Dopo il grandissimo successo televisivo de “Il Commissario Ricciardi”, presto in tv con la terza stagione, Maurizio de Giovanni porta in scena “Mettici la mano” al Teatro Sannazaro di Napoli.
In scena nei teatri di tutt’Italia per il quarto anno consecutivo con Mettici la mano, ogni anno campione d’incassi, Maurizio de Giovanni e la sua instancabile penna continuano ad incantare ancora e regalano nuovi capitoli ambientati nell’universo letterario del Commissario Ricciardi: è in tutte le librerie Volver, l’ultimo e – probabilmente, nelle intenzioni del suo autore – definitivo capitolo della saga.
Nei primi mesi del 2025, infatti, andrà in onda la terza ed ultima stagione della serie, con Lino Guanciale nel ruolo del protagonista Luigi Alfredo Ricciardi, il commissario che ha il dono (e la sventura) di cogliere gli ultimi pensieri e le ultime emozioni di un’anima mentre questa lascia il corpo che ha abitato in vita.
Con la regia del compianto Alessandro D’Alatri, regista della prima fortunata stagione televisiva del Commissario Ricciardi, dal 6 al 15 dicembre 2024 va in scena al Teatro Sannazaro di Napoli Mettici la mano, una pièce, spin-off della saga di Ricciardi, ambientata nella primavera del ’43, in uno scantinato di tufo che fa da rifugio improvvisato, riparo dai bombardamenti, in una Napoli più che mai sofferente e devastata dal nazifascismo. In un angolo, una statua della Madonna Immacolata, misteriosamente e miracolosamente scampata alla distruzione di una chiesa, oggetto di culto anche lì, in uno scantinato umido, a donare conforto a chi conforto non ha più, a chi ha perso la casa e la speranza sotto i bombardamenti.
Proprio in questo scantinato si ritrova, senza essersi dati appuntamento, l’improbabile coppia di amici i cui siparietti hanno divertito i telespettatori: Bambinella e il Brigadiere Raffaele Maione, interpretati sul palcoscenico dagli stessi attori che ne hanno già vestito i panni nella serie televisiva, Adriano Falivene e Antonio Milo. Uno, un femminiello che sopravvive esercitando la prostituzione sui quartieri spagnoli, la capera meglio informata della città; l’altro, il fidato compagno di avventure del Commissario Ricciardi, l’integerrimo brigadiere dal cuore tenero che in più di un’occasione ha messo da parte l’etica professionale e la giustizia tradizionale a vantaggio della morale e di una giustizia meno vincolata alle maglie strette della legge, ma forse proprio per questo più giusta ed etica, come quando, alcuni anni prima, ricordando le circostanze in cui nacque la strana amicizia con Bambinella, divenuto poi il suo informatore di fiducia, ammette di non averlo arrestato assieme alle sue colleghe nel bordello abusivo in cui lavorava perché non sapeva se collocarlo nella cella degli uomini o in quella delle donne. Il Brigadiere ha condotto con sé, in arresto, la giovane Melina (Elisabetta Mirra), una ragazza dall’aspetto innocente che nasconde un terribile dolore ed una rabbia incontenibile, rabbia che la giovane donna lascia esplodere, finanche contro Dio e contro la Madonna, ogni qualvolta Bambinella e Maione provano a rivolgerle qualche domanda. La Madonna, spettatrice muta e addolorata, viene più volte chiamata in causa, affinché possa metterci la mano: è centrale il tema dell’aiuto di Dio ai bisognosi, della fede come conforto dalle brutture della vita, del perdono e del pentimento. Fede incrollabile in Bambinella, che si rifugia nella preghiera ad ogni boato, totale scetticismo in Milena, abbandonata da Dio nell’ora più buia.
Mettici la mano: un crescendo di tensione ed emozione con l’intensificarsi dei bombardamenti
Sul palco ritroveremo la leggerezza di Bambinella che non è superficialità, ma voglia di vivere e sete d’amore, il rigore non così inflessibile di Maione, la forza e la rabbia tutta femminile di Melina, vittima divenuta carnefice per un dolore più grande di lei: tre anime diverse che s’incontrano in una circostanza comune e che devono, volente o nolente, riempire di parole il silenzio squarciato dai boati, per evitare di soccombere alla paura, all’incertezza del domani, alla disperazione.
Il dialogo, forzato dalle circostanze, tra i tre occupanti dello scantinato diviene sempre più intimo, profondo, serrato: la commedia di Bambinella e Maione, con le gag caratteristiche dei romanzi e della serie tv, cede il passo alla tragedia nel dramma di Melina, consumatosi con la consapevolezza lucida della disperazione, e nel dramma comune della percezione della spada di Damocle che pende sulle loro teste, rappresentata dai boati sempre più cupi e sinistri, ignara delle loro umane vicende. La statua della Madonna è giudice e assieme testimone di un processo contro Melina, accusata dal Brigadiere di un brutale omicidio, difesa da Bambinella che, naturalmente empatico e pronto all’ascolto più che al giudizio, cerca nella comune sofferenza, nella comune condizione di emarginazione, nel conforto della fede e nella possibilità di redenzione un terreno comune di confronto con la giovane.
Nel frattempo, il mondo fuori dallo scantinato ricorda la sua esistenza col fragore delle bombe, che cadono sempre più vicine: ciò che conta è arrivare a udire il felice suono della sirena che conduce alla libertà, uscire di lì, uscire vivi, ritornare alle proprie vite, ai propri cari. Ma nessuno dei tre occupanti dello scantinato sarà lo stesso, una volta uscito di lì.
Particolarmente intensa e riuscita l’interpretazione di Adriano Falivene di Bambinella, uno dei personaggi più amati e meglio caratterizzati dell’universo letterario del Commissario Ricciardi e personalità che, per la sua innata carica istrionica, brilla di luce propria sul palco più che altrove.
L’interpretazione magistrale dei tre attori dona alla storia spessore e realismo, poesia ed intensità: Mettici la mano è una pagina struggente e meravigliosa della saga di Ricciardi, più viva e più vera dell’esperienza televisiva e del romanzo perché, nelle parole del suo autore, Maurizio de Giovanni, “nulla è più reale del teatro, neanche la vita“.
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Fonte immagine: ufficio stampa