Peppe Villa non è un semplice attore o un interprete: è recitazione allo stato puro e come tale sa come intrattenere, interessare e affascinare il pubblico e creare un palcoscenico ovunque. Con studio e metodo, selezionando i luoghi che pur essendo di passaggio, vantano quella quiete che permette allo spettatore di ascoltare la sua voce, osservare la sua interpretazione ed emozionarsi con la sua performance. Peppe Villa non chiede soldi per questo: il suo cappello non è lì per terra, pronta a raccogliere le offerte, ma nella sua mano. Nell’altra c’è un pomodoro. E’ la scelta che l’artista dà al pubblico: “se non vi sono piaciuto, potete tirarmi questo pomodoro, se sì, mi basta un omaggio!” Non è beneficenza, Peppe offre qualcosa in cambio:la sua esperienza, la sua passione, la sua sensibilità e ovviamente la bravura!
Queste performance live sono nate durante la chiusura forzata per il Covid e proseguite anche dopo la riapertura dei Teatri dai quali però non sono giunte molte offerte di lavoro. Ma questo non lo ha fermato. E da due anni, ormai, che ci sia vento, pioggia, caldo o freddo, Peppe continua a mettere in scena il suo spettacolo dal vivo, intitolato “Mi hanno chiuso fuori al teatro” e finalmente i suoi sforzi stanno per ricevere una luce più ampia e l’occhio di bue sta per puntare dritto su di lui. Lo spettacolo si arricchirà di pezzi, note autobiografiche e, nell’attesa, lo abbiamo incontrato per farci raccontare tutto di persona!
Peppe Villa, parlaci del tuo nuovo progetto “Mi hanno chiuso fuori al teatro!”
L’idea di lavorare per strada è nata durante durante il covid, quando non c’era veramente lavoro più per nessuno, i teatri erano chiusi, osservando il lavoro degli artisti di strada e spinto dall’esigenza di esprimermi attraverso la comunicazione attoriale che è qualcosa che va oltre il semplice lavoro di attore. Non è limitato al mestiere, lavoro e guadagno ma una esigenza quasi fisica di comunicare, di amplificare un messaggio emotivo. Ho creato un repertorio adatto a tutti, grandi e piccoli, con pezzi di Totò, brani dalle Favole al Telefono di Gianni Rodari – La Guerra delle Campane, un tema a me caro e molto controverso, visto il momento, Una dichiarazione d’amore di Sarah Kane, autrice molto complessa e tanti altri ancora, che le persone possono scegliere attraverso un QR code che ho creato su wix che espongo ogni volta che interpreto un brano, accompagnato da un tappeto sonoro scelto apposta per quel pezzo.
In teatro o sempre per strada?
Grazie al supporto del Progetto Officina, della Scuola Elementare del Teatro, fondata 9 anni fa da Davide Iodice e Peppe Cafarella, c’è la possibilità che diventi un vero e proprio spettacolo, grazie al supporto del Teatro di Napoli del Mercadante e del Trianon Viviani e l’Asilo Filangieri. La Scuola Scuola Elementare del Teatro, ha come obiettivo creare una “comunità” che per mezzo del teatro, si impegna ad aiutare e sostenere attori e compagnie. Ma il lavoro più encomiabile è certamente quello svolto con i ragazzi con disabilità fisiche e psicologiche, come quelli che hanno portato in scena nell’edizione di quest’anno del Campania Teatro Festival, una versione molto particolare di Pinocchio, diretta da Davide Iodice, incentrata sulla diversità in quanto unicità di questi ragazzi.
Si può dire che la determinazione non ti manchi!
Se non facessi l’attore, non riuscirei a sentirmi veramente me stesso, anche se il momento è difficile come non mai. Con il Covid, moltissimi dei miei colleghi, talentuosi attori, hanno lasciato la recitazione per un lavoro stabile, perché – specialmente a Napoli – non si vive di sola arte! Un giorno, mentre mi esibivo in Floridiana, una signora disse “l’Arte va regalata” ma le risposi che la questione è molto più complessa e probabilmente non alla portata di tutti. Per realizzare dei progetti bisogna monetizzare ed è mia ferma intenzione raggiungere degli obiettivi!
E non ti manca neanche l’esperienza, hai lavorato con nomi importanti!
