«Tutto può succedere se ci mettiamo in testa che accada. Anche dar fuoco all’acqua».
Dar fuoco all’acqua è il nuovo libro di Marida Piepoli, edito Les Flâneurs. Il testo tratteggia la vita di Claudia una donna di quarant’anni con un lavoro da insegnante e una vita in sospeso. Per un errore burocratico – o per volere del destino? – si trasferisce per un anno scolastico dall’amata Bari a Papasidero, un paesino calabro di seicento anime, dove sembra esserci ciò di cui ha bisogno: il contatto con la natura, la semplicità delle piccole cose e nessuno che la conosca. Ma lì incontra Libero, trent’anni, divenuto uomo precocemente a causa dell’improvvisa scomparsa del padre, che si innamora di quella bionda così delicata e decide di volerla nella sua vita a tutti i costi. In un valzer continuo di avvicinamenti e allontanamenti tra i due dovuti inizialmente alla differenza d’età, con la calorosa accoglienza della coppia di gestori del B&B dove soggiorna al suo arrivo e i fatti di un intero paese a far da cornice alla vicenda, Claudia Fiore ritrova se stessa e la forza di affrontare ciò da cui è scappata: un matrimonio fallito, un errore fatale che le ha cambiato la vita e dal quale non riesce ad affrancarsi, complice un serpente tatuato sulla pelle che le ricorda quotidianamente la vicenda. Ma un anno passa in fretta e lei, seguendo il proprio istinto, prenderà una decisione in una escalation di eventi che la renderanno finalmente artefice del proprio destino.
Claudia appare una donna algida e scostante che non riesce a sciogliersi neppure se avvolta dallo sguardo profondo di Libero, giovane uomo, che contrariamente all’insegnante, è padrone della propria esistenza e non esita ad affrontarla di petto, modellandola come più gli aggrada, nonostante le difficoltà che lo hanno spinto a rimboccarsi le maniche molto presto. In primo luogo, Claudia frappone tra i due dei No categorici e la differenza d’età, scusa dietro la quale finisce per trincerarsi per non concedere un centimetro di spazio a Libero che autonomamente macina terreno, facendosi largo nella mente e poi nel cuore della bionda pugliese. I motivi della chiusura della protagonista vengono svelati pagina dopo pagina e celano traumi irrisolti e paure scaturite dal fallimento di un matrimonio apparentemente perfetto, ma che rappresentava una gabbia dorata per Claudia, completamente abbandonata a se stessa ed esposta come un trofeo durante le cene di lavoro del marito architetto. La famiglia della donna le volta le spalle quando, in seguito alla scoperta di un tradimento, Claudia lascia Paolo e si rifugia nel lavoro e nel legame viscerale che ha con la propria città natale, Bari, descritta con delicatezza e affetto dalla protagonista e dalla quale inizialmente si allontana a malincuore; Papasidero funge da contraltare per Bari e con la sua natura incontaminata e la calda accoglienza degli abitanti e degli alunni diventa un luogo sicuro che Claudia non è più convinta di lasciare.
L’autrice
Marida Piepoli, laureata in Lettere Moderne, compie il suo esordio letterario con Dar fuoco all’acqua. Occorre conferire una nota di merito alla cura per i dettagli: a partire dalla scelta di accompagnare la maggior parte dei capitoli del libro con frasi estrapolate da grandi classici della letteratura o canzoni, più o meni recenti, che anticipano l’atmosfera delle pagine successive, guidando il lettore in un’esperienza di lettura promettente in cui nulla è lasciato al caso.
Fonte immagine di copertina: Les Flâneurs Edizioni.