S 62° 58’, W 60° 39’, i Peeping Tom al Bellini | Recensione

Peeping Tom al Bellini

S 62° 58’, W 60° 39’ va in scena al Bellini dal 6 al 9 marzo. Lo spettacolo della compagnia Peeping Tom naufraga sul palco del teatro napoletano e travolge tutti.

S 62° 58’, W 60° 39’ sta ad indicare la posizione geografica tra un tratto desolato di costa antartica e la piccolissima Deception Island. Si tratta di un punto sulla terra in cui comincia la storia di sopravvivenza ai ghiacciai vissuta da alcuni esseri umani.

I Peeping Tom e la vite precarie della scena, del racconto e dei personaggi

S 62° 58’, W 60° 39’ dei Peeping Tom è una lotta per la vita sui ghiacciai da parte di abitanti della terra che non hanno più familiarità con il sentire. È una messinscena in pieno naufragio, una sceneggiatura caduta in acqua e per questo più pura.

Lo spettacolo dei Peeping Tom è un viaggio travagliato tra calotte di ghiaccio e tormenti d’animo. Al centro della scena compare il relitto di una barca a vela sulla quale scivolano da una parte all’altra i personaggi. I loro piedi sembrano non toccare il suolo, la leggiadria dei loro spostamenti li rende esseri sospesi. Hanno consistenza fantasmatica, come fossero usciti dallo schermo cinematografico.

A dirigere S 62° 58’, W 60° 39’ c’è Franck Chartier, qui anche lui attore, ma invisibile, la cui voce proviene dolce e imperiosa dal fondo della sala. La scena passa rapidamente dal pericolo e dal panico al comico e farsesco, compiendo una totale decostruzione dei generi e delle forme di narrazione prestabilite.

I Peeping Tom con S 62° 58’, W 60° 39’ ribaltano i ruoli tra regista e attori

S 62° 58’, W 60° 39’ mette in discussione la posizione dell’attore, il quale di fronte al regista vuole rivendicare il proprio diritto ad autodeterminarsi. L’interprete è, infatti, ormai stufo di sentirsi una marionetta nelle mani di Franck Chartier, d’ora in poi non si presterà più a dare voce ai suoi traumi e a mascherarsi da mamma o da papà.

Lily rompe il patto di finzione con lo spettatore e fa uscire da sotto il vestito una panciera di plastica, simbolicamente abortisce, rifiuta di essere ancora una volta la proiezione di una madre fragile, vittima di abuso e di violenza.

In S 62° 58’, W 60° 39’ lei vuole essere una biologa marina, sogna di riscrivere la sceneggiatura, di trasformarla nella lotta per la sopravvivenza di una specie marina. Fa la respirazione bocca a bocca a un pesce visibilmente finto.

Lo spettacolo è in piena deriva, nessuno degli attori in scena riesce a riprenderne le redini. Il regista – per mezzo di un bizzarro sovvertimento dei ruoli – subisce le fantasie dei suoi attori.

Ed ecco che sulla scena compare anche il talentuoso e fanatico Romeo, l’attore per eccellenza, il più attento conoscitore dei testi delle opere teatrali più illustri. Romeo si presenta sul palcoscenico in tutto il suo splendore. Ha il portamento fiero di chi ha una lunga e invidiabile carriera alle spalle.

Non gli resta che fare sfoggio della sua mascolinità e del suo fascino, in una scena che dovrebbe rappresentare il primo incontro tra la madre e il padre del regista e che, invece, dopo svariati tentativi, si risolve in un passionale e sperimentale amplesso.

In S 62° 58’, W 60° 39’ il pubblico è destabilizzato non appena si rende conto che gli artisti, forse, non hanno un copione da seguire, o meglio, che il soggetto è un anti-copione e loro sono degli anti-attori, i quali paiono servirsi della messinscena per affrontare le proprie paure e insicurezze. Lo spettacolo confonde perché è vero, e va anche oltre il discorso metateatrale.

I Peeping Tom in naufragio artistico: tra il teatro e la morte del teatro, tra il piacere e la tempesta

Il finale di S 62° 58’, W 60° 39’ è l’impresa di un contorsionista di trovare pace, di sentirsi dentro la propria carne. Romeo non è più l’eroe romantico shakespeariano, ma l’artista che mette in discussione il valore del proprio fare artistico, che si guarda allo specchio e sputa in faccia all’arte come strumento di successo e  di mero compiacimento del pubblico.

Ci troviamo di fronte a un uomo completamente nudo, spogliato della sua precedente arroganza, in bilico tra l’essere e il non essere, scisso, impossessato da un altro sé malvagio. Sembra che un vampiro si stia nutrendo della sua anima, ma ha i suoi stessi tratti somatici, i suoi stessi arti, persino il suo stesso pene.

L’attore è uno che vuole farsi scopare dal pubblico? Non è altro che una prostituta? Il suo corpo non è che uno strumento?

S 62° 58’, W 60° 39’ ci mostra che le coordinate che finora abbiamo seguito sono sbagliate, che anche l’artista ha l’aspetto di un umano e, forse, è persino troppo umano per essere compreso appieno. Allora Romeo vuole partecipare anche lui all’esperienza orgiastica degli spettatori in sala, fondersi con loro, provare un piacere condiviso, rivendicare il suo essere niente, pura carne senza neppure più idee.

I Peeping Tom e la crepa attraverso cui si ha accesso ad altri mondi

Guardando S 62° 58’, W 60° 39’ viene in mente il saggio di Roland Barthes Il piacere del testo, nel quale l’autore afferma che: «il piacere della lettura deriva evidentemente da certe rotture (o da certe collisioni); codici antipatici (per esempio, il nobile e il volgare) entrano in contatto; sono creati neologismi pomposi e derisori; messaggi pornografici vengono a modellarsi in frasi così pure che si prenderebbero per esempi di grammatica. […] Né la cultura né la sua distruzione sono erotiche; è la crepa fra l’una e l’altra che lo diventa

In questa crepa si inseriscono i Peeping Tom con S 62° 58’, W 60° 39’, dando vita a uno spettacolo insostenibile, perché mobile, pieno e vuoto al contempo, predisposto alla sofferenza e al godimento, dissacratore della macchinazione e dell’accademismo.

In un’epoca in cui la finzione è ridotta alla performatività dei social, attraverso le storie di Instagram e i video su TikTok, il teatro può essere ancora un luogo in cui si fa la rivoluzione, mostrandosi vivi e nudi, con difetti e cicatrici.

S 62° 58’, W 60° 39’ dei Peeping Tom ci rivela come la teatralità può trasformare la finzione in realtà, semplicemente attraversando quella tempesta che finora tutti abbiamo provato ad evitare.

fonte foto di copertina: ufficio stampa

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A proposito di Chiara Aloia

Chiara Aloia nasce a Formia nel 1999. Laureata in Lettere moderne presso l’Università Federico II di Napoli, è attualmente studentessa di Filologia moderna.

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