Al Teatro Nuovo di Napoli va in scena lo spettacolo Rumba di Ascanio Celestini (ovvero: Rumba – L’asino e il bue del presepe di San Francesco nel parcheggio del supermercato), scritto e diretto e interpretato da quest’ultimo, dal 14 al 17 novembre.
Il presepe: da San Francesco ai racconti in un parcheggio
Rumba di Ascanio Celestini – nome del titolo che trae spunto da una danza cubana di origine africana – si presenta come un monologo, talvolta cadenzato dalle musiche dal vivo di Gianluca Casadei. È l’ultima parte di una trilogia composta da Laika (2015) e Pueblo (2017), nella quale i personaggi “ignoti” sono sempre quegli stessi che vivono in un condominio di periferia e osservano, si raccontano. Narrano scene di povertà nel parcheggio di un supermercato, attraverso costanti metafore con il peregrinare religioso di San Francesco. E l’idea nasce dal presepe, che il santo allestì per la prima volta a Greccio nella notte di Natale del 1223 con soltanto un bue, un asinello e una mangiatoia, in nome di quella povertà di cui scelse di farsi frate, servo e portavoce spogliandosi da tutti i suoi averi.
Infatti, queste sono le domande da cui trae ispirazione Rumba di Ascanio Celestini: «Ma perché San Francesco ci affascina ancora dopo otto secoli? E dove lo troveremmo oggi? Tra i barboni che chiedono l’elemosina nel parcheggio di un supermercato? Tra i facchini africani che spostano pacchi in qualche grande magazzino della logistica?».
Rumba di Ascanio Celestini e il ritmo della vita
Da quel messaggio di povertà, di spogliarsi in nome della pace e dell’autenticità vera e pura, Rumba di Ascanio Celestini diventa una danza della vita in cui si ballano scene di miserie, di esseri umani che condividono la medesima condizione umana sullo stesso asfalto nel parcheggio di un supermercato. La musicalità è ciò che permea l’intero monologo: come si diceva prima, con il titolo si allude a una danza cubana ritmata, caratterizzata dalla ripetizione di alcune battute ed è esattamente ciò che avviene anche nel testo di Celestini. La narrazione è mordace, ironica, ben spiccata e nonostante ciò molto profonda, riuscendo a rendere in maniera precisa e puntuale quel senso tra sacro e profano di povertà.
Rumba di Ascanio Celestini, dunque, è una sfilata danzante di esseri umani che si alternano, vivono, lasciano il segno: «Giobbe, magazziniere analfabeta che ha organizzato il magazzino senza nemmeno una parola scritta. Joseph, che è partito dal suo paese in Africa, ha attraversato il deserto, è stato schiavo in Libia e poi naufrago nel mare. Forse si è salvato, ma in Italia è finito in carcere. Appena uscito è stato un facchino, ma adesso è un barbone. Lo zingaro, che ha cominciato a fumare a otto anni e sta ancora lì che fuma, accanto alla fontanella, davanti al bar», questi i personaggi citati da cui ogni storia si dipana e compone spazi di vita che vivono, appunto, insieme alla commozione della platea.
Fonte immagine di copertina: Ufficio Stampa