Il Campania Teatro Festival continua ad accompagnare i residenti – e non – in un’estate all’insegna delle arti: dalla letteratura al cinema, passando per il teatro e la danza. Il 2 luglio scorso è stato proiettato – nella magica cornice del Museo e Real Bosco di Capodimonte – Pulp Fiction, vero e proprio cult a firma di Quentin Tarantino. Sono arrivati, dunque, a Napoli i vizi della società statunitense, abilmente immortalati dal regista di Knoxville nella pellicola che nel 2024 compirà 30 anni. Quattro storie di violenza s’intersecano a Los Angeles in una struttura apparentemente circolare che fende la dimensione temporale. Razzismo, megalomania tipica di Hollywood, attaccamento alle armi, american dream: tutti fenomeni ritratti da Tarantino negli anni ’90 e pericolosamente attuali, come dimostra la cronaca recente relativa agli attacchi a scuole, supermercati e parate.
A precedere la proiezione all’aperto di Pulp Fiction, è stato l’intervento di Roberto Silvestri, presidente dell’Apulia Horror Film Festival di Gallipoli e nota penna critica cinematografica. Interrogato sullo stato del cinema italiano e sulla valorizzazione da parte delle istituzioni, Silvestri ha mostrato un comprensibile pessimismo – o forse sarebbe più corretto il termine realismo – evidenziando il disimpegno da parte delle autorità competenti. Ne è emerso un quadro contrastante con la realtà francese, proiettata invece verso la presenza, gli aiuti e l’interesse dello stato, e le strutture britanniche, le famose art school che negli anni hanno sfornato artisti del calibro dei Beatles e dei Rolling Stones. Istituti che puntano sull’unione e sull’incontro delle arti, considerate materia viva e non camere stagne. La critica verso il sistema nostrano si è concentrata poi sull’indirizzo dei finanziamenti pubblici, relativi principalmente a «eventi mainstream», piuttosto che a realtà indipendenti (come il Cineporto di Lecce o di Taranto), che bilanciano l’interesse delle proposte con la poca notorietà. Ne consegue, dunque, un appiattimento della produzione cinematografica verso il centro – il già visto sicuro che attrae lo spettatore medio – salvo rari e piacevoli “picchi”, come Paolo Sorrentino, candidato all’Oscar con È stata la mano di Dio, e Mario Martone, a maggio scorso al cinema con Nostalgia.
Interessante, infine, la riflessione sul ruolo del cinema e dei film in un mondo sempre più veloce, che punta a sfornare prodotti graditi al consumatore. Su questa direzione s’inserisce la quasi totalità delle serie-tv, i cui sceneggiatori tra una stagione e l’altra raccolgono i pareri e i desideri degli spettatori e li traducono in realtà. Per questo motivo, Roberto Silvestri descrive la maggior parte delle serie-tv in termini di semplice occupazione del tempo, mentre il cinema conserva (purtroppo in casi via via decrescenti) il fattore rischio: un prodotto finito che può essere acclamato oppure no, senza vie di mezzo o rimandi a stagioni future. Certo è che il proliferare di sequel, anche a distanza di decenni, dimostra la tendenza di parte del settore cinematografico ad allontanarsi dal rischio, riprendendo film cult o pellicole in cui – sentito il parere degli spettatori – aggiustare il tiro.
Licenza immagine: Creative Commons