Dal 25 al 27 marzo scorso è andato in scena al teatro Sannazaro “Ovvi destini”, spettacolo diretto da Filippo Gili che, dopo il successo della “Trilogia di Mezzanotte”, è tornato a scavare nelle relazioni familiari e nell’intimità umana. La rappresentazione teatrale ruota intorno al rapporto fra tre sorelle: Laura (Vanessa Scalera), Lucia (Anna Ferzetti) e Costanza (Daniela Marra). Quest’ultima ha perso l’uso delle gambe in seguito a un incidente provocato dalla sorella maggiore, Laura, la cui responsabilità è rimasta ignota, almeno fino all’arrivo di un uomo misterioso (Pier Giorgio Bellocchio) che inizia a ricattarla in cambio del suo silenzio.
Vanessa Scalera, Anna Ferzetti, Daniela Marra e Pier Giorgio Bellocchio hanno regalato al pubblico una prestazione figlia di studio, preparazione e talento. Ciò che ne è conseguito non poteva essere altro che una dimostrazione dell’elevato livello teatrale su cui storicamente viaggia il nostro Paese e un omaggio alla giornata Mondiale del Teatro, celebrata domenica 27 marzo in concomitanza alla serata che ha concluso al Sannazaro il fine settimana targato Filippo Gili. Ovvi destini è impregnato dall’inizio alla fine di filosofia, a partire dal concetto di malattia che nel corso dello spettacolo viene sviscerato nelle sue più diverse sfumature: dal disturbo in sé arrivando fino alla sua, spesso difficoltosa, elaborazione. Nel mezzo viene descritta la condizione umana, a tratti fragile, raramente generosa e spesso egoista. In un tale contesto emerge sovrana l’ipocrisia di fronte alla quale lo spettatore si interroga, chiedendosi non solo quanto valga ciò a cui tiene ma, soprattutto, in quale entità perisca ciò che è al di là dei propri interessi.
Ovvi destini si sviluppa su una serie di confini e contrapposizioni: realtà e illusione, speranza e cinismo, vita e morte. Lo spettatore si immedesima nei personaggi, riflette con loro di fronte a scelte di ampia portata etica, arrivando anche a giustificarli per i loro errori, perché consci della difficoltà insita nelle scelte giuste. A fare da sfondo allo spettacolo è il tema della morte che, come un filo, lega le diverse scene tra loro e conduce lo spettatore a guardarsi dentro, affrontando il rimorso generato dalla consapevolezza di vivere “non stando in piedi, ma pensando di poterlo fare in qualsiasi momento”. Il rischio di assecondare questo comportamento è quello di perdere, nel momento in cui vengono meno gli appoggi, l’equilibrio, altra dimensione su cui è basato lo spettacolo. In Ovvi destini, l’equilibrio viene scritto in una lingua etica: ciò che ne consegue è un’efficace trattazione dello squarcio causato da scelte tanto egoistiche quanto ineliminabili, perché parte della condizione umana. Allora, il piacere immediatamente successivo alla scelta entra in conflitto con i sensi di colpa, che sul lungo periodo assediano la coscienza.
Quanto siamo disposti a perdere prima di arrivare a vincere?
La redenzione passa attraverso scelte morali.
Fonte immagine: comunicato stampa teatro Sannazaro