico televisivo per la serie Gomorra dove interpretava magistralmente la boss Scianel. Il suo è un continuo camaleontismo scenico, anche se la sua passione primaria rimane il Teatro che le ha dato molte soddisfazioni e continua ad essere per lei fonte di ispirazione e di orgoglio dopo trent’anni di carriera.
Un grande attore- regista francese (Jouvet) diceva che non è la recitazione a generare il sentimento , ma è il sentimento in cui è l’attore in quel momento a generare la recitazione. I sentimenti al diapason che emergono dal passato coinvolgono il pubblico in sala durante lo spettacolo e, come una dolorosa marea sommergono il cuore: Cristina Donadio ha il merito di far emergere la carne viva del personaggio, eliminando inutili infrastrutture.
I cambi del punto di vista della narrazione sono continui, frequentissimi i salti temporali in avanti e all’indietro, un passaggio senza soluzione di continuità dal discorso diretto all’indiretto e il rumore del mare che fa da collante. Una sorta di tributo all’anima femminile, all’amore, alla solitudine, alla ferita, alla sconfitta, al coraggio in un racconto poetico e istintivo. Ci troviamo di fronte a uno spettacolo raffinato di forte immedesimazione da parte della Donadio, quasi la sensazione di una catarsi dolorosa ma necessaria.
Una nota di merito sentiamo di dover dare all’incisività delle note di Marco Zurzolo che hanno accompagnato lo spettacolo. Filmati e audio originali dell’epoca della Duras vengono proiettati su uno schermo gigante creando una suggestiva cornice allo spettacolo
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