Nonostante io abbia iniziato relativamente tardi a studiare recitazione ho avuto la fortuna e il privilegio di lavorare con personalità importanti nel mondo del teatro, come Roberto Andò, Carlo Cerciello Walter Manfrè, Costantino Raimondi e avuto diverse esperienze tra cinema e televisione. Prima che la pandemia ci piombasse addosso, con tutte le sue conseguenze, ho tenuto un laboratorio di teatro tutto mio, una cosa che vorrei riprendere al più presto.
Facciamo un piccolo passo indietro nel tempo: che cosa ti ha spinto a iniziare a recitare?
Ho iniziato a studiare recitazione per superare un momento molto difficile della mia vita. Mi ricordo la prima volta che misi piede sul palco, è stato come una scarica di adrenalina, come quando voli in aereo: hai paura ma poi guardi fuori e vedi l’immensità e ti si riempie il cuore. Questo è ciò che ho provato la prima volta che sono salito sul palco e lì non ho smesso mai più. Ho studiato presso il Laboratorio Permanente del Teatro Elicantropo a Napoli diretto da Carlo Cerciello e Umberto Serra. Nel corso degli anni ho approfonditogli studi di recitazione, grazie all’incontro con artisti del calibro di Danio Manfredini, Lino Musella, Fabio Mangolini, Guerassim Dichliev – l’assistente e insegnante presso la scuola di mimodramma di Marcel Marceau a Parigi – Pino Carbone, Giorgia Trasselli, Marina Confalone, Gianfelice Imparato, Costantino Raimondi, Sergio Longobardi. Ognuno di loro mi ha lasciato qualcosa di importante nel mio percorso. Per questo, ritengo che il teatro sia anche e soprattutto condivisione e supporto a livello pedagogico. Per questo ho preso parte a gruppi di Teatroterapia, come il Teatro dell’Anima, di Dario Aquilina, uno bravissimo psicoterapeuta molto noto nell’ambiente. Volevo aiutare gli altri ad esprimersi sul palco, senza pressioni, né ansia da prestazione. Sono una persona molto spontanea, nel bene e nel male e so che cosa significa sentirsi smarriti e ritrovarsi per mezzo della recitazione.
Hai lavorato duramente, per arrivare ad oggi.
Sempre! Per anni ho collaborato con diverse associazioni per progetti teatrali didattici rivolti alle scuole in qualità di attore, regista e formatore teatrale. Nel 2016 ho fondato il mio laboratorio di formazione e pratica teatrale “La Taverna dell’attore”, ho anche vinto il premio miglior attore del Festival della Luna Piena edizione 2005. Collabora da anni con diverse realtà cittadine per visite teatralizzate ed eventi. La recitazione non è una mera questione di imparare battute e ripetere a pappagallo, il teatro è fisicità, è esercizio fisico e duro lavoro. Ricordo un corso intensivo con Danio Manfredini e l’esperienza con Teatri in Gestazione, che includeva anche un training fisico. Tutte le esperienze, le cose che ho imparato, le persone che ho incontrato, diventareanno parte dello spettacolo Mi hanno chiuso fuori al Teatro, che promette di essere uno spettacolo diverso da qualsiasi cosa vista finora!
Peppe Villa, come reputi la situazione dell’ambiente del teatro a Napoli?
Napoli è molto tradizionalista da questo punto di vista e i teatri sono determinati a recuperare il fatturato perso in due anni di stop, anche considerando il tipo di pubblico ed è ovvio mettere in scena spettacoli che sai per certo, attireranno persone e porteranno prestigio e benzina, ma è anche vero che teatri come il Bellini e come il Trianon Viviani, stanno apportando, quasi timidamente, dei cambiamenti significativi, come l’inserimento di serate dedicate alla Stand Up Comedy. Come in molti altri ambienti artistici, ci sono situazioni particolari, piccole invidie e incomprensioni, ma chi come me vive con questa passione.
Non ci resta che aspettare gli sviluppi del progetto di Peppe Villa, a cui auguriamo di non perdere mai la passione che guida i suoi passi verso questo spettacolo: un monologo che promette di far ridere e piangere e riflettere su quanto le avversità della vita e quanto siamo forti nel trasformarle nei nostri punti di forza. Nel frattempo, possiamo incontrarlo, con la sua bombetta e il pomodoro, con il suo speciale menù di brani intensi e ascoltare attraverso la sua viva voce, senza microfoni, senza artifici e con semplicità, i brani più belli e intensi del Teatro Italiano.
Foto per gentile concessione di Peppe Villa